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I Bambini di Teheran

la nuova video installazione di Farian Sabahi

Lettere in ebraico di Gabriele Levy

Lettere in ebraico di Gabriele Levy

La scrittrice, storica e giornalista Farian Sabahi specializzata in Medio Oriente (soprattutto Iran e Yemen), con un’attenzione particolare alle questioni di genere, realizza in collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino (che ospita oltre 2200 opere provenienti da diversi Paesi dell’Asia) il progetto artistico I Bambini di Teheran - una video installazione di circa trenta minuti, poetica, delicata e dirompente, drammaticamente veritiera nei suoi aspetti storici.

Il progetto tratta di un tema poco noto della Seconda guerra mondiale che lega con un unico filo Polonia, Iran e Israele. La storia di 2000 bambini giunti in Iran dalla Polonia nel 1941 in seguito all’invasione anglo-russa del Paese - orfani o abbandonati dai genitori nella catastrofe causata da Hitler - che poterono qui soggiornare in campi profughi dai quali la Jewish Agency organizzava l'espatrio in Palestina (alcuni di loro erano stati per mesi in campi di lavoro sovietici). Un gruppo di 716 bambini ebrei polacchi lasciò Teheran il 1° gennaio 1943 e giunse al Canale di Suez il 17 febbraio dello stesso anno dopo avere attraversato l'Iraq dove gli inglesi avevano sedato la rivolta di Rashid Ali. Altri 108 raggiunsero la Palestina il 28 agosto 1943. In entrambi i casi i minori erano scortati da soldati britannici di fede ebraica. Ricevettero il soprannome di “bambini di Teheran” perché la capitale iraniana era il luogo dove avevano soggiornato più tempo durante le loro peregrinazioni.

Non è la prima volta che la scrittrice si interessa alla vicenda. A partire dal 2008 ha fatto ricerca a riguardo, e dopo diversi anni di lavoro ha costruito una rete di conoscenze che, a sua volta, l’ha portata a intervistare quattro anziani ebrei polacchi incontrati in Israele: i protagonisti del video.

Il continuo alternarsi di piani artistici, storici, visivi, musicali, religiosi e laici attraverso cui si esprime il progetto artistico di Farian fa scoprire al visitatore uno dei periodi più bui dell’Europa del XX secolo, ma anche una storia di accoglienza, di quando fu l’Iran a farsi carico di profughi polacchi, ebrei e cattolici, provenienti dall’Europa. I 4 interpreti del video sono ebrei polacchi che all'inizio della Seconda guerra mondiale scapparono dalla parte del Paese invasa dai tedeschi verso quella occupata dai sovietici. Da qui furono deportati prima nei campi di lavoro in Siberia, poi in orfanotrofi in Uzbekistan, spesso gestiti da istituzioni cattoliche. Una tappa importante del loro lungo viaggio fu appunto Teheran, che il 25 agosto 1941 venne invasa dalle truppe britanniche e sovietiche - si fermarono oltre un anno.

A unire le vicende personali dei quattro protagonisti - consapevoli di essere scampati all'Olocausto e della fortuna di aver ritrovato le loro famiglie in Israele - è la voce fuori campo di un quattordicenne, che a ogni tappa di questo lungo viaggio ricorda al pubblico i fatti storici di quel periodo. Ad accogliere il visitatore al piano nobile dello storico Palazzo Mazzonis (sede del MAO) sono invece le lettere in ebraico Yaldei Teheran (i bambini di Teheran), opera site specific dell’artista torinese-israeliano Gabriele Levy, di madre piemontese e padre ebreo sefardita. Attraverso il linguaggio artistico de I Bambini di Teheran, la collaborazione tra Sabahi e Levy va oltre le invettive dei politici. Di fatto, l'arte si conferma come modalità di superamento delle reciproche differenze e strumento che avvicina le persone.

Colonna sonora dell’esperienza è Elegy for the Arctic di Ludovico Einaudi, brano scelto dall’autrice insieme al compositore torinese.

Un samovar per il tè dà il benvenuto al pubblico con la consueta ospitalità del popolo persiano; come avviene d'abitudine nelle case, prima di entrare nella sala il visitatore è invitato a togliersi le scarpe e accomodarsi sui tappeti a gambe incrociate oppure appoggiando la schiena ai cuscini. Gesti che vogliono alludere a qualcosa di attuale e profondo: “quando si è ospiti, è opportuno rispettare le tradizioni, gli usi e i costumi locali”. Un messaggio che – osserva Farian Sabahi - “va letto anche in chiave contemporanea”.

A completamento dell’installazione - per una migliore comprensione dell’opera - un pannello spiega chi sono i Bambini di Teheran e un altro presenta una cartina geografica con il loro percorso.

La conferenza di inaugurazione e presentazione dell’opera - alla quale interverranno Sarah Kaminski (Univ. Torino), Krystina Javorska (Univ. Torino) e Alberto Negri (Sole24Ore) - avverrà venerdì 26 gennaio 2018 ore 18 presso MAO Museo d'Arte Orientale, che la ospiterà per tutta la sua durata - dal 27 gennaio all’11 febbraio 2018.

Il 13 febbraio l'installazione verrà ospitata nell’Auditorium del Mudec, il Museo delle Culture di Milano.

In concomitanza con il Mese della Memoria - iniziativa giunta alla decima edizione e nata per ricordare le vittime dei genocidi e delle persecuzioni, vecchie e nuove, e riflettere sulle tematiche di integrazione e accoglienza anche alla luce dei più cogenti fatti di attualità - il video I Bambini Teheran sarà proiettato anche in diversi Presìdi del Libro, associazione che si occupa di promozione della lettura attraverso circoli diffusi in tutta Italia, in presenza dell’autrice. Il video è disponibile con testi e sottotitoli in italiano, francese e inglese.

9 gennaio 2018

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