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"Il fumo delle esplosioni terroristiche è come quello di Auschwitz"

intervista a Robert Satloff

Abbiamo conosciuto Robert Satloff nel 2008, al convegno di Gariwo Guardare il nemico con gli occhi dell'amico. Il diplomatico, direttore del Washington Institute for the Middle East, era reduce dalla scrittura di Tra i Giusti, un importante libro edito da Marsilio che ha per sottotitolo Storie perdute dell'Olocausto nei paesi arabi. In quest'opera molto originale Satloff racconta della sua ricerca dei Giusti arabi, le persone che durante l'occupazione nazista e fascista del Nord Africa soccorsero gli ebrei perseguitati. Per la Giornata europea dei Giusti abbiamo chiesto all'esperto di spiegarci il grande valore storico, e al contempo l'attualità, dei Giusti del mondo arabo e musulmano. 

Chi sono i Giusti del mondo musulmano? Vorrebbe citarne qualcuno?

Nel contesto della Shoah, i “Giusti” sono i non ebrei che, in modo disinteressato, hanno salvato o protetto gli ebrei dalla persecuzione nazista o fascista durante la Seconda Guerra Mondiale correndo gravi pericoli, incluso quello del perdere la vita. Yad Vashem, il Memoriale della Shoah ufficiale di Israele, ha riconosciuto oltre 25 mila Giusti, dei quali circa 60, tra cui anche bosniaci, albanesi, turchi ed egiziani, sono musulmani. Altre importanti istituzioni hanno onorato musulmani non riconosciuti da Yad Vashem. Una di esse è la Anti-Defamation League, che ha riconosciuto la figura di Khaled Abdul Wahab, un tunisino, e il Centro Simon Wiesenthal, che ha onorato Abdol Hossein Sardari, un iraniano. Nel 2011 il film francese intitolato “Free Men” ha raccontato la storia di Si Kaddour Benghabrit, il rettore della Grande Moschea di Parigi, a cui si devono i salvataggi di decine di ebrei dalle retate naziste.

Lei ha scritto che ha iniziato a occuparsi dei Giusti arabi dopo l'11 settembre, perché il fumo delle Torri Gemelle le ricordava i comignoli dei crematori di Auschwitz. Qual è il nesso tra il terrorismo e Auschwitz?

Auschwitz è stato il più grave atto di terrorismo nella storia dell’umanità. Niente può essere paragonato ad Auschwitz per ampiezza, barbarie e ingegnosità nel perpetrare il male. Il mio collegamento mentale è stato innescato dal fatto di trovarmi a Manhattan l’11 settembre e vedere il fumo salire dalle torri cadute, sapendo che in quel fumo c’erano i corpi di migliaia di persone innocenti assassinate dagli aderenti a un’ideologia fanatica. Come i nazisti, i terroristi islamici radicali hanno usato la tecnologia più all’avanguardia a disposizione in quel momento – in questo caso, aerei moderni – per uccidere più gente possibile nella maniera più rapida ed efficiente possibile. Questo mi ha portato a pensare al parallelo con Auschwitz e mi ha convinto a iniziare un percorso nel quale mi sono interrogato su come i musulmani, specialmente arabi, hanno compreso l’Olocausto e i modi nei quali i non arabi potrebbero coinvolgere gli arabi su questo tema. . Questo mi ha portato a porre la questione: “Ci sono stati arabi che hanno salvato gli ebrei durante la Shoah?”. 

A che fase è giunta la procedura per il riconoscimento di Khaled Abdul Wahab come Giusto fra le nazioni?

La Commissione dei Giusti di Yad Vashem si è riunita due volte per valutare la proposta di riconoscere Khaled Abdul Wahab come “Giusto fra le nazioni”, nel 2007 e nel 2011. In entrambi i casi essa è stata respinta. Yad Vashem ha spiegato che l’azione di Khaled non soddisfaceva i criteri dell’istituzione, in particolare il rischio della vita per soccorrere gli ebrei. E questo nonostante le interpretazioni abbastanza flessibili utilizzate in numerosi precedenti e i resoconti dei testimoni oculari, secondo i quali Khaled aveva affrontato di petto un ufficiale tedesco che minacciava la vita di giovani donne ebree e aveva temuto così tanto per la sorte delle donne ebree nascoste nella sua proprietà che provvide perfino a far sparire le stelle gialle. Tuttavia credo che questo torto storico sarà infine corretto e che, un giorno, Yad Vashem riconoscerà l’eroismo di Khaled ed estenderà il riconoscimento del titolo di Giusto anche a lui.

