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A Kabul, storia di un salvataggio

di Caterina Doglio

Pubblichiamo di seguito il contributo per Gariwo di Caterina Doglio della Redazione Tg1. 

Kerem Gulay è un cittadino turco, professore universitario a Istanbul. Quando scoppia la crisi in Afghanistan si ricorda che solo pochi mesi prima, a marzo, nell’ambito di una competizione internazionale tra studenti, aveva conosciuto una ragazza di Kabul. Una ragazza che tutti avevano trovato molto irritante perché cercava di vincere la gara ad ogni costo, anche in modo sleale. Adesso il professore si interroga: che sarà di quella ragazza? Non pensa più a lei come a una ragazza antipatica, ma come a un essere umano in pericolo, una persona che come lui ha tanti sogni e progetti, che durante la competizione ha dato il massimo per far vincere la sua squadra…
Sogni e progetti che insieme ai diritti delle donne, delle minoranze stanno per disintegrarsi all’arrivo dei Talebani al potere
. Preoccupato per lei chiede ai suoi studenti di rintracciarla, ma non ci riescono. Lo chiede anche all’ente che aveva organizzato la gara… Niente. La ragazza è introvabile, il suo telefono non risponde. Mara Smith, un’amica e collega americana commenta: "Tu ti preoccupi per questa ragazza e non pensi che sono decine di migliaia le persone come lei che rischiano di morire?".

È in quel momento che il professore decide di agire. Scrive a tutti i suoi amici e colleghi: “Conoscete qualcuno che deve uscire dall’Afghanistan? Qualcuno nel mirino dei Talebani? Politici, attivisti per i diritti umani, artisti, giornalisti, insegnanti?”.
Inizia a raccogliere un elenco di personalità in pericolo, molti nomi glieli segnalerà la sua amica Ara, nonostante si sia appena sposata e in quel momento sia in piena luna di miele. Comincia a raccogliere nomi, curricula, documenti…
Contemporaneamente alla sua ricerca per individuare persone in pericolo Kerem Gulay lancia una raccolta fondi perché all’inizio di agosto ancora spera che con i soldi che ha raccolto riuscirà a comprare dei biglietti aerei per tutti e poi a sostenere i rifugiati nel suo Paese, la Turchia.
La situazione invece precipita… siamo a metà agosto e a Kabul una folla di disperati assedia l’aeroporto, l’unica via di fuga sono i voli militari. A questo punto il professore ha già un elenco di più di 500 persone, in cima (perché in pericolo imminente) ci sono una importante donna politica e due famiglie di avvocati e medici. La famiglia di Ali Ahmad e quella di Mohammed (quindici giorni prima i talebani hanno ucciso suo fratello).
Chiede aiuto a tutti i suoi contatti: importanti esponenti politici di vari Paesi europei, ma anche del Canada, nazione che ha promesso di prendere 20 mila profughi. Scrive a molti giornalisti della stampa internazionale. Nessuno può o vuole aiutare. Nella sua mail arrivano molte risposte automatiche "X è in vacanza, scrivete a settembre”.
Ma non c’è tempo da perdere. Il professore è molto deluso, ma non è il momento per gli stati d’animo. Si sfoga con un suo amico, il fotoreporter italiano Piero Castellano. Anche Piero tenta di fare qualcosa. Tra le persone cui scrive c’è una giornalista della Rai, Caterina Doglio. “Scusami Caterina” - scrive Piero Castellano su WhatsApp - “lo so che sei in vacanza su un’isoletta in Grecia, ma la situazione è disperata. Se potessi aiutare questo professore mettendolo in contatto con qualche politico europeo di alto profilo… Queste persone sono davvero in grave pericolo, scusami ancora se ti disturbo…”.

