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Nozioni e consapevolezza. Gli studenti polacchi e la memoria dell’Olocausto

di Anna Ziarkowska e Robert Szuchta

L’atteggiamento dei polacchi (e in particolare dei giovani) verso l’Olocausto, soprattutto in occasione degli anniversari della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, si è cominciato a studiare verso la metà degli anni Novanta. Stando alle annuali ricerche, gli studenti polacchi sono sempre meglio informati sull’Olocausto (in mancanza di dati, il raffronto con altri genocidi non è possibile).

L’Olocausto è entrato nei programmi scolastici nel 2000. È insegnato nei corsi di Storia, ma si accenna anche in altre materie. I manuali raccontano diffusamente della realizzazione e delle finalità dei campi di sterminio, distinguendoli dai campi di concentramento. Gli studenti apprendono che i primi campi furono costruiti per lo sterminio degli ebrei europei.

Il racconto cambia però radicalmente quando si arriva a parlare del comportamento dei polacchi. Tutti gli autori ci si soffermano, sottolineando quello che i polacchi fecero contro le persecuzioni e lo stermino. Però, nessun autore ha ritenuto di dover fare riferimento ai più recenti studi sull’argomento, e nemmeno ha suggerito che il quadro storico sta cambiando, arricchendosi di nuovi elementi e valutazioni. Eppure, negli anni Novanta, diversi storici polacchi avevano cominciato a studiare più approfonditamente i comportamenti dei polacchi verso gli ebrei durante l’Olocausto. Il quadro che ne scaturiva, differiva molto da quello precedente, imponendo di rivedere le proporzioni tra forme di aiuto e vite salvate da una parte, e la delazione e partecipazione alla carneficina dall’altra. Occorreva anzittutto, come ha sostenuto Jacek Leociak, prendere in considerazione il “lato oscuro” di quella storia. Ma i manuali non ne tengono conto: tutta una generazione di giovani polacchi non è quindi in grado di seguire le discussioni e le polemiche sul passato, né tantomeno prendervi parte.

I manuali scolastici esaltano i meriti della nazione, nonché la bontà, il senso di giustizia, il solerte soccorso, l’empatia dei polacchi nei confronti degli ebrei perseguitati e uccisi dall’occupante tedesco. Al contempo, si minimizza il ruolo dei delatori e ricattatori non considerandoli nemmeno polacchi.

Ancora più discutibile è il modo di narrare i rapporti tra polacchi ed ebrei, al tempo dell’Olocausto, identificando i polacchi con i Giusti: una modalità questa che domina nei media pubblici ed è fortemente promossa dalle attuali forze di governo. Un’ideologa nazionalistica che condiziona il sistema nazionale di educazione storica, nelle linee guida del programma d’insegnamento e nei manuali di storia.

La tragedia dell’Olocausto, letta e narrata in chiave autoassolutoria e nazionalista, lascia perplessi e spinge a chiedersi quale sia l’efficacia di un insegnamento condizionato da tali premesse. Numerose indagini svolte nell’ultimo ventennio si sono poste questa domanda.

Da molti anni le inchieste rilevano lo stesso dato: continua a essere alto in Polonia, specie al confronto con l’Europa occidentale, il livello delle opinioni, idee, atteggiamenti avversi agli ebrei.

Le indagini svolte (tra il 2008 e il 2009) in 95 scuole medie superiori registravano che: per il 40% degli studenti il problema dell’antisemitismo esisteva ed era grave; per il 38% c’era, ma era marginale; soltanto per il 28% non costituiva un problema. Il 39% si dichiarava disturbato dalle scritte antisemite sui muri delle città, mentre il 37% (dato preoccupante!) si dichiarava indifferente a quelle scritte.

Bisogna chiedersi quindi se la scuola polacca sia, e in quale misura, capace di educare i giovani alla tolleranza, all’accoglienza, al rispetto di altre culture. Insegnando l’Olocausto, i docenti dichiarano di voler “contrastare fenomeni negativi quali l’antisemitismo, il razzismo e la xenofobia”. Cosa apprendono, dunque, gli studenti delle scuole polacche dalle lezioni sulla Seconda guerra mondiale e l’Olocausto?