Ci sono altri casi di Giusti arabi che sono stati sottoposti al vaglio di Yad Vashem? 

Nel 2013, Yad Vashem ha riconosciuto Giusto un medico egiziano, Muhammad Helmy, che è ststo onorato per aver salvato una famiglia ebrea a Berlino nel 1941. È stato il primo arabo a essere riconosciuto Giusto, anche se per azioni compiute in Europa, non nel mondo arabo. Purtroppo, finora la famiglia del dott. Helmy ha rifiutato il riconoscimento.

Com’è la situazione degli immigrati musulmani ora in America?

I musulmani hanno una lunga storia negli Stati Uniti, non sempre felice. Molti dei primi musulmani americani erano schiavi provenienti dall’Africa a cui fu negato il diritto di praticare la loro fede nelle piantagioni del sud. Negli ultimi decenni, tuttavia, molti musulmani sono arrivati in America per lo più per cercarvi la libertà, mentre nelle loro terre d’origine erano oppressi. Storicamente è complicato parlare specificamente di immigrati musulmani in contrapposizione agli immigrati definiti su base dell’area geografica di provenienza : immigrati dall’India, dal Levante, dall’Africa sub sahariana che spesso sono musulmani. In generale, tuttavia, si può dire che gli immigranti musulmani sono tra i gruppi meglio integrati nella società americana, con grandi risultati sia negli studi che nella carriera. Questo non è né uniforme, né universalmente valido, certo; ci sono sacche di alienazione e radicalismo in alcune comunità immigrate (ad esempio i somali in Minnesota). Tuttavia, rispetto agli immigrati musulmani in Europa, l’esperienza americana è una storia di successo. Un discorso a parte riguarda le comunità di convertiti all’Islam, una parte significativa dei musulmani americani, soprattutto neri.

Ci sono cittadini americani che si arruolano nell’IS e perché?

I più alti funzionari americani dicono che più di 20 mila stranieri sono andati in Siria e Iraq a combattere per l’ISIS, tra cui circa 150 americani. Quindi si tratta di un numero pari a meno dell’’1 per cento di tutti i foreign fighters, ma che tuttavia è fonte di turbamento. Spiegare come mai questi giovani rinunciano alle loro vite relativamente confortevoli e alle libertà di cui godono in America per seguire il culto della morte dell’ISIS è complicato. Solitamente gli esperti dicono che ci sono molteplici ragioni, che vanno dall’aderenza all’ideologia jihadista radicale a una ricerca di emancipazione giovanile, dall’avventurismo alla totale ignoranza della realtà della vita sotto il dominio dell’ISIS.

Che cosa si può fare per prevenire questo fenomeno?

Se è vero che l’arruolamento nell’ISIS ha molte cause, anche la sua prevenzione è molto sfaccettata. Il punto chiave è individuare precocemente un aumento dell’interesse alla radicalizzazione. È poi importante fermare l’accesso alla radicalizzazione online. Di vitale importanza è inoltre l’impegno con le comunità locali per identificare i giovani a rischio e lavorare con loro. Infine, un altro passo è di prendere misure legali aggressive per fermare i viaggi nelle zone di conflitto dell’ISIS.

Che cosa pensa della controversia sulle presunte relazioni tra l’Arabia Saudita e Al Qaeda? Può compromettere gli sforzi della coalizione anti-ISIS?

Le storie di presunte relazioni tra alcuni ricchi e influenti sauditi e i terroristi di al Qaeda non sono nuove. In effetti circolano da anni. Certamente, l’idea che al Qaeda abbia ricevuto finanziamenti da sponsor sauditi non sarebbe sorprendente, data l’appartenenza di alcuni sauditi a una corrente fanatica dell’Islam che non è molto distante dall’ideologia di al Qaeda. Ciò che conta di più oggi è se rimanga ancora qualcuno tra i signori sauditi che sostiene al Qaeda, ISIS, il Fronte Nusra, Boko Haram o altri gruppi di orientamento simile, e se il governo dell’Arabia Saudita usa l’intera forza dello Stato per prevenire simili connessioni e lottare contro i jihadisti. Al momento sembra che non ci sia alcun impatto negativo di queste storie che sono riemerse circa il finanziamento saudita ad al Qaeda sugli sforzi della coalizione anti-ISIS.

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