In questi ultimi anni Caterina ha dedicato gran parte del suo tempo a raccogliere e raccontare le storie, le voci dei testimoni della Shoah. Come quelle della Senatrice Segre, di Edith Bruck, dei testimoni che hanno trovato il coraggio di spiegare agli studenti delle scuole gli orrori vissuti ad Auschwitz. Ha camminato con le sorelle Andra e Tatiana Bucci, con Sami Modiano lungo l’immenso perimetro del campo di sterminio. Ha raccontato al grande pubblico del tg1 della Fondazione Gariwo. Un progetto dello scrittore Gabriele Nissim che, ispirandosi al Giardino dei Giusti di Gerusalemme, ha deciso di creare tanti giardini molto speciali piantando ogni anno degli alberi in ricordo di figure eccezionali, ma spesso sconosciute: coloro che hanno salvato gli ebrei durante il nazismo, coloro che durante altre persecuzioni, in guerra o in una crisi hanno saputo mettersi in gioco e, mentre i più esitavano, hanno scelto di darsi da fare per salvare la vita di persone in pericolo.
Caterina parla con il professore Kerem Gulay, sente la sua voce spaventata, ma determinata. Quando questi le invia la foto del passaporto della donna politica afgana, la donna che i Talebani vorrebbero uccidere, quando guarda il suo viso, nella sua testa vede scorrere i documenti degli ebrei che durante il nazismo tentavano di lasciare l’Europa e tutte le voci dei sommersi e dei salvati che ha raccontato in questi anni si affacciano alla coscienza
Pensa: “Devo chiedere aiuto a qualcuno che mantenga le promesse, qualcuno che sappia muoversi e voglia davvero aiutare”.
Nel suo personale elenco di potenziali benefattori ci sono tre persone. In cima a questo elenco un’amica e collega, Monica Maggioni. Ex presidente della Rai, inviata di guerra, ha tanti contatti, sa cosa vuol dire stare in una area di crisi come l’Afghanistan e sa ancora commuoversi per i propri simili.
La chiama.
“Moni bella, ciao… sì, sono in un posto favoloso in Grecia, una meraviglia... ma ti chiamo perché c’è un’emergenza. Lo so che io sono in vacanza e tu sei al lavoro, scusami tantissimo, ma ho bisogno di chiederti un enorme piacere: c’è da salvare questa donna afgana, una politica. E altre persone in pericolo… Mi ha scritto dalla Turchia un mio amico, Piero Castellano. È angosciato. Dice che questa donna ha le ore contate…
il contatto? è un professore d’università turco…
No Monica, non lo conosco personalmente, ma non abbiamo molto tempo… li ho cercati su Google! Lei è molto famosa ti mando il link a un articolo, ma per quanto riguarda il professore, non so dirti molto, solo che Piero Castellano dice che è una brava persona…”.
Monica ci mette molto poco a decidere. Sa cosa vuole dire la guerra, conosce le storie di chi fugge. Non li ha mai incontrati ma è come se li vedesse lì, davanti ai suoi occhi. Come se di colpo fosse a Kabul. Parla con il ministero degli Esteri, la Difesa… Raccoglie i documenti. La situazione è complicata: una donna politica e due uomini che viaggiano con donne e tanti bambini, il più piccolo ha solo sei mesi.
Ora i 15 afgani in pericolo sono contemporaneamente su tre elenchi: quello del professore turco, quello delle autorità italiane che stanno gestendo le evacuazioni e presumibilmente quello dei talebani che cercano i dissidenti per impedire che fuggano.
A Roma, a Istanbul, su un’isoletta greca un gruppo di persone punta la sveglia ogni notte alle 2 in modo da essere tutti operativi. Bisogna essere pronti prima dell’alba di Kabul quando arriverà il segnale per l’evacuazione.
Non c’è più un minuto di sosta. Di giorno e di notte Monica tiene i contatti con i militari che in una situazione ad altissimo rischio sotto la guida del generale Portolano stanno procedendo alle evacuazioni. Il professore invece parla con le famiglie afgane. E poi ancora con Monica. Per molti giorni tutto va storto.
A Kabul i quindici da salvare non arrivano mai al posto giusto
, cioè al gate dell’aeroporto Hamid Karzai dove i militari italiani li aspettano. Al professore Kerem Gulay che monitora in diretta telefonica, di volta in volta dicono: “C’è troppa confusione, siamo fermi a un kilometro di distanza… impossibile arrivare al luogo dell’appuntamento all’ora giusta… c’è stata una sparatoria... ci sono i talebani che impediscono di avvicinarsi… i bambini sono svenuti... le donne si sono fatte male nella calca…”. Intanto a Kabul la situazione è sempre più dura. Dalla capitale afgana arrivano immagini strazianti di persone che assediano l’aeroporto, di mamme che sollevano i figli sopra il filo spinato per affidarli ai militari stranieri.
Il professore è paziente con tutti. Non perde di vista l’obiettivo. Dorme qualche ora ogni tanto. Passa tutto il tempo al telefono. Lui e Monica non smettono un minuto di incoraggiare le famiglie afgane, di farle ragionare quando stanno per rinunciare. Finalmente arriva la notizia che la donna politica è riuscita con grande sangue freddo a non muoversi nonostante ci sia stata una sparatoria, non ha perso il suo posto davanti al gate e alla fine i militari italiani l’hanno individuata e salvata. Non possiamo ancora dire il suo nome perché la sua famiglia è ancora in Afghanistan.
Gli altri sono rimasti indietro. La squadra si sta demoralizzando. Si sta facendo largo anche l’ipotesi che le due famiglie di Mohammed e Alì Ahmad non ce la faranno. Kerem e Monica li incitano a non mollare. A trovare ancora la forza di riprovare. Sono ore di messaggi, di whatsapp, di telefonate piene di angoscia. Monica non si vuole arrendere e intanto pensa… “come facciamo a far individuare queste persone in mezzo alla calca di migliaia di disperati? È vero che i loro nomi sono sull’elenco per l’evacuazione, ma se non arrivano a farsi riconoscere non riusciranno mai a entrare…”
A un certo punto ha un’idea... Dice loro: “Domani venite con un lenzuolo bianco e quando arrivate vicino apritelo sopra le vostre teste, questo è il segnale”. È la svolta. I militari italiani li individuano, fanno attraversare loro il canale di scolo di Abbey Gate. Sono in aeroporto, salvi.

Sono passati appena otto giorni da quando il professor Gulay ha mandato i nomi e i documenti di identità degli afgani da salvare a Caterina. Otto giorni in cui si è formata una squadra composta da persone che al cinquanta per cento nemmeno si conoscevano tra loro e si trovavano in luoghi diversi. Istanbul, Roma, in vacanza su un’isola greca, in America in viaggio di nozze, a Kabul. In soli otto giorni, lavorando di giorno e di notte, elaborando schemi e soluzioni, tra pianti, arrabbiature, esortazioni, implorazioni sono riuscite a strappare ai Talebani quindici persone che rischiavano di morire. L’evacuazione è finita, l’aeroporto è sotto il controllo dei Talebani, ma il professore non ha dimenticato gli altri nomi sulla sua lista e può darsi che in futuro si aggiungano altri capitoli a questa storia.

Caterina Doglio

Analisi di Caterina Doglio, giornalista RAI

6 settembre 2021

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