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​Agnes Heller, mettere in pratica l’Europa

di Laura Boella

Agnes Heller

Agnes Heller

Pubblichiamo di seguito l'intervento di Laura Boella, docente di Filosofia morale all'Università degli Studi di Milano, in apertura alla Lectio Magistralis della filosofa ungherese Agnes Heller durante l'incontro Cosmopolitismo: filosofia, rifugio, destino all'Università di Milano il 24 ottobre 2018.

"Agnes è una degli ultimi intellettuali cosmpoliti dell’Europa centrale della sua generazione con un vivo interesse nell’intera gamma della conoscenza e dell’esperienza umana. … Ciò che ammiriamo di Agnes come intellettuale è il suo essere una pensatrice indipendente (Selbstdenker), che odia tutti gli “ismi”, che ha avuto il coraggio di criticare, ripensare e rivedere le sue convinzioni più care, e che si avvicina alle esperienze della vita con freschezza e vitalità sempre rinnovate. Ciò che ammiro di più di Agnes in quanto persona è il suo essere davvero una persona per bene: generosa, premurosa, fedele agli amici, sensibile alla sofferenza degli altri e sempre vivace. Non c’è traccia di risentimento in lei. Il suo essere nel mondo incarna ciò che Hannah Arendt chiama amor mundi. Si esce dall’incontro con Agnes Heller sentedosi sempre più vivi e in sintonia con il mondo”.
Richard Bernstein, p. 87 in Engaging Agnes Heller. A Critical Companion, 2009 a cura di Katie Terezakis

Per Agnes Heller la filosofia è stata e continua a essere un’interrogazione costante sui grandi enigmi della storia del ‘900, che hanno trovato la loro manifestazione in Auschwitz e nei Gulag. Richard Bernstein parla di Heller come figura cosmopolita. Il tema di oggi è il cosmopolitismo e vorrei aggiungere che nella sua lunga vita filosofica il cosmopolitismo, condiviso con i membri della scuola di Budapest e con altri intellettuali della sua generazione, va visto anche sotto il profilo di un “mettere in pratica l’Europa” (vedi Emilia Palonen, ‘Practising Europe’: Georg Lukács, Agnes Heller, and the Budapest School, in M. Jalava, S. NYgard, J. Strang (eds.), Decentering European Intellectual Space, Brill, Leiden 2018, cap.9).

L’emigrazione (1977 Australia, 1986 Stati Uniti), che segna il percorso intellettuale di Heller, prima ancora della caduta del Muro, significò la sfida alla divisione tra Est e Ovest e lo sforzo di portare, oltre le frontiere, a un livello internazionale globale il pensiero critico nato nel centro Europa. Trascendere i conflitti in Ungheria ed esplorare le lotte e le contraddizioni altrove. L’Europa messa in pratica si rivela uno spazio di interazioni tra realtà regionali, nazionali e globali. La sua identità viene prodotta da pratiche intellettuali e esistenziali come quella di Heller, che è riuscita a scrivere e pensare in un orizzonte globale partendo dai conflitti e dai dilemmi di una parte dell’Europa, assumendo la responsabilità della sua posizione eccentrica rispetto all’Est e all’Ovest. Agnes Heller, con la sua instancabile riflessione, ha contribuito a far sì che eventi come il ’56 ungherese, la rinascita del marxismo negli anni ’60 e ’70, il ’68 praghese, l’attività di intellettuali e filosofi ungheresi, cechi, iugoslavi, polacchi e tedeschi (gli incontri di Korcula intorno alla metà degli anni 60 sono emblematici) esercitassero un influsso a livello europeo e americano.

Il suo desiderio di impegnarsi in un dibattito intellettuale di ambito più ampio rispetto a quello associato ai tentativi di riforma dei Paesi di socialismo reale non ha fatto però di lei un’intellettuale “sradicata” come potrebbe sembrare. Una delle sue radici maggiori è l’Europa, lo spazio di un’eredità culturale condivisa che all’inizio le fu precluso. Il primo viaggio in Italia, come racconta, nutrì l’Uomo del Rinascimento (1967) così come l’importanza di Shakespeare. Varcare i confini con l’immaginazione, scrivere in termini universalistici. Dal 2010 Heller riprende le sue radici di intellettuale ebrea ungherese, aggiungendole a quelle che affondano in Australia e a New York, e oscilla tra centro e periferia, indicando con questa oscillazione che i confini dell’Europa non sono quelli fisici, bensì quelli di processi transnazionali che modellano il pensiero europeo. Il pensiero e i pensatori sono transnazionali e le reti della loro attività, le loro amicizie, incontri, scambi, contatti sono cruciali per un collegamento di realtà regionali, nazionali e globali e per sfidare l’antiintellettualismo tipico del populismo di destra.

Laura Boella, docente di Filosofia morale all’Università degli Studi di Milano

Analisi di

25 ottobre 2018

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