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Giuda

di Amos Oz Feltrinelli, 2014

È difficile definire l’ultima opera letteraria di Amos Oz: non è propriamente un romanzo, in quanto non c’è una trama vera e propria, piuttosto il resoconto di qualche mese dell’inverno 1959-60, che Shemuel Asch trascorre presso la casa dove vivono Gershom Wald, un infermo settantenne di grande cultura, e sua nuora Atalia. Non è nemmeno un saggio: non c’è un contenuto strutturato, non c’è una tesi da dimostrare.

Lo scrittore offre una fotografia, peraltro molto dettagliata, della casa, dei personaggi che la abitano e di quelli che l’hanno abitata, di un periodo storico che pochi hanno vissuto e ricordano (lo stesso Oz aveva vent’anni nel 1959), che viene riportato in vita e rielaborato attraverso le discussioni dei personaggi, principali e secondari, riguardanti i temi più svariati: Gesù e gli ebrei, Giuda Iscariota e il tradimento, il conflitto israelo-palestinese, Cuba, il socialismo, la Francia di De Gaulle, l’amore, la religione, il coraggio e la rinuncia.

Le descrizioni delle persone hanno una forza straordinaria: sembrano neutrali, ma in realtà riescono a influenzare il lettore con una sorta di messaggio subliminale, rivelando le debolezze e le contraddizioni di ogni personaggio. Le descrizioni dei luoghi e degli oggetti, sulle quali lo scrittore a volte indugia un po’ troppo, contribuiscono ad accentuare il senso di solitudine e immobilità che permea l’intera narrazione: i protagonisti sono soli, ciascuno a proprio modo ha rinunciato all’azione, conducendo una vita-non vita , in cui le parole e i discorsi, ma anche i silenzi, sono i veri protagonisti.

Il tema del tradimento, che dato il titolo potrebbe sembrare predominante, in realtà è solo quello più “innovativo” e forse più sfaccettato: dal tradimento presunto al vero tradimento di Giuda, dal tradimento dei propri obiettivi al tradimento in amore, da quello in politica a quello della stampa. Ma sarebbe improprio identificare con ciò il contenuto dell’opera: il tema della religione è strettamente connesso con quello della guerra – “tutte le religioni sono venute per salvarci e alla fine spargono il nostro sangue” -; il tema della solitudine - i protagonisti sono soli, schiacciati dagli eventi esterni, non hanno la forza né il coraggio di reagire – si collega con quello del coraggio, di affrontare il cambiamento, di andare controcorrente, e poiché le persone coraggiose vengono spesso accusate di tradimento (e da qui tanto si potrebbe dire riguardo i Giusti), ecco che ci si ricollega al titolo.

La narrazione stessa, procedendo a scatti – qualche riga sulle vicende dei protagonisti, un paragrafo sui Vangeli, un paio di frasi sulla guerra, un pensiero politico seguito da uno filosofico, un altro riferimento alla quotidianità – conferma e accentua il senso di sospensione e incompiutezza, delle persone, degli eventi e della Storia. I temi vengono lanciati dall’autore come pietre: al lettore il compito di raccoglierli e soppesarli. Amos Oz non giudica, non consiglia né suggerisce, ma offre degli spunti su cui meditare, presentando le diverse angolazioni e i punti di vista (religioso, etico, filosofico, storico, realistico e utopistico) attraverso cui ogni singolo individuo potrà formare, approfondire e sviluppare la propria singola, individuale opinione, rafforzando ulteriormente il senso di solitudine e sospensione, che va oltre la fine del libro: forse perché la storia procede, con le sue religioni, i suoi tradimenti, i conflitti, gli individualismi, i sognatori e gli eroi, il bene e il male, in un ciclo non concluso.

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