L'Aja inaugura una Corte per i crimini commessi dal regime iraniano tra l'agosto 1988 e il febbraio 1989. Inizialmente gli oppositori, soprattutto militanti di sinistra e membri di fedi non islamiche, come cristiani e baha'i, vennero rinchiusi nel carcere di Evin.
Qui i prigionieri, spesso arrestati senza un mandato, erano detenuti in condizioni disumane. Sebbene fossero stati condannati solo a pene detentive, a un certo punto vennero uccisi e sepolti in cimiteri non consacrati in località segrete. Infatti le autorità non volevano che le famiglie commemorassero i loro morti. I carcerieri non hanno mai restituito ai parenti le spoglie delle vittime e spesso i guardiani del cimitero li respingono a spintoni e male parole.
Oggi nella capitale olandese si aprono i processi per ricostruire quegli anni bui sotto la "guida suprema" dell'Ayatollah Khomeini, il protagonista di quella rivoluzione del 1979 che da molti, in Occidente, fu considerata un momento di liberazione.
Interpellata dal Guardian, Lawdan Bazargan, che perse suo fratello nella strage del 1989, ha dichiarato che nonostante la speranza di conoscere la verità, "il dolore della perdita non verrà mai sanato".