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La Giornata della Memoria e la scuola

tutto ciò che è stato può ancora succedere

Ogni anno il 27 gennaio le scuole celebrano in tutta Italia la Giornata della Memoria. Un atto dovuto, un impegno civile e morale imprescindibile per onorare la memoria dei milioni di ebrei morti durante la Shoa.

Le scuole sono invitate dal Ministero dell’Istruzione ad attivare lezioni o percorsi che possono variare a seconda della sensibilità e della formazione dei docenti. Ci sono scuole più organizzate, in cui il 27 gennaio è la conclusione di percorsi di apprendimento strutturati sul tema della Shoah (magari in relazione alla storia del territorio) e ci sono scuole in cui la riflessione è gestita dal singolo docente di materie umanistiche, che organizza attività che vanno dalla proiezione di film, alla lettura di brani di letteratura, alla visione di documentari, alla discussione in classe.

Che siano più o meno strutturati, tali interventi dovrebbero avere due finalità. Da una parte diventare strumento per tramandare una memoria storica fondamentale, dall’altro essere di insegnamento per le nuove generazioni affinché l’orrore non si ripeta, affinché i ragazzi scolpiscano nel proprio cuore e nella propria anima le immagini, le parole, il dolore di ciò che è stato e di ciò che non deve più essere.

Il mondo di oggi però, soprattutto quello dei giovani, è un mondo fluido e veloce, nel quale le sollecitazioni continue sono leggere e volatili. Svaniscono con la stessa velocità con cui sono arrivate e si mescolano tra loro, al di là del loro valore e della loro importanza . Studenti e studentesse, sia alla scuola media sia alla scuola superiore, necessitano di qualcosa di più di una lezione, di parole, per comprendere un passato che, di anno in anno, si fa sempre più lontano e che si sta trasformando da realtà a narrazione.

Come insegnanti dunque dobbiamo fermarci a riflettere su ciò di cui davvero hanno bisogno i giovani per capire, per ricordare e soprattutto per costruire nel tempo una società capace di veicolare i valori dell’accoglienza, della ricchezza della diversità e del dialogo per evitare orrori simili a quelli vissuti nel passato.

ESPERIENZA

Innanzitutto hanno bisogno che qualcosa scatti dentro di loro. Capita a noi insegnanti, in quelle situazioni, di avere la netta sensazione di sentire un click, di percepire che qualcosa si è mosso nel modo giusto nelle menti dei nostri alunni, qualcosa che consente loro la comprensione profonda, che porta dalla semplice ripetizione di informazioni all’interiorizzazione di un concetto o, meglio ancora, di un valore. Per raggiungere questo obiettivo gli insegnanti hanno a disposizione lo strumento dell’esperienza diretta.

Non basta conoscere la storia, sapere che cosa è successo, bisogna vivere, sentire che tutto ciò che è stato può ancora succedere e che, anzi, in qualche parte del mondo sta succedendo proprio in questo momento.

Un’esperienza molto interessante è quella che ha coinvolto qualche anno fa una scuola toscana, nella quale un’insegnante assai creativa e ingegnosa, simulò un atto discriminatorio nei confronti di alcuni studenti perpetrato da parte dell’istituto. Fu interessante registrare le reazioni dei ragazzi. Qualcuno accolse la falsa circolare come una regola da accettare in quanto tale, qualcuno chiese spiegazioni e delucidazioni. Qualcun altro invece si oppose fermamente, rifiutando la regola e mettendo se stesso nella difficile situazione di chi sta dalla parte dei più deboli.

È possibile immaginare quanti click siano scattati dopo lo “svelamento”, quanti ragazzi siano rimasti spiazzati dalla loro stessa scelta o da quella dei compagni. Un’esperienza diretta come questa, e la possibilità di discutere e riflettere senza sentirsi giudicati e senza giudicare se stessi con troppa severità, può avere un effetto molto potente e generare nuove riflessioni e nuovi interventi.

Una delle attività che propongo nelle mie classi, e che spiazzano fortemente i ragazzi e le ragazze, è quella di far leggere nel Giorno della Memoria la testimonianza di alcune famiglie Rom, schedate su base etnica durante la cosiddetta “emergenza nomadi” voluta dal governo italiano nel 2010 (e di cui tra l’altro in seguito è stata confermata l’illegittimità dalla Corte di Cassazione).

