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Andrzej Wajda: se ne è andato il grande regista polacco

colui che ha raccontato un secolo di Polonia

Andrzej Wajda

Andrzej Wajda

Lo aspettavano al Festival del Cinema di Roma dove avrebbe dovuto presentare il suo ultimo film, Powidoki – Afterimage in cui racconta la vita di Wladislaw Strzeminski, pittore dissidente che si rifiutò di sottostare alle regole del regime, invece Andrzej Wajda non ci sarà essendosi spento a Varsavia lo scorso 9 di ottobre. Il 6 di marzo Wajda aveva spento novanta candeline, una lunga vita spesa in nome della verità, della testimonianza e del cinema di denuncia. Regista, sia cinematografico che teatrale oltre che sceneggiatore, Wajda ha da sempre visto il cinema come mezzo utile e fondamentale per racconatare storie, storie vere e che spesso nessuno voleva affrontare. Lui stesso, indicando gli ingredienti per fare del buon cinema, diceva: “ scegliere temi importanti e magari non narrati prima, o eventi sociali e politici, secondo, comunicare opinioni. Il pubblico non deve essere d’accordo, ma col pubblico devi saper aprire un dialogo senza volerlo convincere”. Questo era il cinema di Andrzej Wajda, regista che mai ha lasciato la Polonia, nemmeno raggiunto l'apice del successo, in quanto era convinto fosse necessario vivere la quotidianità dei luoghi scena delle proprie storie, e mantenere un punto di vista locale.

Figlio di un ufficiale di cavalleria ucciso durante le prime fasi della guerra presso le fosse di Katyn, a cui Wajda dedicherà l'omonimo film del 2007, egli stesso entrerà a far parte dell'esercito nazionale , combattendo contro i nazisti prima dell'occupazone della Polonia. Dopo il secondo conflitto mondiale, il giovane Andrzej entrerà prima all'Accademia di Belle Arti per intraprendere la carriera di pittore, quindi opterà per la Scuola Nazionale di Cinema di Lodz, comprendendo che era quella la sua vera strada. Già dai suoi primi film si capisce che per Wajda la cosa più importante è raccontare gli eventi storici che hanno sconvolto il suo paese prima e durante la guerra, infatti con Generazione ('55), Cenere e diamanti ('58) e I dannati di Varsavia ('56) si occupa del tema della Resistenza polacca all'invasione tedesca prima e all'occupazione nazista poi. E' proprio con questi film che inizierà la sua collaborazione con l'attore Cybulsky, prematuramente scomparso in un incidente ferroviario, e al quale dedicherà nel 1969 il film Tutto in vendita. Nonostante fosse un amante dei classici della letteratura, rivisiterà in molti suoi film grandi successi della letteratura europea e non solo polacca, come Danton ('83) con Gerarad Depardieu, I demoni ('87) e Pan Tadeuzs, sarà sempre dal cinema sociale e di denuncia che Wajda sarà inesorabilmente attratto. E' con gli anni '70 e i primi anni '80, che il suo avvicinamento a Solidarność, determinerà una svolta personale e di carriera. L'incontro e la conoscenza del leader del sindacato Lech Wałȩsa sarà fondamentale per insistere con ancora maggiore impegno, nel racconatre ciò che accadeva in Polonia, la lotta dei lavoratori polacchi per ottenere migliori condizioni sociali e politiche, per una maggiore democrazia. Con L'uomo di marmo prima ('76) e L'uomo di ferro poi ('81), Wajda racconta tutto questo, la storia di Solidarność e del suo carismatico leader, la mancanza di diritti a cui ormai i polacchi non volevano più rinunciare. Con L'uomo di ferro, Wajda otterrà il suo primo grande riconoscimento internazionale vincendo la Palma d'Oro a Cannes, anche se la sua fama era già accresciuta con il premio della critica per il film del 1976. La sua carriera sarà da qui un continuo crescendo che lo porterà ad altri ed importantissimi riconoscimenti come il Leone d'oro alla carriera nel 1998 o l'Oscar alla carriera conferitogli nel 2000.
Finita la guerra fredda e dopo aver assistito alla storica elezione di Wałȩsa come presidente della Repubblica polacca, la sua tensione politica è evidentemente scemata, portandolo ad interessarsi a temi differenti e di carattere più intimistico. Una prova ne è Panna Nikt ('93) nel quale racconta la particolare relazione fra tre studentesse, estrapolandone gli aspetti più oscuri e spirituali. Dopo diversi anni però tornerà alla sua passione di raccontare e lo farà con la sua opera più completa, meditata e su cui ha probabilmente lavorato per trent'anni: Wałȩsa. In questo suo penultimo film, Wajda racconta la vita di questo straordinario personaggio, che da semplice operaio elettricista divenne prima capo di un movimento sindacale in rivoltra contro il regime, e quindi capo di stato. Nel film si racconta dell'intervista che Wałȩsa concesse alla giornalista italiana Oriana Fallaci, che nel lungometraggio è interpretata da Maria Rosaria Omaggio. Wajda, in una recente intervista, ha dichiarato che quello che lo ha sempre attratto del personaggio Wałȩsa, è la sua semplicità, la sua umiltà di operaio che non ha mai smarrito, la sua intelligenza nel capire che una rivoluzione si può fare anche senza usare la violenza, spargere sangue e vittime inutili. Lottare per cambiare ma attraverso il dialogo e un processo di riforme. Di Wajda, Tadeuzs Sobolewski, uno dei più importanti critici polacchi, ha detto: “ha creduto nella missione del cinema, nella responsabilità dell'artista di fronte alla società”; questo era Andrzej Wajda, un uomo che credeva nel cinema come a una missione da compiere, un dovere da affrontare per il bene delle generazione a venire. Un regista che non ha mai arretrato di fronte alla paura di ritorsioni da parte del regime, che non ha mai ceduto di fronte a pressioni o minacce, uno straordinario testimone di un mondo che in Occidente conosciamo anche e soprattutto grazie a lui.

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