In occasione del 70^ anniversario (2013) dell’Insurrezione nel Ghetto di Varsavia, un gruppo di ricercatori del Centro Studi sui Pregiudizi dell’Università di Varsavia interpellò 1250 studenti liceali della capitale. L’indagine si proponeva di misurare la conoscenza di alcuni dati elementari riguardanti in particolare l’Insurrezione nel Ghetto. Si chiedeva inoltre di dare un giudizio sul comportamento dei polacchi durante l’occupazione tedesca, e di indicare le proprie fonti di informazione. Per quanto riguarda il Ghetto, un intervistato su quattro si sbagliava quasi su tutto: il 26% non conosceva la data d’inizio dell’Insurrezione; il 23% riteneva che si fosse conclusa con una vittoria degli insorti; il 44% non era in grado di indicare il nome del suo capo. Errori e lacune che si accompagnavano a una più generale ignoranza della Storia: per il 39,6% l’Insurrezione di Varsavia dell’anno successivo (1944), dal punto di vista militare, fu un successo; per il 50,8% l’aiuto dei polacchi agli ebrei, chiusi nel Ghetto, fu sufficiente; per il 55% lo fu l’aiuto dato agli ebrei che si nascondevano nella “parte ariana”. I ricercatori rilevarono, con molta sorpresa, una quasi totale sconnessione tra ciò che gli studenti sapevano e quel che veniva loro insegnato a scuola. Notarono inoltre che la conoscenza delle vicende dell’Olocausto andava diminuendo, e che gli studenti che ne sapevano poco o niente erano di solito digiuni di tutta la Storia. Stando ai risultati, la scuola sembrava latitare. Non c’era alcun rapporto tra risposte esatte e il voto in Storia, tanto da esser portati a dubitare della tesi che insegnando di più (nella fattispecie: facendo più lezioni sull’Olocausto), gli studenti apprendessero meglio. Gli autori dell’indagine evidenziarono inoltre che la scuola, sopravvalutando l’aiuto dato agli ebrei, e dunque deformando la storia, rafforzava ulteriormente l’avversione nei confronti degli ebrei. A un maggior numero di lezioni sull’Olocausto corrispondeva una maggiore indisponibilità a incontrare coetanei ebrei. Nonostante i migliori propositi, la scuola non era stata capace di combattere i pregiudizi e talvolta, senza volerlo, aveva agito in senso opposto: rinvigorendo, ad esempio, l’avversione verso gli ebrei[1].

Come viene assolto nelle scuole polacche il compito educativo di insegnare l’Olocausto? Nel 2015 un gruppo di ricercatori dell’Università di Rzeszów, diretto dal prof. Krzysztof Malicki, svolse su un campione di 3774 ragazzi e ragazze, delle scuole medie superiori di ogni tipo, un’indagine sul rapporto tra i giovani e la storia polacca del Novecento: 34 domande sul periodo tra 1918 e gli inizi del XXI secolo. Per quasi un quarto (24,9%) degli studenti intervistati, prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale Hitler chiese alla Polonia di consegnargli i cittadini polacchi di origine ebraica. Ancora più sconcertante la percentuale (15%) di risposte corrette alla domanda sul massacro di ebrei ad opera dei polacchi a Jedwabne (10 luglio 1941): per il 45% degli studenti a Jedwabne “i tedeschi uccisero dei polacchi che avevano nascosto degli ebrei”[2]. Commentando questi risultati, gli autori si ponevano serie domande sull’efficacia dell’insegnamento della Storia nelle patrie scuole.

Il ruolo della scuola nella trasmissione della verità sui rapporti tra polacchi ed ebrei fu messo in risalto anche dal prof. Antoni Sułek, che pubblicò nel 2011 un’analisi dei risultati di due sondaggi, su scala nazionale, sul crimine di Jedwabne[3]. Lo studioso fu particolarmente colpito dalle risposte dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni: nel 2002, soltanto il 18% dichiarava di “non aver sentito nulla” sul crimine di Jedwabne; nel 2011, non ne sapeva niente il 41%. Al riguardo il prof. Sułek osservava che nel 2002 si parlava di Jedwabne con gli amici e seguendo i media; nel 2011 quasi unicamente a scuola, nelle lezioni di Storia. Una successiva indagine, del 2015, confermava la tendenza palesata da Sułek: gli studenti continuavano a sapere sempre di meno del massacro di Jedwabne.

