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'Auschwitz non finisce mai' recensito da Internazionale

L'opinione di Eva-Kristin Urestad Pedersen

Questa recensione è apparsa su Internazionale n. 1489 (2 dicembre 2022) 

Da non ebrea è difficile recensire Auschwitz non finisce mai di Gabriele Nissim. Il terrore dell’olocausto rimane un argomento che non posso capire fino in fondo. Ma proprio per questo apprezzo il libro di Nissim. Non solo per l’importante racconto delle battaglie del giurista polacco Raphael Lemkin per ottenere il riconoscimento del termine “genocidio”, ma forse soprattutto per le considerazioni che l’autore fa sull’identità ebraica dopo Norimberga. 

Il suo approccio onesto e sereno mi dà il coraggio di pronunciarmi, anche perché accende dibattiti che non riguardano solo gli ebrei, ma tutti coloro che si sentono costretti a scegliere tra diverse possibili identità per poter vivere serenamente. Per Nissim la scelta era tra quella italiana e quella ebrea. Ho lavorato molto tempo in Ucraina e visto un dilemma simile qualche anno fa, nella ormai distrutta Mariupol, una città sorprendentemente cosmopolita in cui gruppi di greci, ungheresi e polacchi combattevano per poter mantenere la propria identità insieme a quella ucraina. 

Le circostanze furono diverse ma il dilemma è simile, e se vogliamo veramente dare valore all’individuo dobbiamo cercare di capirlo.

Analisi di

2 dicembre 2022

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