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Come Lukashenko rimuove la Shoah e cerca il controllo sulla Storia in Bielorussia

di Gabriele Nissim

Il totalitarismo comunista ha sempre cercato di rimuovere l’identità ebraica delle vittime del nazismo, negando così la specificità del destino ebraico. Fino al 1989 dalla Polonia, alla Russia, all’Ucraina la narrazione comunista parlava genericamente di vittime del capitalismo durante la Seconda guerra mondiale e, così, censurava le caratteristiche dell’antisemitismo nazista e impediva un percorso di purificazione morale nei Paesi dell’area sovietica.

Recentemente, il dittatore della Bielorussia Alexander Lukashenko si è rifatto a questa tradizione sovietica e, nella camera dei rappresentanti, la deputata Lilia Ananich ha presentato una proposta di legge sul genocidio del popolo bielorusso dove non si fa più alcuna distinzione tra le 800 mila vittime ebraiche e quelle della popolazione durante la guerra. Con questa legge diventa un crimine, che porta a una condanna di cinque o dieci anni, negare che i nazisti e i gruppi nazionalisti abbiano commesso un genocidio contro il popolo bielorusso. Lo scopo di questa legge, secondo la Ananich è quello di “preservare la memoria storica e la sicurezza nazionale”.

Con questa proposta, il regime di Lukashenko cerca strumentalmente di presentare il suo Paese come un difensore della memoria della Seconda guerra mondiale per giustificare la repressione interna. Non viene esplicitamente detto, ma chi oggi si batte per i diritti umani farebbe parte delle stesse forze che portarono al genocidio in Bielorussia. Con questa legge il regime si proporrebbe di controllare il dibattito storico per fini politici. Come osserva su Haaretz, Leonid Smilovskij, uno dei più grandi studiosi della Shoah “in Bielorussia, in assenza della libertà di parola, di una magistratura autonoma, del diritto a un'adeguata rappresentanza in tribunale, dei diritti alla vita, alla salute e alla proprietà, chiunque esprima opinioni indipendenti o dissenzienti può essere accusato ai sensi della legge che nega il genocidio del Popolo bielorusso.”

Cosa significa parlare genericamente di genocidio dei bielorussi nel Paese in cui sono nati straordinari talenti ebrei come Marc Chagall, Isaac Asimov e Chaim Weizmann? Secondo il prof. Smilovskij significa dimenticare che nessun bielorusso è stato ucciso in quanto bielorusso, ma soltanto gli ebrei sono stati annientati con la colpa di essere nati. Ci sarebbero stati due destini. I bielorussi che sono morti perché per scelta hanno deciso di combattere il nazismo (altrimenti avevano una possibilità di sopravvivere) e invece gli ebrei che con l’avvento del nazismo non avevano più diritto di esistere.

Per lo studioso, bisognerebbe avere l’onesta intellettuale di ricordare le storie differenti.

Invece, in questo modo, la vera storia dell’Olocausto in Bielorussia viene rimossa. Non è un caso che i cimiteri ebraici che sopravvissero all’occupazione siano stati distrutti dopo la guerra e nel 2015 sia stata approvata una legge che impone la demolizione di tutti i cimiteri che non sono stati ispezionati per cinquanta anni. E non è un caso che non esista nelle scuole e nelle università un corso sulla storia dell’Olocausto in Bielorussia e nemmeno un memoriale che ricordi i 960 Giusti bielorussi che andarono in soccorso degli ebrei.

Questo annacquamento della memoria non solo non permette che in Bielorussia ci sia una attenzione alla storia dell’antisemitismo, ma impedisce che, tra bielorussi ed ebrei, possa così esserci a livello di memoria un'apertura empatica sul loro passato comune.

Infatti, dopo le proteste scaturite da questa legge, immediatamente le autorità bielorusse hanno accusato gli studiosi ebrei di non essere solidali con le sofferenze del popolo bielorusso a seguito dell’occupazione nazista e di guardare solo al loro destino particolare.

Evgeny Vorobyev, l’ambasciatore bielorusso in Israele, ha inoltre strumentalmente dichiarato che a differenza degli ebrei “la Bielorussia non ha mai misurato il dolore della Seconda guerra mondiale su basi etniche. Anche adesso, nessuno dividerà il sangue versato in bielorussi, ebrei, russi, tartari o ucraini. Tutte le vittime erano a quel tempo membri della stessa famiglia multinazionale e avevano la stessa cittadinanza dell'URSS.”

Così, la distorsione della Storia porta alla divisione tra i popoli. È quello che vogliono sempre i dittatori che possono governare solo creando contrapposizioni.

A questi link il dibattito tra l’ambasciatore bielorusso e il professore israeliano

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

14 gennaio 2022

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