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Ararat

di A. Egoyan Canada-Francia, 2002

In Ararat Arshile Gorki, che appartiene alla generazione dei sopravvissuti al genocidio, si sta accingendo a completare la sua più nota opera d’arte The artist and his mother, il cui tema è proprio quello della non sopravvivenza (della madre) al genocidio; Edward Saroyan, un regista canadese di origini armene, figlio di una sopravvissuta al massacro, sta invece dirigendo un colossal proprio per raccontare, attraverso la biografia di Gorki, la storia del genocidio. Tale colossal si basa sul libro Un medico americano in Turchia del dottor Clarence Usher, testimone oculare del genocidio, e sulla biografia dello stesso Gorki, scritta da una storica dell’arte armena, nipote di sopravvissuti al genocidio; suo figlio, Raffi, che dunque rappresenta la quarta generazione della diaspora armena, decide invece di recarsi suoi “luoghi della memoria”, ovvero in Turchia, alle appendici dell’Ararat, per girare, usando le parole di Egoyan, una sorta di digital diary, con cui poter fare i conti non soltanto con la propria “armenità”, ma soprattutto con le scelte del padre, morto nel tentativo di uccidere un diplomatico turco.
Un’opera corale all’interno della quale si intrecciano le storie di più personaggi, appartenenti a diverse generazioni, tutti accomunati dall’esperienza della diaspora armena, e dal tentativo di ricostruire la propria storia, e con essa, la storia di un popolo intero.

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