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​Carpe diem

di Cristina Miedico

Gabriele Nissim ha la grande capacità di spingere ciascuno di noi a prendere coscienza del proprio presente, ciascuno dal proprio punto di vista. Il mio dovrebbe essere quello di una persona nutrita di archeologia classica, che lavora nei Musei e il cui desiderio più forte è quello di generare senso di appartenenza al patrimonio culturale e bisogno di cultura. Per lavoro devo necessariamente dare importanza al tempo, o meglio alla cronologia degli avvenimenti, una cronologia necessaria a dar senso all’agire delle Persone, allo svolgersi degli eventi, alla realizzazione delle opere d’arte, nel corso dei millenni. Mi dedico ad epoche lente e lontane, pur essendo di indole frenetica, una che ha sempre inseguito la vita come se qualcosa stesse per scapparle di mano, con tale impeto da rischiare di non godersi alcuni momenti fondamentali.

Hai voglia a ripetermi che il tempo è un lusso! Evidentemente non sono mai riuscita a capire il significato di ciò che stavo ripetendomi. Eppure gli antichi, da cui traggo spesso ispirazione, tra pestilenze e carestie avevano molto chiara l’idea della fugacità del tempo e della vita: oggi ci sei, domani forse no, domani la tua vita potrebbe essere completamente sconvolta e quindi, impara ad apprezzare quello che hai oggi, fai tesoro di ogni momento, cogli l’attimo, non confidando per nulla nel domani. Carpe diem, quam minimum credula postero, scriveva Orazio poco prima della nascita di Cristo. Ma cosa significa cogli l’attimo? Temo di non averlo mai capito del tutto. Ho sempre pensato che Orazio intendesse ‘Cogli ogni frutto possibile, fai il più possibile nel tempo a tua disposizione’, ma oggi mi viene il sospetto che il senso fosse un altro ‘Prendi tutto il tempo necessario per goderti quel momento senza preoccuparti di ciò che potrebbe accadere dopo’. Ciascuno pensi all’interpretazione che gli pare più corretta.

Il calendario della settimana del 24 febbraio recitava questa frase: Impara a far tesoro di ciò che hai, prima che il tempo ti insegni a far tesoro di ciò che avevi. Quando lessi la frase non ci feci gran che caso. Lavoravo alla presentazione del progetto Slow Lake, legato al turismo culturale e sostenibile sul Lago Maggiore, un turismo lento, che dia il tempo di godere del paesaggio e dei monumenti storico artistici del territorio, a piedi o in bicicletta; avrei dovuto presentarlo il 7 marzo alla fiera Fa’ la cosa giusta! Ecco, la cosa giusta da fare sembrava già essere per tutti imparare a tornare alla lentezza, recuperare il valore della lentezza era una necessità già presente nell’aria. Evidentemente non l’abbiamo capito in tempo e ora la lentezza non è più un valore da riconquistare, ma un obbligo, una necessità. È trascorsa quasi una settimana da che siamo fermi e ora il senso di quella frase letta sul calendario è completamente cambiato. In pochi giorni siamo passati da un inconsapevole e ambizioso #ilvirusnonciferma a un prudente e spaventato #iorestoacasa. Ora siamo fermi, necessariamente fermi, tutti concentrati a rallentare le nostre vite al fine di rallentare la diffusione del contagio. I primi giorni sembrava difficilissimo trovare il modo di riempire tutto quel tempo da trascorrere agli arresti domiciliari volontari. Pensavo inizialmente di rendermi utile mettendo online proposte culturali utili, ho anche cominciato a provarci, mi sono però accorta presto che in realtà nella gestione di figli, casa, lavoro da remoto, chat della scuola, parenti stretti e meno, il tempo a disposizione non era poi così tanto, anzi!

Oggi Gariwo mi chiede una riflessione, magari legata al mio ambito professionale ma, perdonatemi, la vita che mi circonda ha preso pieghe molto preoccupanti. Sono arrivata a pensare, in pochi giorni, che la nostra responsabilità più grande in questo momento non sia più solamente leggere o far leggere, finalmente, quel libro, imparare e insegnare cose nuove o raccontare a tutti il significato della danza delle Matrone di Angera.

Questo mi sembra ora il tempo per fare poche cose semplici: aiutare il più possibile sanitari, medici e infermieri, fare ciò che ci chiedono, possibilmente cucinare per loro e lasciargli la cena davanti alla porta di casa, sostenere chi in questa situazione necessariamente deve lavorare fuori casa, tenere tranquille le persone anziane o malate, aiutare anche per telefono chi va a scuola o studia a continuare a farlo, fare una telefonata alle persone che sappiamo essere sole, mettere una torta di fronte alla porta del vicino magari triste e spaventato, un bigliettino sotto la sua porta, mettere qualche soldo da parte perché domani sicuro a qualcuno serviranno, ripetere continuamente a noi stessi e agli altri che tutto andrà bene, se saremo uniti e ci daremo una mano uno con l’altro.

Carpe diem, cogliamo l’attimo, abbiamo di fronte molte settimane per sfruttare al meglio questa occasione, questo è il momento per rinforzare e consolidare il nostro essere Umani, questa è una occasione eccezionale per riscoprire quanto siamo fragili, quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri, quanta tranquillità conceda il solo fatto di ricevere un pensiero di condivisione, quanta gioia dia poter dare una mano.

Se dopo aver fatto tutto ciò che è necessario e anche ciò che è superfluo nelle relazioni umane, se allora vi avanzerà del tempo, vi consiglio di visitare il sito di Gariwo o di qualche Museo che offra percorsi virtuali, capaci di farci venire la voglia di andarci dal vivo, non appena potremo farlo!

Cristina Miedico, Curatrice del Civico Museo Archeologico e Diffuso di Angera

Analisi di

16 marzo 2020

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