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Il farmacista del ghetto di Cracovia

di Tadeusz Pankiewicz UTET, 2016

Di solito si parla e si scrive dei Giusti in terza persona: raramente si raccontano essi stessi. Questo libro rappresenta quindi un’eccezione, in quanto il farmacista del ghetto di Cracovia è l’autore stesso, che narra la storia propria, quella del ghetto di Cracovia in cui viene a trovarsi la sua farmacia, e le storie dei vari protagonisti, oppressi e oppressori.

La vicenda si sviluppa dal marzo 1941 alla fine del 1943, quando gli ultimi reticolati del ghetto vengono smantellati. Nell’arco di tre anni, il farmacista vive immerso in questo mondo a parte, e ne diventa testimone di tutti gli avvenimenti, partendo proprio dai frequentatori della sua farmacia: clienti, amici, ebrei in cerca di aiuto, traditori, SS, ufficiali della Gestapo, carnefici e uomini Giusti. La vita nel ghetto è raccontata con dovizia di particolari: l’attesa e la speranza, gli espedienti per comunicare con l’esterno, le deportazioni e i massacri, gli espedienti per sopravvivere, il coraggio e l’aiuto di tanti Giusti, imprenditori polacchi, medici e anche SS, fino alla disillusione finale, all’aumento dei suicidi e della richiesta di cianuro.

Pankiewicz infatti non si limita a riportare minuziosamente eventi, nomi e luoghi, ma illustra altrettanto precisamente le reazioni degli ebrei del ghetto, dalla speranza per i campi di lavoro in Ucraina, alla ricerca continua di segnali positivi e rassicuranti, fino alla consapevolezza dello sterminio di massa, e mette in risalto come non fossero dominati dalla paura, ma dal desiderio di farcela a sopravvivere.

Il racconto in prima persona è estremamente efficace, in quanto conferisce maggior concretezza – e crudezza – ai fatti; forse meno efficaci dal punto di vista narrativo sono i numerosi elenchi di nomi e la toponomastica, che sembrano rappresentare una sorta di “registro persone scomparse” per i discendenti e i superstiti, ma danno un’identità precisa ai morti, facendoli uscire dall’anonimato impersonale di ebreo del ghetto.

Il libro quindi, oltre che ad essere una preziosa cronaca storica e antropologica, diventa così anche una sorta di cimitero cartaceo, per ricordare le persone e le famiglie sterminate e salvaguardarne la memoria.

Nel box approfondimenti è disponibile in esclusiva un breve estratto del libro, dedicato al campo di Plaszov

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