La descrizione del trattamento riservato alle famiglie nei campi e, in una testimonianza precisa, a un giovane disabile, spinge i ragazzi e le ragazze in modo automatico a pensare che si tratti di una retata nazista durante la Seconda guerra mondiale. Lo svelamento della realtà li mette nella condizione di riflettere sul fatto che ciò che è avvenuto ormai più di settanta anni fa può succedere di nuovo oggi, che la discriminazione è dietro l’angolo, laddove non si riconoscono come esseri umani coloro che appartengono a un’etnia considerata pericolosa o, peggio ancora, inferiore e incapace di una vera convivenza civile.

EMPATIA

In seconda istanza è necessario allenare l’empatia. È questa un’attività costante, quotidiana, che non perde l’occasione giorno per giorno di mettere i giovani nelle condizioni di guardare il mondo con gli occhi degli altri, dove gli altri possono essere dai compagni più fragili a coloro che in questa epoca storica sono considerati i “nemici” dalle forze populiste che, purtroppo, si stanno sempre più affermando in tutto il continente e non solo. In questa prospettiva, dunque, praticare la memoria e la storia significa coltivare di giorno in giorno persone capaci di ragionare in autonomia, aperte verso il mondo, in grado di leggere la realtà e soprattutto di mettersi nei panni degli altri.

AZIONE

Esperienza ed empatia perdono la loro forza se non sono supportati dall’azione. Per azione si intende la possibilità di agire in prima persona sulla realtà, nel microambito personale così come nel macroambito sociale. In questa prospettiva vengono in aiuto degli insegnanti le figure dei Giusti, cioè gli esempi di coloro che hanno saputo opporsi alle ingiustizie rischiando la propria vita. Studiare le biografie dei Giusti del passato e del presente consente di mettere al centro delle nostre riflessioni la responsabilità personale, la capacità di agire positivamente sulla realtà, la capacità di riconoscere le ingiustizie e le prevaricazioni e di sapervisi opporre.

Per i Giusti niente è più importante della vita umana, ed è un dovere dell’uomo riconoscere nell’altro sempre e comunque un essere umano, anche quando le leggi, i pregiudizi, la propaganda vogliono farci credere che dall’altra parte ci sia un nemico. I Giusti, come affermava Moshe Bejski, possono essere eroi, persone che hanno compiuto imprese straordinarie, ma sono prima di tutto coloro che, in situazioni drammatiche, hanno saputo e sanno dare il massimo di se stessi, in base alle proprie reali possibilità personali, sono stati capaci di vedere nel diverso un altro essere umano, esattamente come loro, fragile e bisognoso di aiuto, e hanno saputo rischiare per tutelare quella vita.

Ricordare le figure dei Giusti, e progettare ed allestire Giardini dei Giusti scolastici, non significa quindi solo celebrare il passato ma costruire con i ragazzi un bagaglio culturale ed etico con il quale attivarsi nella realtà, percependo i bisogni e le debolezze degli altri, intercettando i messaggi falsi e pericolosi e respingendoli. La storia si intreccia così con la quotidianità dei ragazzi e delle ragazze, che costruiscono insieme, soprattutto attraverso lo studio e le attività condivise con i compagni, uno strumento in più per vivere positivamente la complessità della società di oggi.

I Giusti diventano in questa prospettiva ponti che collegano il passato al presente, che rendono viva la memoria. Celebrarne la giornata il 6 marzo significa permettere ai ragazzi e alle ragazze di completare un percorso educativo che dalla memoria del passato arriva all’azione sul presente. Avere una giornata nazionale renderebbe più forte e significativa la celebrazione, significherebbe il riconoscimento di una visione del mondo e della società che contribuisce a contrastare idee semplicistiche sui problemi attuali e a costruire valori positivi da contrapporre all’intolleranza e all’odio, che purtroppo in questo periodo si stanno diffondendo in modo preoccupante in Europa.

Se i giovani sentono di poter trasformare anche solo con un piccolo gesto quotidiano il mondo in cui abitano e hanno la certezza di poter dare fiducia al prossimo - e riceverla a loro volta - il futuro non potrà che essere migliore del presente che stiamo vivendo.

2 dicembre 2016

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