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Il prossimo genocidio

intervento di Timothy Snyder sul suo ultimo libro "Terra nera"

Timothy Snyder, autore di Terre di sangue, esce ora in libreria con un nuovo saggio: Terra nera. L'Olocausto tra storia e presente. Che è stato finora recensito da Paolo Mieli sul Corriere, e da Snyder stesso sul New York Times

Mieli parla di come, da questo libro, emergono le origini del conflitto russo-ucraino che turba la nostra attualità. Non è solo, o tanto, una questione di ucraini sospetti di filo-nazismo e di russi accusati di ricalcare le orme dell'imperialismo sovietico. È la storia di come molti popoli (ucraini, polacchi, russi, tedeschi ed ebrei) hanno visto se stessi e si sono "posizionati" rispetto agli avvenimenti politico-diplomatici e ai trattati sottoscritti dai governi tra la prima guerra mondiale e gli inizi della seconda. Inoltre, è la storia di come l'ideologia, rifiutando la scienza e soprattutto di sfamare i popoli attraverso l'innovazione tecnologica in campo agricolo, abbia alimentato una "fame di terre" che ha portato a invasioni, riduzione in schiavitù di intere popolazioni e in definitiva genocidi, dall'Holodomor alla Shoah passando per le accuse reciproche che si scambiano oggi russi e ucraini contendendosi la Crimea. 

Una storia che potrebbe ripetersi con l'ISIS, con l'espansionismo cinese in Africa, con numerose azioni abominevoli di spietati dittatori in tutto il mondo, ma anche con il "panico ecologico" che si potrebbe scatenare se gli USA abbandonassero la ricerca climatologica o se l'Unione Europea si disgregasse definitivamente. "Segui la fame di terre e potrai prevenire il prossimo genocidio", si potrebbe dire? Di seguito presentiamo la traduzione dell'articolo di Snyder The Next Genocide, uscito sul New York Times del 12 settembre, che sembra suggerire proprio che almeno questa lugubre storia - ciononostante ricca di dettagli che ne fanno una vera sfida intellettuale - possa servire alla causa della prevenzione dei genocidi. 

Prima di sparare, il comandante dell'Einsatzgruppe (gruppo d'assalto nazista, NdT) alzò in aria il bambino ebreo e disse: "Tu devi morire, così noi possiamo vivere". A mano a mano che il massacro continuava, altri tedeschi razionalizzavano l'assassinio di bimbi ebrei nello stesso modo: o noi o loro. 

Oggi pensiamo alla "soluzione finale" nazista come a un qualche tipo di vertice oscuro dell'alta tecnologia. In realtà essa fu un'uccisione di esseri umani in rapidissima successione durante una guerra per accaparrarsi risorse. La guerra che portò gli ebrei sotto il controllo dei tedeschi fu combattuta perché Hitler credeva che la Germania avesse bisogno di più terra e cibo per sopravvivere mantenendo il proprio tenore di vita - e che gli ebrei, e le loro idee, rappresentassero una minaccia al suo violento programma espansionista. 

La sete di dominio tedesca si basava sulla premessa della negazione del ruolo della scienza. L'alternativa di Hitler alla scienza era l'idea di "Lebensraum" (spazio vitale). La Germania aveva bisogno di un impero in Europa Orientale perché solo la conquista territoriale, e non la tecnologia agricola, offrivano la speranza di sfamare il popolo tedesco. Nel "secondo libro di Hitler", redatto nel 1928 e non pubblicato fino alla sua morte, egli insisteva sul fatto che la fame avrebbe sorpassato il ritmo delle migliorie alla produzione dei cereali, e  che tutti "i metodi scientifici di management agricolo" erano già falliti. Nessuno sviluppo che potesse permettere di nutrire i tedeschi "dalla loro terra e sul loro territorio", era concepibile per il dittatore tedesco. In particolare, e a torto, Hitler negava che l'irrigazione, gli ibridi e i fertilizzanti potessero cambiare la relazione tra le persone e la terra

