La figlia del grande poeta jugoslavo Momcilo Djerković racconta in un romanzo la storia della sua famiglia, che ha attraversato un secolo di storia dei Balcani, dall'epoca degli Imperi alla seconda guerra mondiale fino al conflitto fratricida degli anni '90.
Toccante la figura di nonno MIlovan, che nacque a Bar, sulla costa montenegrina, dove "non c'era nulla in abbondanza se non la pietra e la dignità". Dai 16 ai 35 anni fece il manovale a Vienna, Colonia, New York e perfino in Alaska. Tornato in patria dovette combattere tre guerre, due balcaniche e la prima guerra mondiale.
Il primogenito MIhailo si unì ai partigiani di Tito, mentre Momcilo, il poeta e padre dell'autrice, nel 1949 per una falsa denuncia trascorse quattro anni all'inferno, nel gulag jugoslavo di San Gregorio, dove perse un occhio. "Interrogato, umiliato, torturato. Come migliaia di altre vittime. Un'atrocità tra mille: immersi in mare a spalare sabbia, a gennaio, con la bora che soffiava furiosa".
Raccontò la dignità del suo popolo in versi diventati famosi, fino alla morte sopravvenuta dopo la vera grande tragedia della sua vita, un figlio quarantenne morto improvvisamente nel sonno. "L'unico colpo basso del destino a cui papà non ha saputo resistere. Lui non credeva in Dio. Ma era incline all'amore, come altri sono inclini alla depressione, alla gelosia... Incline all'amore per la vita. E questo lo ha salvato. Ci ha salvato. Mentre tanti, troppi, nel nostro Paese non sono sopravvissuti", racconta la figlia che si è fatta sua biografa.