Nel 2015 fu altresì chiesto agli studenti di quali personaggi storici fossero fieri. Le risposte furono tanto sorprendenti quanto preoccupanti. Furono indicati 65 personaggi:

  • 5 (pari al 7%) collettivi: famiglia/antenati; militari; “Soldati Maledetti” (membri della resistenza che si opposero all'occupazione sovietica); la Divisione 303 (piloti polacchi durante la Battaglia d’Inghilterra), l’Armia Krajowa (Esercito Nazionale: la principale organizzazione della resistenza polacca, legata al governo in esilio a Londra);
  • 20 legati alla Seconda guerra mondiale;
  • 40 attivi in tempo di pace.

I 65 personaggi si possono si possono dividere in personaggi del passato (ad es. il maresciallo Józef Piłsudski) e contemporanei (ad es. il Primo ministro, dal 2007 al 2014, Donald Tusk). Dei 20 (30,7%) che si si distinsero durante la Seconda guerra mondiale, soltanto 3 (pari al 15%) legarono il loro nome al destino degli ebrei al tempo dell Olocausto: Irena Sendlerowa, Jan Karski, Janusz Korczak.

Le scelte degli studenti corrispondevano in qualche modo all’immagine della guerra proposta dai manuali scolastici. Nel narrazione scolastica sulla Seconda guerra mondiale dominano evidentemente le battaglie e la politica: 17 (85%), dei 20 personaggi attivi durante la guerra, erano stati comandanti militari, soldati, uomini politici; i personaggi collettivi (soldati, il Divisione 303, l’Esercito Nazionale) avevano preso parte alle operazioni di guerra.

I risultati delle suddette indagini sulla scuola polacca e l’Olocausto coincidono con le osservazioni della ricercatrice Alicja Bartuś. Essa ha preso le mosse dalle considerazioni espresse dagli studenti della regione di Cracovia, a conclusione di un programma di visite educative al memoriale di Auschwitz-Birkenau, nel 2016-2019. Da esse si evince che:

  • l’83% degli alunni non ha mai letto un libro sui lager;
  • il 42% degli alunni non ha mai visto un film sui lager;
  • il 40% degli alunni non si è mai interessato se vi furono in famiglia prigionieri o vittime del Koncentration Lager Auschwitz;
  • il 50% degli alunni non conosce le vicissitudini di nessun prigioniero del Koncentration Lager Auschwitz.

La ricercatrice rileva inoltre che “gli allievi delle scuole polacche dichiarano di interessarsi all’Olocausto, ma in realtà se ne interessano assai poco”[4]. Se ne dichiarano curiosi, ma non ne sanno pressoché niente.

Val quindi la pena di citare la professoressa Jolanta Ambrosewicz-Jacobs: “I giovani polacchi sanno poco dell’Olocausto […], non hanno coscienza dei (diversi) comportamenti dei polacchi durante la Seconda guerra mondiale; ritengono, sbagliando, che i polacchi si impegnarono in massa per salvare gli ebrei”[5].

Il sistema educativo polacco si confronta con la questione dell’Olocausto, ma in modo assai frammentario. Sin dalle premesse programmatiche, la rappresentazione dell’Olocausto è inficiata da numerose lacune, soggetta a eccessi interpretativi e reticenze. Il modo, in cui è affrontata dai manuali, lascia molto a desiderare. Essi seguono e servono bene la politica degli attuali governanti polacchi nei confronti della Storia, non tenendo certamente conto degli studi più aggiornati sullo sterminio di 6 milioni di ebrei europei, di cui 3 milioni erano cittadini polacchi. I manuali scolastici contengono una discreta quantità di notizie sull’Olocausto, ma non fanno i conti con la questione della memoria storica dei polacchi. Agli studenti non viene chiesto di domandarsi: ma noi cosa c’entriamo con questa storia? Essi sapranno pure qualcosa degli sforzi dei loro connazionali per salvare gli ebrei dallo sterminio, dell’eroismo dei Giusti tra le Nazioni, ma senza capirne molto. Impareranno il numero di alberi dei Giusti polacchi nel giardino dello Yad Vashem a Gerusalemme, ma non sapranno capacitarsi del male (viltà e tradimento, sete di guadagno, odio antisemita) che faceva da controcanto a quei Giusti.

