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Possiamo vivere assieme

di Pietro Kuciukian

Ancora una volta, in alcune aree del mondo, intellettuali ed esponenti della società civile dimostrano di muoversi sul terreno della cultura democratica sfidando governi e regimi che, ben lontani dal perseguire obiettivi di convivenza pacifica tra popoli ed etnie, alimentano nell’opinione pubblica il risentimento, l’intolleranza, la violenza. Così accade oggi in Azerbaigian. Uno scrittore azero, Akram Aylisli, sfida in solitudine il suo governo pubblicando un libro che parla di armeni. Si ritrova alcune copie date alle fiamme sotto la sua casa e sulla testa una taglia di 12.700 dollari, messa a disposizione di chi mozzerà le orecchie all’anziano scrittore. Gli è stata tolta la pensione e l’alta onorificenza di Stato che gli era stata assegnata per meriti culturali.

Le relazioni tra l’Azerbaigian e l’Armenia, pesantemente segnate dalla guerra per la regione del Nagorno Karabagh, sono caratterizzate oggi da momenti di grande tensione che fanno temere la fine della tregua, a suo tempo nata fragile. In questi anni, dal 1994 ad oggi, tutte le trattative di pace sono fallite e, fatto più preoccupante, si registra da ambo le parti una ripresa del nazionalismo. La storia ci ha resi coscienti delle tragedie provocate dal nazionalismo mascherato da amor di patria e ci ammonisce circa la necessità di cogliere i segni del male al loro sorgere. Tra questi, il più grave, è costituito dall’incitamento all’odio per il diverso, che sfocia inevitabilmente nell’uso della violenza. 

Gariwo, la foresta dei Giusti, persegue da tempo l’obiettivo di ancorare la memoria delle nuove generazioni agli atti di bene, alle figure dei Giusti e dei resistenti morali che a rischio della libertà e dell’incolumità, sanno indignarsi e reagire al male, salvaguardando la propria dignità. Anche oggi, anche in questo momento, ovunque nel mondo, i Giusti stanno salvando la speranza dell’umanità. Akram Aylisli è tra questi. Il suo pensiero diverge da quello della maggioranza fanatica. Parla di dialogo e riconosce che agli armeni sono state inferte in anni recenti sofferenze inaudite. Il suo romanzo breve, dal titolo Sogni di pietra, parla del genocidio armeno, delle violenze subite dal popolo armeno nel Nakhicevan agli inizi del ‘900 e ricostruisce i fatti di Sumgait del 1988, un vero e proprio pogrom degli azeri contro la minoranza armena, ripetutosi a Baku e in altre città dell’Azerbaigian. Racconta inoltre le vicende della guerra per il Nagorno Karabakh, l’enclave a maggioranza armena in territorio azero, e si pronuncia sul tragico episodio di Khojalu, rifiutandosi di  giudicare semplicemente gli armeni aggressori e gli azeri vittime. 

Akram Aylisli ha pubblicato il suo romanzo negli Stati Uniti e in russo sul giornale letterario Druzhba Narodov, “Amicizia fra i popoli”. In una intervista l’autore chiarisce di avere avvertito, in quanto azero, la responsabilità di spiegare il ruolo del suo paese nel conflitto: “Non pensate che noi abbiamo dimenticato le brutte cose che abbiamo fatto agli armeni, noi le accettiamo; e anche voi armeni avete fatto brutte cose. È dovere degli intellettuali armeni scrivere sulle loro brutte storie. Ma se gli armeni continueranno a vivere nel Karabakh, dobbiamo vivere fianco a fianco. Questo è un messaggio per gli armeni: non abbiate paura, non è la fine di tutto, possiamo vivere assieme”. 

Questa è la dichiarazione che ha scatenato le reazioni più pesanti del governo azero. 
Ali Akhmedov, segretario del partito al potere, ha dichiarato che Akram Aylisli ha inferto un colpo mortale al paese e lo ha sospettato di nascondere un’origine armena. Altri, ironicamente, lo hanno paragonato a Orhan Pamuk che si è fatto pubblicità per il Premio Nobel dichiarando che i turchi devono riconoscere il genocidio armeno: anche Aylisli aspira al premio Nobel, per questo distorce la storia del suo popolo!
Le motivazioni che hanno accompagnato le misure repressive inflitte allo scrittore ruotano attorno ad un’unica argomentazione: niente è più importante del sentimento nazionale. Credere nella convivenza pacifica tra armeni e azeri è un tradimento di quel sentimento di onore e di attaccamento alla nazione che ogni buon cittadino azero deve avere e non deve mai tradire.
Gli armeni sono i nemici del popolo azero perché hanno sferrato un attacco all’integrità nazionale, ed eroe diventa chi rende giustizia al popolo azero difendendo con tutti i mezzi il sentimento nazionale.

Akram Aylisli respinge ogni attacco e accusa la classe dirigente azera di sfruttare l’impasse armeno- azera per ottenere vantaggi. Ci sono persone che hanno fatto fortuna sulla sofferenza dei due popoli, si sono costruite carriere, si sono arricchite, hanno avuto incarichi governativi. “Sapevo”, afferma Aylisli, “che queste persone avrebbero reagito rabbiosamente al mio scritto. Vedono che quello che dico è contro di loro, e non ammetteranno mai di avere sbagliato nell’alimentare questa guerra che ha causato enormi sofferenze a questi popoli. Non vogliono che questo conflitto si risolva, vogliono continuare le loro vite nel lusso, vivere nelle loro ville e lasciare che la gente comune soffra”.

Ma nel paese non serpeggia solo la rabbia e l’insofferenza verso chi parla di pace e di convivenza. Akram Aylisli con la sua testimonianza di verità e il suo coraggio civile sta creando le condizioni per un cambiamento. Ha rianimato l’opposizione al regime e rinvigorito il dibattito interno tra le nuove generazioni. Stanno sorgendo associazioni per la pace, la tolleranza e la democrazia, collegate anche con le associazioni giovanili turche di Istanbul. Sta emergendo una riflessione più  serena, e molti azeri chiedono uno sforzo maggiore per giungere alla pace con l’Armenia.

Pietro Kuciukian, Console onorario d'Armenia in Italia e cofondatore di Gariwo

19 febbraio 2013

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