Per quanto esotico possa sembrare, il concetto di "Lebensraum" è meno distante dai nostri stessi modi di pensare di quanto crediamo. La Germania fu sottoposta a un blocco durante la Prima Guerra Mondiale, si trovò a dipendere dagli import di beni agricoli e affrontò delle vere incertezze sulle sue forniture di cibo. Hitler trasformò quelle paure in una visione in cui le conquiste rivestivano un valore assoluto per garantire alla Germania una sicurezza totale. Il "Lebensraum" gli permise di legare una guerra di sterminio al miglioramento dello stile di vita. Il capo della propaganda nazista, Joseph Goebbels, poteva quindi definire il fine della guerra di sterminio come "una grande prima colazione, un grande pranzo e una grande cena". Confondeva lo stile di vita e la vita. 

Per espandere lo spazio vitale tedesco, Hitler ambiva a conquistare l'Ucraina dall'Unione Sovietica, far morire di fame 30 milioni di europei dell'Est e trasferire il cibo in Germania. Quando quest'ultima invase l'URSS nel 1941, la campagna aveva due obiettivi principali: controllare il suolo fertile ucraino e distruggere gli ebrei che vivevano in Ucraina. Fu questa invasione a porre gli inermi bambini ebrei alla mercé degli squadroni d'assalto omicidi. 

Il cambiamento climatico minaccia di provocare una nuova ondata di panico legato all'ambiente e all'ecologia. Finora il fardello di questa sofferenza l'hanno sopportato i poveri del Nord Africa e del Medio Oriente.  

Lo sterminio di massa di almeno 500.000 ruandesi nel 1994 seguì a un calo della produzione agricola durato alcuni anni. Gli hutu non uccisero i tutsi solo per odio etnico, ma anche per conquistare le loro terre, come molti autori del genocidio avrebbero ammesso più tardi. 

In Sudan, la siccità guidò gli arabi nelle terre di coloro che vivevano di pastorizia nel 2003. Il governo sudanese si schierò con gli arabi e perseguì una politica di eliminazione degli zaghawa, dei masalit e dei fur del Darfur e delle regioni circostanti. 

Il cambiamento climatico ha anche riportato le incertezze sulla disponibilità di cibo al centro della politica delle grandi potenze. Oggi, la Cina, come la Germania prima della guerra, è una potenza industriale incapace di nutrire la sua popolazione con le risorse del proprio territorio e dipende quindi dai mercati internazionali imprevedibili.

Ciò potrebbe rendere la popolazione della Cina suscettibile a una riproposizione di idee come il “Lebensraum”. Il governo cinese deve bilanciare una storia non così remota di carestie con la promessa odierna di prosperità sempre in crescita – il tutto sempre affrontando condizioni ambientali sfavorevoli. Il pericolo non è che i cinesi possano effettivamente morire di fame nel prossimo futuro, più di quanto i tedeschi non lo rischiassero negli anni ’30, ma piuttosto che un Paese sviluppato capace di proiettarsi all’estero con una forza militare possa, come la Germania di Hitler, cadere nel “panico ecologico”, e prendere drastiche misure per proteggere il proprio tenore di vita.

Come potrebbe svolgersi un simile scenario? La Cina ha già preso in affitto un decimo del suolo arabile ucraino, e acquista cibo ogni volta che l’offerta globale si restringe. Durante la siccità del 2010, la corsa agli acquisti dettata dal panico dei cinesi favorì le rivolte del pane e le rivoluzioni nel Medio Oriente. La leadership cinese guarda già all’Africa come a un serbatoio di cibo per il lungo termine. Anche se molti degli stessi africani patiscono la fame, il loro continente detiene circa la metà della terra arabile incolta. Come la Cina, gli Emirati Arabi Uniti e la Corea del Sud sono interessati alle regioni fertili del Sudan, e ora a loro si sono aggiunti il Giappone, il Qatar e l’Arabia Saudita in sforzi per comprare o affittare le terre in tutta l’Africa. 

