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Una risoluzione contro la brutalità

l'Assemblea Onu condanna le mutilazioni femminili

Dieci anni di campagna, partita dal 2003 in Egitto grazie all'iniziativa di Emma Bonino e dell'egiziana Moushira Khattab, capo del Consiglio nazionale per la maternità, si sono chiusi con un successo. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato all'unanimità una risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili.


Il testo, il primo specificamente dedicato al tema, condanna la pratica e la definisce come una violazione dei diritti umani, oltre che un'esperienza dannosa per la salute delle donne e delle ragazze. Gli Stati sono invitati a prendere provvedimenti per porre fine a tale pratica nei propri territori e per punire chi continua ad effettuare mutilazioni sulle donne. Il documento esorta inoltre i Paesi a promuovere programmi educativi per favorire l'abbandono di questa brutalità anche nelle zone ad essa più legate dalla tradizione. 


In quanto risoluzione dell'Assemblea generale non si tratta di un provvedimento vincolante, ma il documento può essere comunque considerato un punto di partenza che fornisce maggior forza agli Stati concretamente impegnati nella lotta alle mutilazioni femminili. L’Unione Africana ha già condannato ufficialmente la pratica.


"È un messaggio di speranza per milioni di bambine e ragazze" ha spiegato Der Kogda, rappresentante permanente all'Onu del Burkina Faso, uno dei Paesi più attivi nella lotta all'infibulazione.


Le mutilazioni genitali femminili sono diffuse in diversi Paesi africani, in alcuni Stati arabi e nel Sudest asiatico. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono circa 140 milioni le donne che hanno subito mutilazioni genitali femminili, vittime non solo di danni fisici, ma anche di grandi sofferenze psicologiche. 


In diversi Paesi le mutilazioni sono praticate come riti di passaggio dall'infanzia alla maturità. "Ci sono tradizioni nefaste - ha dichiarato Emma Bonino - che devono essere superate. Anche la schiavitù era una tradizione". 

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