Non si potrà cambiare nulla senza gli insegnanti, personaggi cruciali ai quali tutto il sistema scolastico polacco dovrebbe garantire sostegno. Bisognerebbe pure contare, a tal riguardo, sul costante impegno delle organizzazioni non governative per i diritti dell’uomo e la prevenzione di qualsiasi forma di discriminazione, e sulle istituzioni dell’Unione Europea. La conoscenza dell’Olocausto deve molto agli sforzi di organizzazioni quali il Consiglio d’Europa e l’Organizzazione per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa. Nella maggioranza dei Paesi membri del Consiglio d’Europa si celebra la “Giornata di commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto”, e la “Giornata per la prevenzione dei crimini contro l’umanità”. Il Parlamento Europeo ha chiesto di celebrare il 23 agosto (data del Patto Ribbentrop-Molotov) la “Giornata Europea di commemorazione in memoria delle vittime dello stalinismo e del nazismo, dello deportazioni di massa e dello sterminio”. È indispensabile che il mondo ricordi i crimini del comunismo, del nazismo e tutti i crimini del Novecento e dei primi decenni del Duemila.

Nella nostra regione d’Europa il cambiamento è propiziato anche dal programma UE di sovvenzioni “l’Europa per i cittadini” che si dispiega in varie forme di attività quali “La memoria attiva dell’Europa”: uno strumento per prevenire che i crimini del passato possano replicarsi in qualsiasi forma.

Non si può che salutare con gioia che il Parlamento Europeo si sia da ultimo risolto ad aggiungere a queste iniziative una nuova, promossa da Gariwo, di celebrare ogni 6 marzo (data della morte dell’ ebreo polacco, Moshe Bejski, cofondatore del Giardino dei Giusti di Gerusalemme, e coautore della dizione “Giusto tra le Nazioni), la Giornata europea dei Giusti - per ricordare tutti coloro che salvarono vite o difesero la dignità umana in tempi di nazismo, comunismo, genocidi, uccisioni di massa, crimini contro l’umanità.

È quanto mai auspicabile che nell’ambito di un approccio universalistico, qual è quello proposto da Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, siano messi in luce proprio i Giusti, testimoni di apertura, tolleranza, empatia e solidarietà con le sofferenze e i torti fatti subire ad altre nazioni. Finora tutti i manuali polacchi hanno identificato il concetto di “Giusti” con i “salvatori di ebrei durante l’Olocausto”, così riducendo sensibilmente, però, il numero di personaggi modello e di esempi da imitare. Si studiano le storie di Irena Sendler, della famiglia Ulm, di Raul Wallenberg, di Oskar Schindler. E, a proposito degli oppositori del comunismo, del cardinal Stefan Wyszyński, di Jacek Kuron, di Lech Wałęsa. Come si è già detto, nei manuali polacchi i comportamenti collettivi hanno più importanza di quelli individuali.

Riflettendo su come rispondere alle domande di ordine morale ed etico che gli studenti sono soliti farsi, allorché si misurano con le scelte e le decisioni dei Giusti, il docente Piotr Trojański propone di non limitarsi a spiegazioni di carattere storico, ma di attingere altresì ad altre materie, psicologia sociale inclusa. Gli psicologi asseriscono che ogni uomo porti in sé molecole del Bene e del Male, che in certe situazioni tendono a palesarsi. Sono le situazioni, i sistemi politici e sociali, a decidere chi sarà eroe, e chi assassino.

Oggi è quanto mai il momento per cercare di insegnare agli studenti delle scuole come difendersi dai propagandisti, salvare la propria libertà di scelta e di pensiero, riconoscere la lingua dell’odio e sapervisi opporre, come non soccombere alle capziose insidie che pervadono i social network e lo spazio collettivo. Le biografie dei Giusti, degli oppositori e dei dissidenti insegnano che nessuno nasce supereroe, ma ciascuno, posto al cospetto del Male, può decidere sovranamente e far scelte coraggiose. Alla “banalità del male” corrisponde quel che lo psicologo americano Philip Zimbardo chiama “la banalità dell’eroismo”: a compiere atti straordinari sono di solito persone comuni, che in una certa situazione “fanno ciò che dovevano fare”. Zimbardo spiega, nel libro Effetto Lucifero. Cattivi si diventa? (Cortina editore, Milano 2007), che l’approccio deterministico alla natura umana è sbagliato. Occorre dare più importanza ai fattori esterni che definiscono i nostri pensieri, sentimenti e atti. La conoscenza dei processi psicologici può permetterci di cogliere la complessità dei comportamenti umani e formare condotte umanitarie fondate sull’empatia.

La Carta della memoria redatta dal presidente di Gariwo Gabriele Nissim è animata da considerazioni affini. I genocidi non sono stati commessi deus ex machina: ne siamo responsabili. Scriveva Primo Levi: “I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi. Sono più pericolosi gli uomini comuni”. Quel che è successo al popolo d’Israele non deve ripetersi mai più, e deve assurgere a principio morale di difesa di ogni nazione in pericolo. Gabriele Nissim ha ragione nell’affermare che dovremmo impegnarci a rendere i giovani sensibili a tutti i genocidi. La comparitistica intesa come metodo d’indagine insegna a contemplare molteplici prospettive di ricerca.

