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Istanbul: Kamp Armen restituito agli armeni

aveva ospitato anche Hrant e Rakel Dink

La comunità armena di Istanbul ha segnato un importante risultato salvando dalla demolizione Kamp Armen, l'ex orfanatrofio e colonia estiva situato nel sobborgo di Tuzla, nella parte asiatica della città, e ottenendo la restituzione dell'edificio al legittimo proprietario, la Fondazione della Chiesa Protestante Armena di Gedikpasa.

Kamp Armen ha un grande valore simbolico per gli armeni, perché oltre ad avere accolto oltre 1.500 orfani, aveva mantenuto viva la cultura, la lingua, l’identità armena per un ventennio dopo la sua apertura nel 1963. Tra i suoi ospiti c'era stato anche Hrant Dink, il giornalista turco di origine armena fondatore e direttore del settimanale bilingue Agos e fautore del dialogo tra Turchia e Armenia, ucciso nel 2007. Dink aveva passato qui le estati da bambino, qui aveva conosciuto la futura moglie Rakel, e assieme a lei si era poi occupato dell'orfanatrofio, fino a che questo non era stato chiuso e requisito. Rakel Dink è stata in prima fila nelle manifestazioni delle scorse settimane per rivendicare il ritorno di Kamp Armen agli armeni.

La battaglia per riconquistare l'ex orfanatrofio è stata guidata da Nor Zartonk, il movimento giovanile armeno impegnato nelle battaglie per i diritti civili, sostenuto da altri attivisti e cittadini, che dal 6 maggio per oltre venti giorni hanno occupato l'area con un sit-in bloccando i bulldozer che avevano cominciato ad abbattere l'edificio.

Una vittoria che può essere definita storica, perché l'iniziativa di resistenza civile portata avanti dai giovani armeni e altri gruppi ha raccolto ampi consensi rivendicando la restituzione di un bene, che era stato sottratto alla comunità armena. E l'evento si è verificato proprio nel centenario del genocidio armeno, ricordato in tutto il mondo con solenni celebrazioni.

I motivi e gli obiettivi della protesta si sono rapidamente diffusi da Tuzla al resto della città, raccogliendo adesioni di altre persone grazie al tam tam dei social network, un po' come era avvenuto, su scala più ampia, nel 2013 con la lotta degli ambientalisti per Gezi Park. Anche la battaglia per Kamp Armen è diventata un caso nazionale e ha smosso il mondo politico. Dopo alcuni esponenti del Partito Democratico dei Popoli (HDP), schierati a sostegno dei dimostranti, è intervenuto lo stesso Primo ministro Ahmet Davutoğlu, che ha sollecitato una rapida soluzione della vicenda. Di fronte a queste pressioni il proprietario del terreno, Fatih Ulusoy, ha ceduto e ha rinunciato al progetto di costruire immobili residenziali di lusso al posto dell'orfanatrofio. Lo stabile sarà riconsegnato alla Fondazione della Chiesa Protestante Armena di Gedikpasa, per "venire incontro ai desideri e alla sensibilità dei cittadini di origine armena e contribuire alla pace sociale e alla unità del Paese, in un momento in cui la sensibilità della società è soggetta a varie pressioni legate all'anno 1915", ha dichiarato Ulusoy all'agenzia di stampa Anadolu.

Kamp Armen era entrato in funzione nel 1963 per iniziativa della Chiesa Protestante Armena di Gedikpasa, che in precedenza ospitava nella propria sede un istituto per gli orfani e i bambini poveri, ai quali garantiva anche l'insegnamento della lingua e della cultura armena, dato che in Anatolia all'epoca non esistevano scuole per gli armeni. 

Lo Stato turco nel 1987 aveva requisito il terreno in base a una legge del 1936, che negava alle fondazioni non musulmane il diritto di acquisire beni immobili e poneva le basi per le successive espropriazioni, e lo aveva ridato ai precedenti proprietari. Il terreno e lo stabile erano stati poi rivenduti più volte, finendo in stato di abbandono, fino a che l’attuale proprietario ha deciso di demolirlo per costruire delle case. 

L’obiettivo della Chiesa Protestante Armena ora è demolire quanto rimasto del vecchio edificio e costruirne uno nuovo, appena ottenuti i permessi.  Il nuovo Kamp Armen sarà una casa aperta non solo ai bambini armeni, ma a quelli di tutte le nazioni, ha detto il Pastore Krikor Ağabaloğlu al quotidiano turco Hürriyet.

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