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Un nuovo "faraone"?

scontri a piazza Tahrir

Al sha'b, il popolo, è tornato in Piazza Tahrir. Gli slogan che nel 2011 venivano rivolti a Hosni Mubarak sono oggi diretti a Mohammed Morsi, suo successore e primo presidente egiziano ad essere eletto democraticamente. A riaccendere la piazza è stata l'approvazione di una norma costituzionale che ha reso inappellabili le decisioni del presidente e gli affida pieni poteri per ogni azione "volta a proteggere i valori della rivoluzione".


L'Egitto è ancora senza Costituzione, e dopo lo scoglimento del Parlamento Morsi detiene entrambi i poteri, presidenziale e legislativo. Il nuovo editto ha quindi scatenato le proteste del popolo laico, che teme che questo sia il primo passo di un processo di accumulazione di potere da parte del Presidente.


Giovani della primavera araba, giudici, vecchi nasseriani e femministe sono quindi scesi nella Piazza della rivoluzione del 2011 per chiedere la cancellazione del nuovo provvedimento. Questo ha causato scontri, feriti, arresti e una vittima, un uomo deceduto per i lacrimogeni.


Ancora una volta è centrale il ruolo delle donne, che rivendicano anche la loro "rivoluzione mancata". Nel 2011 sono scese in piazza contro Mubarak, ma con la caduta del dittatore la loro condizione non è migliorata. Rendendosi visibili nelle proteste hanno subito atroci violenze fisiche e morali. Il 9 marzo 2011, dopo la repressione di una manifestazione in piazza Tahrir, 18 donne sono state trascinate con la forza in un carcere militare da alcuni soldati, sono state picchiate, sottoposte a scariche elettriche e costrette a subire test di verginità. Amnesty International ha lanciato un appello per chiedere alle autorità egiziane di fermare la violenza sessuale, in particolare quella che chiama in causa i militari ancora ai vertici del potere.


Ciò che preoccupa è anche l'arretramento nei diritti delle donne egiziane dell'era Morsi, insieme alla diminuzione della presenza nelle cariche pubbliche. Le donne elette raggiungono a malapena il 2%, e le uniche tre donne della commissione governativa non rappresentano la società civile femminile. Sotto accusa da parte delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani è inoltre l'articolo 36 della nuova Costituzione egiziana, che se approvato rischia di vedere le donne considerate uguali agli uomni solo se "in accordo con i precetti della tradizione islamica".

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