Per tutte queste ragioni dobbiamo coltivare la cultura del dialogo e del rispetto per la varietà e la diversità. Sperando che gli insegnanti, che la praticano giorno per giorno, sappiano essere guide sapienti, e abbiano la fiducia e la gioia di veder crescere allievi determinati a impegnarsi per un mondo di uguaglianza, libertà, solidarietà e democrazia.

Traduzione di Leszek Kazana

Anna Ziarkowska, storica, politologa, scrittrice. Segretaria del Comitato Giardino dei Giusti di Varsavia. In collaborazione con Bohdan Butenka, riconosciuto maestro di illustrazioni per bambini, ha creato una collana di libri di storia per l’infanzia: Historyjki z ulicy Karowej (2016) [Storielle di via Karowa], Historyjki o niepodległej Warszawie1918-1939 (2018) [Storielle sull’indipendenza a Varsavia], Historyjki o tym, jak Polacy wybrali wolność (2019) [Storielle su come i polacchi abbiano scelto la libertà]. In collaborazione con Rafał Bujnowski ha pubblicato una biografia a fumetti: Mazowiecki (2020). Dirige la sezione educativa della Casa degli Incontri con la Storia (Dom Spotkań z Historią) di Varsavia.

Robert Szuchta, storico, insegnante. Autore di programmi e manuali per l’insegnamento della storia, coautore del primo manuale polacco per l’insegnamento dell’Olocausto: Holokaust zrozumieć dlaczego [L’Olocausto: capire perché]. Lavora alla Sezione educativa del Museo di Storia degli Ebrei Polacchi POLIN di Varsavia. Collabora con enti internazionali quali: Yad Vashem di Gerusalemme, Mémorial de la Shoah di Parigi, la Casa della Conferenza di Wansee di Berlino. Collaboratore e docente del Museo Auschwitz-Birkkenau di Oświęcim e del Centro Studi sullo Sterminio degli Ebrei di Varsavia

[1] M. Witkowska, A. Stefaniak, M. Bilewicz, Stracone szanse? Wpływ polskiej edukacji o Zagładzie na postawy wobec Żydów [Un’occasione perduta? L’Olocausto nell’educazione polacca e l’atteggiamento nei confronti degli ebrei], „Psychologia Wychowawcza” [“Psicologia Educativa”], 2014, n. 5, p. 153.

[2] K. Malicki, K. Piróg, Postawy młodzieży ponadgimnazjalnej wobec przyszłości i historii Polski XX wieku [I giovani delle scuole medie superiori verso il passato e la storia polacca del Novecento], IFiS PAN [Istituto di Filosofia e Sociologia dell’Accademia Polacca delle Scienze], Warszawa 2016, p. 110.

[3] A. Sułek, Pamięć Polaków o zbrodni w Jedwabnem [La memoria polacca e il crimine di Jedwabne], „Nauka” [„Scienza”] 2011, n. 3, pp. 39-49, http://journals.pan.pl./dlibra/publication/105899/edition/91745/content [accesso: 29.09.2020]. In italiano: J. T. Gross, I carnefici della porta accanto. 1941: il massacro della comunità ebraica di Jedwabne in Polonia (Mondadori, Milano 2002).

[4] A. Bartuś, Młodzi Polacy o Auschwitz nie wiedzą nic [La gioventù polacca non sa niente di Auschwitz], „Polityka”, 30 gennaio 2018, https://www.polityka.pl/tygodnikpolityka/spoleczenstwo/1735698,1,mlodzi-o-auschwitz-nie-wiedza-nic.read [accesso: 27.09.2020]

[5] J. Ambrosewicz-Jacobs, Każdy kraj ma własny powód do nauczania o Holokauście [Ogni paese ha un suo motivo per insegnare l’Olocausto], Portal Historyczny, Dzieje.pl, https://dzieje.pl/edukacja/jolanta-ambrosewicz-jacobs-kazdy-kraj-ma-wlasny-powod-do-nauczania-o-holokauscie [accesso: 10.09.2020].

Anna Ziarkowska

Analisi di Anna Ziarkowska, Casa degli Incontri con la Storia di Varsavia

18 gennaio 2021

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