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Ti seguirò oltre mille colline

di Hanna Jansen TEA, 2005

È la storia di Jeanne d’Arc Umubyeyi, sopravvissuta, unica della sua famiglia, al genocidio in Ruanda.

La vicenda, che si svolge nell’arco di due anni, inizia a ridosso dell’aprile del ’94, quando Jeanne conduceva una vita tranquilla e spensierata insieme ai genitori, ai fratelli e alla nonna a Kibongo; vita che viene sconvolta irrimediabilmente dopo l’ottavo compleanno della bambina e che si trasforma in un incubo lungo due anni, fino a quando viene accolta in Germania nel 1996 da una zia e in seguito adottata dall’autrice.

Hanna Jansen infatti è la madre adottiva di Jeanne, e il libro, uscito in Germania nel 2002, è una sorta di narrazione a due voci: c’è il racconto del “prima”, la vita e la tragedia in Ruanda, attraverso il racconto della ragazza alla nuova mamma, e il “dopo”, il difficile lavoro di costruzione di un nuovo rapporto e di una nuova normalità, narrato in prima persona dall’autrice-mamma, che cerca di comprendere e fare propri il dolore e i traumi della figlia.

Jeanne racconta e Hanna accompagna la figlia in questo racconto, ascoltandola e riportando i fatti, i pensieri e i ricordi senza fronzoli, abbellimenti o commenti: si fa cronista di un orrore, esponendo, correttamente in terza persona, la storia di un massacro e delle sue conseguenze su una bambina, su un Paese, sull’umanità intera. La storia è intervallata da momenti di riflessione personale, scritti in prima persona e in corsivo, quasi a non voler contaminare il dolore vissuto dalla figlia con i commenti di chi quel dolore non lo ha mai provato e può solo cercare di comprenderlo e adoperarsi per alleviarlo: sono i pensieri di una madre che assiste la figlia nel processo di guarigione delle sue cicatrici e nel nuovo percorso di vita.

Ne esce un romanzo toccante, onesto e sincero, a tratti crudo e disumano, a tratti estremamente umano: la storia di 101 giorni di orrore ignorati dal mondo e delle conseguenze sulla vita dei sopravvissuti e di chi ha scelto di non voltare loro le spalle.

Ci avviciniamo ai giorni dell’annientamento e davanti a me c’è un intrico di cui non riesco a vedere la fine. Ogni tanto ci troviamo entrambe sull’orlo del baratro. Ogni passo sul ciglio è un atto di equilibrismo. Io tengo te, tu tieni me. Su quattro gambe siamo più salde. Ti seguirò oltre mille colline.”

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