Parlò della tragedia della Shoah con chiunque potesse incontrare: politici, giornalisti, diplomatici. Ma nessuno a cominciare dal presidente americano Roosevelt gli volle credere. Jan Karski era un polacco, un cattolico, un membro della resistenza, che si battè contro lo sterminio degli ebrei fino al termine della guerra e contro l’antisemitismo dopo la fine del conflitto. Andò in missione segreta in tutta Europa, dalla Francia alla Spagna, alla Gran Bretagna. Portava la sua testimonianza sulla Shoah, chiedeva un intervento per fermare il genocidio ebraico. La sua storia è raccontata nel libro Karski, how one man tried to stop the Holocaust (Karski, come un uomo tentò di fermare l’Olocausto) di E. Thomas Wood e Stanislaw M. Jankowski.
“Karski si rese conto che i governanti avevano altre priorità e non lo volevano ascoltare. Questo fu per lui motivo di depressione, ma grazie a lui sappiamo che l’individuo, se lo desidera, è capace di influenzare la storia. Quando gli Alleati alzarono la voce in favore degli ebrei di Budapest, tardi, molto tardi, nell’estate del 1944, fu grazie a uomini come Jan Karski, che seppe come penetrare nelle loro coscienze”, scrive Elie Wiesel nell’introduzione.