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Bulgaria

In breve

A differenza di altri Paesi, in Bulgaria non è presente alcuna forma di opposizione organizzata al regime comunista o di difesa dei perseguitati politici. Ciononostante anche in Bulgaria vi furono forme di resistenza morale al regime. Tra le iniziative, particolari sono la diffusione di una “Charta ’77” bulgara e le proteste del 1988-89, che portarono alla nascita di organizzazioni e movimenti di opposizione e al crollo definitivo del regime.

Il primo dopoguerra

Dal 20 dicembre 1944 al 29 aprile 1945 furono organizzati a Sofia e nelle città principali del Paese numerosi processi esemplari contro le élite culturali e politiche, al termine dei quali furono eseguite 2720 condanne a morte ed emesse 1120 condanne all’ergastolo, mentre decine di migliaia di persone vennero deportate o rinchiuse nelle cosiddette “colonie correzionali” (fra cui quella tristemente famosa dell’isola di Belene, sul Danubio). In tal modo furono distrutte tutte le organizzazioni democratiche presenti prima della guerra. Ciononostante continuarono ad esistere piccole isole di attività politica clandestina e una forma di resistenza armata sulle montagne che combatteva contro la sovietizzazione del Paese.

Non esistono fotografie del campo di Belene del periodo in cui fu attivo. Questo è il muro con le immagini di chi è passato per questa “colonia correzionale” realizzato per la mostra  dei reperti utilizzati nel libro “Senza traccia? Il campo di Belene 1949-1959 e dopo…”, novembre 2009.

Non esistono fotografie del campo di Belene del periodo in cui fu attivo. Questo è il muro con le immagini di chi è passato per questa “colonia correzionale” realizzato per la mostra dei reperti utilizzati nel libro “Senza traccia? Il campo di Belene 1949-1959 e dopo…”, novembre 2009.

Dal 1956 al 1968

Nel 1956, dopo la repressione della rivoluzione ungherese, nelle università scoppiarono delle proteste studentesche e cominciò a passare di mano in mano, in forma anonima, la poesia Grido di libertà di Jordan Ruskov, che fu identificato e processato solo nel 1959. Questo portò all’arresto e alla repressione di centinaia di “nemici del popolo”, e alla riapertura del famigerato campo sull’isola di Belen, chiuso dopo la morte di Stalin. Nel febbraio 1957 vi furono internate 250 persone per “attività controrivoluzionaria”. Molti campi di lavoro furono riaperti e ne vennero costruiti di nuovi. Tra il 1944 e il 1962 il numero complessivo dei detenuti nei 44 campi di concentramento bulgari era di 285.000 persone, fra cui molti intellettuali. 40.000 di questi prigionieri sono stati uccisi o sono morti per cause sconosciute.

Nella seconda metà degli anni Sessanta si fecero più frequenti le iniziative pubbliche in difesa dei diritti umani. Il fotoreporter e poeta Georgi Zarkin fu condannato per aver intrapreso uno sciopero della fame di solidarietà con il popolo cecoslovacco, e in seguito ucciso da un criminale comune su sollecitazione dei servizi di sicurezza. L’appoggio degli intellettuali bulgari alla Primavera di Praga provocò numerosi arresti e condanne al carcere.

La repressione contro la minoranza turca

La repressione colpì duramente le minoranze etniche. Nel 1964 e nel 1971 furono brutalmente represse le proteste contro la forzata conversione in bulgaro dei cognomi di origine turca. In seguito a tale forzata “bulgarizzazione”, nel 1985 nacque un’organizzazione clandestina di difesa dei diritti umani, il “Movimento Nazionale Turco di Liberazione” nella Bulgaria del nord, guidato da Ahmed Dogan, rimasto in carcere fino al 1990. Una volta liberato insieme ad altri leader del movimento, diede vita al partito “Movimento per i Diritti e le Libertà”, che divenne un importante protagonista della vita parlamentare postcomunista.

La Charta ’77 bulgara

Nel maggio 1977 alcuni intellettuali diedero vita ad una “Charta ’77” bulgara, trasmessa clandestinamente in Occidente e letta a Belgrado durante l’incontro degli Stati firmatari degli Accordi di Helsinki. Con l’aiuto di Lubomir Sobadzijev, uno dei firmatari della “Charta”, Nikola Popov, dopo essere uscito dal carcere, fece pervenire un messaggio a Francois Mitterand di denuncia delle violazioni dei diritti umani nel Paese. La missiva fu pubblicata da Le Monde.

