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Svegliare i leoni

di Ayelet Gundar-Goshen Giuntina 2017

Bello, lungo, pungente, sagace, scomodo. Sono queste le parole che vengono in mente quando vogliamo parlare del libro della autrice israeliana, Ayelet Gundar-Goshen. Classe 1982, scrittrice, psicologa e regista, Ayelet con Svegliare i leoni ha vinto il prestigioso Jewish-Quaterly Wingate Prize. Il libro, edito in Italia da Giuntina, si inserisce perfettamente nel filone della narrativa israeliana alla Amos Oz o David Grossman, per citare due tra i più famosi anche qui nel nostro Paese, e a tratti ricordata il romanzo psicologico alla Joyce, con flussi di coscienza costituiti più da domande che risposte. Una narrativa realista, altamente descrittiva delle emozioni umane e dell’influenza che l’ambiente ha su quest’ultimo.

Eitan è un giovane medico israeliano e della sua vita può ritenersi soddisfatto: ha una bella casa, una moglie di cui è molto innamorato, due bellissimi bambini e un buon posto di lavoro, sebbene lavorare nell’ospedale di Be’er Sheva significhi caldo torrido, sabbia del deserto che penetra quasi nell’anima e turni estenuanti.

La vita quasi invidiabile di Eitan procede per il suo corso, finché l’Imprevisto e l’Impensabile (con la i maiuscola, perché la scrittrice ci dà la sensazione che anche essi siano personaggi attivi della storia) non vengono a stravolgerla: in una calda sera, guidando la sua jeep a tutta velocità nel deserto, il giovane medico investe un profugo eritreo che vagava nel buio del deserto del Negev. Eitan, preso dal panico, fugge lasciando l’uomo, mortalmente ferito, al suo triste destino.

“E tu cosa avresti fatto?” ci chiede la scrittrice mentre ci narra di un Israele diverso da quello delle cronache quotidiane, un Israele fatto di zone d’ombra, di clandestinità, di disagio e tabù sconosciuti; un Israele che però può essere anche Europa.

Capirà Eitan che sfuggire alle proprie responsabilità non è possibile: l’indomani davanti alla porta di casa, si presenta Sirkit, affascinate e misteriosa donna eritrea con in mano il portafoglio di Eitan, caduto sul luogo dell’incidente. I due stipuleranno un patto: in cambio del silenzio di Sirkit, il medico dovrà curare i membri la comunità di profughi eritrei, ombre che si muovono nella clandestinità.

Luce e ombra, verità e menzogna, si alternano nelle pagine di questo libro, cercando quasi maieuticamente di mettere in luce i lati più cupi e sordidi di noi lettori. Cosa è la morale? Quanto davvero conosciamo gli altri e noi stessi?

Sirkit costringe Eitan, e noi, a seguirla in luoghi scomodi, bui, maleodoranti, pieni di dolore, sofferenza, menzogna; un limbo infernale, sospeso tra la luce del giorno, la verità, e la notte, la bugia - ovvero la verità nascosta.

Un romanzo “giallo” al contrario, quello della Gundar-Goshen, nel quale conosciamo benissimo l’assassino, ma non come verrà scoperto.

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