Le nazioni che hanno bisogno di terra inizierebbero probabilmente con affitti o acquisti negoziati con tatto, ma in condizioni di stress o bisogno acuito, queste zone di esportazione agricola potrebbero diventare colonie fortificate, richiedendo o attirando l’uso della violenza.

Hitler sparse il “panico ecologico” rivendicando che solo la terra avrebbe portato alla Germania la sicurezza e negando la scienza che prometteva alternative alla guerra. Inquinando l’atmosfera con i gas serra, gli Stati Uniti hanno fatto più di qualunque altra nazione per causare la prossima ondata di panico ecologico, e tuttavia sono l’unico Paese dove la scienza del clima incontra ancora le resistenze di certe élite politiche e affaristiche. Questi negazionisti tendono a presentare l’evidenza empirica degli scienziati come un complotto e a mettere in questione la validità della scienza – una posizione intellettuale che è spiacevolmente vicina a quella di Hitler.

Tutte le conseguenze del cambiamento climatico potrebbero riguardare l’America solamente decenni dopo che il riscaldamento della terra avrà devastato molte altre regioni e allora potrebbe essere troppo tardi perché la scienza climatologica e la tecnologia possano fare la benché minima differenza. Di certo, finché la porta rimane aperta per la demagogia del panico ecologico negli Stati Uniti, gli americani avranno speso molti anni propagando il disastro climatico nel mondo. 

Per contro, l’Unione Europea prende il riscaldamento globale molto sul serio, ma la sua stessa esistenza è minacciata. A mano a mano che l’Africa e il Medio Oriente continuano a riscaldarsi e divampano le guerre, mentre i migranti economici e i rifugiati politici compiono rischiosi viaggi per scappare in Europa. I populisti europei hanno reagito chiedendo rigide chiusure dei confini nazionali e la fine dell’Unione. Molti di questi partiti populisti sono sostenuti dalla Russia, che sta apertamente perseguendo una politica di “divide et impera” con lo scopo di ottenere la disintegrazione europea.

L’intervento della Russia nel 2014 in Ucraina ha già sconvolto il pacifico ordine che gli europei davano ormai per scontato. Il Cremlino, che è economicamente dipendente dalle esportazioni di idrocarburi verso l’Europa, ora cerca di stringere accordi sul gas con i singoli Paesi europei uno a uno, in modo da indebolire l’unità europea ed espandere la propria influenza. Nel frattempo, il Presidente Vladimir V. Putin tira fuori dalla naftalina le glorie degli anni ’30, mentre i nazionalisti russi incolpano i gay, le persone cosmopolite e gli ebrei del sentimento pacifista. Nessuno di questi fattori è di buon auspicio per il futuro dell’Europa, o anche della stessa Russia. I genocidi non riappariranno parlando il linguaggio che ci è familiare. Lo scenario del nazismo nel 1941 non riapparirà esattamente nello stesso modo, ma molti dei suoi elementi hanno già cominciato a formarsi.

Non è difficile immaginare stermini etnici in Africa, dove sono già avvenuti; o il trionfo di una corrente totalitaria dell’islamismo nel Medio Oriente frammentato; o un gioco cinese per accaparrarsi le risorse in Africa o in Russia o in Europa Orientale, che implichi anche di eliminarne gli abitanti; o un panico ecologico globale crescente se l’America abbandona la scienza climatologica o se l’Unione Europea cade a pezzi.

Oggi ci confrontiamo con la stessa scelta cruciale tra scienza e ideologia che i tedeschi conobbero una volta. Accetteremo l’evidenza empirica e sosterremo nuove tecnologie energetiche o permetteremo a un’ondata di panico ecologico di diffondersi nel mondo?

Negare la scienza mette a rischio il futuro rievocando i fantasmi del passato. 

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