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Dissidente cinese muore in circostanze misteriose

per parenti ed attivisti non si tratta di suicidio

Lo storico oppositore Li Wangyang era detenuto dagli scontri di Piazza Tienanmen. In carcere ha subito torture violentissime, che l'hanno reso muto e sordo e bisognoso di cure per il diabete e problemi cardiaci. Oggi è stato trovato senza vita in un padiglione dell'ospedale di Daxiang dov'era stato portato dalle autorità carcerarie. Il suo cadavere penzolava dalla finestra con una fascia legata attorno al collo. La polizia ha portato via il corpo senza il consenso dei familiari. 

I parenti e i dissidenti del gruppo Chinese Human Rights Defenders non credono che Li si sia suicidato. "Ha sempre avuto una mente lucida e un carattere forte", ha dichiarato il cognato Zhao Baozhu. Per il gruppo Human Rights and Democracy in China, con base a Hong Kong, non è escluso "che le forze dell'ordine che lo avevano in custodia lo abbiano picchiato talmente tanto da provocarne la morte". 


Il dissidente era sorvegliato da dieci guardie. Per il suo ruolo nelle proteste del 1989 era stato incarcerato inizialmente per 13 anni, poi nuovamente per dieci anni con le accuse di "attività controrivoluzionarie" e di "incitazione alla sovversione". Pochi giorni fa, alla vigilia del 23° anniversario del massacro, aveva ricevuto la visita di alcuni sostenitori.  

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