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Storie di sconosciuti salvatori. I sardi nel popolo dei Giusti

di ​Giuseppe Deiana Iskra, 2018

È quasi del tutto sconosciuta la storia dei Giusti sardi che, aiutando gli ebrei e i perseguitati politici, hanno contribuito a combattere pacificamente le peggiori forme di totalitarismo del Novecento.

In questo libro Giuseppe Deiana, già docente di Storia e Filosofia, oggi presidente dell’Associazione Centro Comunitario Puecher di Milano, raccoglie sei storie di Giusti protagonisti di un’ ordinaria straordinarietà umana e morale. Una prova ulteriore del contributo importante dei sardi alla Resistenza militare e civile, memoria indispensabile da tenere viva per evitare che i sardi salvatori “siano vittime dell’amnesia storica e della rimozione collettiva”, e per “impedire e contrastare le forme nuove e ricorrenti del sistema genocidario, reali o possibili, in ogni parte del mondo, nella consapevolezza che il male procurato anche a un solo popolo è inferto all’umanità intera”.

Ecco quindi le storie di alcuni Giusti tra le Nazioni già onorati allo Yad Vashem e di figure in attesa di tale riconoscimento: persone che hanno agito in difesa dei perseguitati e della dignità umana. Come Girolamo Sotgiu e Bianca Ripepi, onorati nel Giardino dei Giusti di Olbia, la coppia antifascista che ha salvato alcuni ebrei dell’isola di Rodi, o Andrea Loriga, il medico antifascista nato a Sassari che a Binasco - dove gli è stato dedicato un albero del Giardino dei Giusti - nel 1944 mise in salvo la famiglia dell’avvocato ebreo Augusto Weiller, o ancora Salvatore Corrias e Giovanni Gavino Tolis, “contrabbandieri di uomini”, che riuscirono a far espatriare in Svizzera ebrei e perseguitati politici, e Giuseppina De Muro, una suora che nel carcere di Torino si schierò al fianco dei prigionieri, in particolare ebrei e condannati a morte - partigiani e fascisti - riuscendo anche a salvare delle vite (come quella di un bambino di pochi mesi, Massimo Foa, portato fuori dal carcere nascosto nel mucchio di lenzuola sporche da mandare a lavare).

Come scriveva Deiana nel suo primo libro sul tema, La rivoluzione dei Giusti. Un'alternativa alla globalizzazione dell'indifferenza (Mimesis, 2016), i Giusti rappresentano un cambio di paradigma non solo nella narrazione della storia - raccontare i crimini contro l’umanità partendo da esempi positivi - ma anche sul piano etico-civile, che si costruisce così su storie di umanità e solidarietà, giustizia e resistenza. 

Deiana accoglie l’estensione del concetto di Giusto e lo sostanzia in una ricca appendice di riflessioni. Nel tempo, sostiene Deiana, è aumentato lo spettro dei crimini commessi dall’uomo e si è quindi ampliata l’idea del Giusto, per comprendere non solo chi ha agito durante i genocidi riconosciuti come tali (il genocidio armeno, quello ruandese, cambogiano, la pulizia etnica nei Balcani), ma anche “gli archeocidi, come quello siriano di Palmira in cui l’archeologo Khaled al-Asaad è stato decapitato dai miliziani del califfato nero nel 2015; inoltre, gli etnocidi e gli ecocidi, come quelli messi in atto dal capitalismo internazionale e locale per sfruttare le risorse di vasti territori e di grandi foreste pluviali (in Amazzonia innanzitutto, ma anche nel Congo e nelle Filippine) determinando la distruzione e la scomparsa delle testimonianze culturali e storiche delle popolazioni indigene”.  

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