Allo stesso modo fra il 1980 e il 1983 Volodia Nakov inviò numerose lettere di denuncia ad Amnesty International e all’ONU. Per questo fu arrestato nel 1985, giudicato malato di mente e rinchiuso in un campo di internamento, dove fu picchiato a morte. Nel 1986 Grigor Bozilov fece pervenire una Lettera aperta in difesa dei diritti umani alla Conferenza di Vienna, firmata fra gli altri da Ilija Minev e Eduard Genov, che nel gennaio 1988 diedero vita alla prima legale ”Associazione Indipendente in Difesa dei Diritti Umani”, presieduta dallo stesso Minev.

Paprika piccante, Radoj Ralin, 1968

Paprika piccante, Radoj Ralin, 1968

Il volto, Blaga Dimitrova, 1981

Il volto, Blaga Dimitrova, 1981

Fascismo, Zelu Zelev, 1982

Fascismo, Zelu Zelev, 1982

Cultura e scienza

Fra le iniziative della dissidenza, degna di nota è l’attività degli intellettuali. Divenne molto popolare nel 1968 Paprika piccante, la raccolta di epigrammi dell’autore satirico Radoj Ralin.
Nel dicembre 1978 a Londra fu ucciso (colpito con un ombrello dalla punta avvelenata, in un omicidio voluto dal primo ministro Todor Zivkov) lo scrittore Georgi Markov, le cui trasmissioni su Radio Europa Libera riscuotevano in patria grande successo.

Nel 1981 uscì il racconto di Blaga Dimitrova Il volto, ferocemente condannato come opera contraria all’ideologia comunista e rapidamente confiscato. Nel 1982 fu pubblicato il libro di Zelu Zelev Fascismo, scritto alcuni decenni prima, che ben presto i servizi di sicurezza interpretarono come descrizione del sistema comunista. Pur confiscato e ritirato dal mercato, il testo continuò a circolare clandestinamente. Zelev fu anche tra gli iniziatori del “Club a Sostegno della Glasnost e della Perestrojka”, nato il 3 novembre 1988, che riunì e coordinò tutte le iniziative di protesta e in difesa dei diritti umani fino alla caduta del regime. Primo presidente della “Coalizione delle Forze Democratiche”, Zelev divenne anche il primo presidente eletto democraticamente della Repubblica bulgara.

La prima manifestazione di massa non comunista, 3 novembre 1989Un attivista durante le proteste contro il segretario generale del Partito comunista bulgaro Todor Zhivko mostra “Il volto” e “Fascismo”, 18 novembre 1989.
Dimostrazione di studenti davanti alla cattedrale Alexander Nevsky per chiedere riforme politiche in Bulgaria, 14 dicembre 1989.

La fine del regime

Tra il 1988 e il 1989 si moltiplicarono le azioni di protesta. I tentativi di repressione non fecero che rafforzare l’opposizione. Nel 1988 cominciarono a diffondersi le riviste clandestine Most e Glas. Dopo la perquisizione dell’appartamento del poeta e segretario dell’”Associazione Indipendente in Difesa dei Diritti Umani” Petyr Manolov e la confisca del suo archivio, Manolov e Minev iniziarono uno sciopero della fame. Numerose furono le manifestazioni a sostegno dei due dissidenti.

L’8 febbraio 1988 a Plovdiv fu creata la prima organizzazione sindacale indipendente, guidata da Konstantin Trencev. Nell’estate dello stesso anno mezzo milione di bulgari di origine turca furono costretti a lasciare il Paese, vittime del cosiddetto “processo di rinascita” dell’identità bulgara, e anche questo provocò numerose azioni di protesta. Il 3 novembre 1989 davanti alla cattedrale di sant’Alessandro Nevskij si svolse la prima manifestazione di massa non comunista, nel corso della quale i partecipanti iniziarono a scandire «Libertà, Democrazia, Basta con il primo articolo» (in riferimento al primo articolo della Costituzione che stabiliva il ruolo guida del partito).

Il 10 novembre, Zivkov fu sfiduciato dal Comitato Centrale del Partito Comunista, di cui era Segretario generale dal 1954, e si aprirono i lavori della Tavola Rotonda tra il governo e l’opposizione guidata da Zelev. Due mesi prima, l’11 settembre, il Parlamento aveva riabilitato 1000 vittime del terrore stalinista.
Il 14 dicembre 1989 il Parlamento fu circondato da decine di migliaia di manifestanti che chiedevano la democratizzazione del Paese, mettendo fine a uno dei regimi più repressivi dell’Europa Orientale.

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