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Il folle sogno di Neve Shalom Wahat al-Salam

di Brunetto Salvarani Edizioni Terra Santa, 2017

Dal 19 ottobre sarà in libreria Il folle sogno di Neve Shalom Wahat al-Salam. Israeliani e palestinesi insieme sulla stessa terra (Edizioni Terra Santa). Un libro - a cura del teologo e scrittore Brunetto Salvarani - dedicato al Villaggio della pace fondato in Israele dal padre domenicano Bruno Hussar, autodefinitosi uomo “dalle quattro identità” (prete cattolico, ebreo, cittadino israeliano, nato in Egitto). Un contributo a più voci, nuovo e importante, su questo Villaggio di "sognatori realisti", su cui esiste una vasta pubblicistica ma non un testo completo e aggiornato in italiano.

Pubblichiamo qui un estratto dal capitolo “La fabbrica della speranza: voci dal Villaggio”. La prima "voce" è quella di Sagi Frisch - studente e attivista, membro della seconda generazione di Neve Shalom Wahat al-Salam; la seconda è quella di Yair Auron - storico e professore universitario, responsabile del Giardino dei Giusti di Neve Shalom Wahat al-Salam.

Sagi Frisch: «Negli ultimi anni ho constatato l’immensa e distruttiva forza della disperazione che conduce entrambe le società - israeliana e palestinese - a perdere la speranza che si possa raggiungere una pace. Ciò ha portato alla diffusione di un ampio sostegno verso politici e organizzazioni politiche che assegnano la responsabilità del fallimento del processo di riconciliazione esclusivamente all’altra parte in causa.

Il supporto sempre crescente verso tali gruppi politici ha permesso loro di raggiungere posizioni di leadership e di rendere ancora più profondo il processo di delegittimazione e disumanizzazione dell’"altro" all’interno del conflitto. Tale processo serve a giustificare l’uso della violenza come unica alternativa possibile, e a indebolire, marginalizzare e mettere a tacere chiunque porti avanti idee diverse.

Questa realtà ha confermato la mia intuizione che la cosa più importante - per “camminare verso la pace” e costruire una realtà più giusta - consiste nel diffondere la speranza e combattere la disperazione. Ho sempre pensato che è in questo ambito di “speranza ispiratrice” che la nostra comunità può dare un contributo significativo. NSWAS infatti, non è un’organizzazione politica: è una comunità guidata da principi di uguaglianza, di governo democratico, rispetto reciproco, dialogo costante e agire comune. Crescendo secondo questi principi, è stata in grado di creare un percorso alternativo nella vita quotidiana. Questo la rende una crepa nel muro della disperazione, in quanto è un esempio concreto che esiste un’opzione realistica per un futuro migliore.

Noi, seconda generazione, siamo cresciuti all’interno di questa realtà unica. Pertanto, non ci poniamo la domanda se un futuro migliore può essere realizzato, sappiamo con certezza che può concretizzarsi perché già ne facciamo parte. Ciò non significa che il percorso verso tale futuro sia semplice: siamo ben consapevoli delle molte difficoltà che la nostra comunità ha dovuto finora affrontare. Non c’è dubbio però, che una realtà più giusta e pacifica possa esistere: noi siamo cresciuti in questo contesto.

È quindi nel campo della diffusione del messaggio di speranza che credo la seconda generazione di NSWAS possa giocare un ruolo unico, grazie anche ai vari sistemi di comunicazione oggi a disposizione di noi giovani e della nostra comunità».

Yair Auron: «L’idea su cui si fonda il Giardino dei Giusti è quella di trovare uno spiraglio di luce e bontà nei giorni più bui dell’Umanità. Il giardino onora le persone che hanno scelto di rischiare le proprie vite per salvare altri esseri umani. Dal mio punto di vista questo è il livello più alto di umanità. Preferisco ragionare in questi termini piuttosto che in quelli di “giustezza” o “rettitudine”, perché questi ultimi sono spesso usati in un contesto religioso. In quanto persona non religiosa, ritengo invece che il salvataggio sia un atto di bontà compiuto dalle persone, indipendentemente dal loro credo.

Nel nostro Giardino dei Giusti a NSWAS sussistono tre diverse componenti:

- La prima è dare riconoscimento ai singoli individui o ai gruppi che hanno salvato vite durante i genocidi, gli omicidi di massa, gli atti di pulizia etnica. Finora ne abbiamo onorati otto, in futuro pensiamo molti di più. Il vincolo principale è il tempo che occorre per studiare ogni singolo caso prima del riconoscimento. Abbiamo infatti diversi casi in corso di verifica, dovendo prestare molta attenzione per non commettere errori. È importante specificare che non ci poniamo in concorrenza con Yad Vashem (Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele). Rispettiamo le sue azioni di riconoscimento verso i non ebrei che hanno salvato gli ebrei, ma noi onoriamo tutti coloro che hanno salvato gruppi di altre nazionalità, altre etnie o religioni.

- Il secondo ambito della nostra attività coinvolge il campo dell’arte. Dato che il Giardino dei Giusti di Neve Shalom Wahat al-Salam si trova in un bellissimo campo di olivi, abbiamo voluto collocarvi alcune opere - sul tema del dialogo - di artisti palestinesi e israeliani, e in futuro speriamo anche internazionali. A limitarci, purtroppo, sono motivi puramente di natura economica. Abbiamo iniziato con quattro creazioni: due realizzate da artisti palestinesi e due da artisti israeliani.

- La terza componente della nostra attività sarà, secondo la mia personale visione, il lavoro educativo. Abbiamo in progetto di aprire un centro educativo internazionale sui temi del salvataggio e dei soccorritori: raccoglierà materiale su scala mondiale e lo studierà da una prospettiva filosofica, morale, psicologica e sociologica. Analizzeremo le ragioni che portano alcuni esseri umani a decidere di salvare la vita di altri. Stiamo raccogliendo informazioni su vari casi». 

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