DA STOCCARDA – Una crisi di egemonia politica, ampia e generalizzata, sembra scuotere alle fondamenta la Germania in queste ultime settimane. Quello che non era riuscita a fare la crisi migratoria del 2015 (nonostante le percezioni distorte promosse, anche in Italia, da certa stampa) – ovvero mettere in scacco la Merkel, il suo partito e il governo – è riuscito a farlo il virus. Sono lontani i tempi della prima ondata di pandemia in primavera, quando tanti tedeschi avevano apprezzato e supportato il governo e il suo operato. Troppi gli scandali, troppi i ritardi e la confusione attorno alla pandemia, – e lo stop imposto ieri alla somministrazione del vaccino di AstraZeneca rischia di assestare un altro durissimo colpo.
Una fiducia, quella di moltissimi cittadini nei confronti del loro governo e delle istituzioni europee, anch’esse ritenute responsabili di inefficienze e ritardi sui vaccini, che sembra vacillare come non mai. Il tutto al primo passaggio – le elezioni svoltesi domenica negli stati del Baden-Württemberg e della Renania-Palatinato – di un fitto anno elettorale che culminerà nel voto nazionale di settembre. E sono tanti i punti interrogativi che si sommano, a partire da chi raccoglierà il testimone della Merkel, per puntare alla cancelleria sul versante conservatore. In seguito alla batosta elettorale di domenica, anche Armin Laschet, dopo Annegret Kramp-Karrenbauer, sembra vedere ridotte al minimo le sue chance per la successione. Ora si parla molto, in ipotesi, di Markus Söder, l’attuale governatore della Baviera; ma è ancora presto per scommetterci, e non sono pochi i punti interrogativi per una figura lontana anni luce dall’autorevolezza e dalla credibilità politica della Merkel.
Un recente sondaggio di Infratest dimap, effettuato sia nel Baden-Württemberg che nella Renania-Palatinato, ha riscontrato che solo circa un terzo delle persone è ancora soddisfatto di come è stata gestita la pandemia – e in entrambi gli stati più persone incolpano il governo federale che quelli locali e statali. Questo, oltre a una bocciatura del già ricordato Laschet, è alla base della debacle elettorale della CDU. Niente rivoluzioni ecologiche alle porte, a ben vedere – i voti andati in Baden-Württemberg ai Verdi premiano una figura moderata e in parte conservatrice come Winfried Kretschmann, già al governo con la CDU peraltro (alleanza impensabile, fino a qualche anno or sono).
Un voto storico, comunque lo si guardi, quello di domenica, non solo per le ripercussioni nazionali e le prospettive che si aprono: un tempo roccaforte conservatrice, la CDU della Merkel non aveva mai fatto un risultato peggiore da queste parti. Presto per cantar vittoria, sia per la SPD, vincitrice in Renania-Palatinato, che per i Verdi: la catastrofe economica per le classi medie e basse, qui in Germania, è ancora tutta da metabolizzare e calcolare, anche politicamente. Parlo delle conseguenze del Covid, chiaramente. Basta fare due passi nelle nostre città tedesche, fra negozi e attività chiuse per sempre e un’incertezza sul futuro, assai poco tedesca, che pesa su larga parte delle persone che conosco.
Significativa, comunque, anche la grave sconfitta della nuova destra dell’AfD, che molto aveva calcato l’insoddisfazione – concreta e diffusa – nei confronti della gestione del Covid. I numeri parlano chiaro: anche in questi tempi inquieti, non risultano credibili come alternativa al sistema, per quanto sofferente questo possa essere. La cronica mancanza di leader credibili, sia a livello nazionale che locale, ha fatto il resto. Non bene, sul versante politico opposto, anche la Linke, che però perde voti in misura più ridotta.
Sul voto di domenica e la crisi della Cdu hanno pesato, oltre alla questione Covid, anche scandali e accuse rispetto al sistema di corruzione operato dall’Azerbaijan in Germania. Fra le varie figure coinvolte, l’attenzione è concentrata in particolare sul deputato Axel Fischer della CDU, i cui uffici e abitazioni sono stati perquisiti all'inizio di marzo per sospetto di corruzione, e sul deputato Mark Hauptmann, sempre dello stesso partito. L'immunità di Fischer è stata di recente revocata per rendere possibili le indagini. Hauptmann, che si presume sia anche coinvolto in traffici illegali di mascherine, si è dimesso sotto la pressione pubblica l'11 marzo.
La Germania, e senza dubbio anche l’Europa, stanno rischiando di perdere credibilità e peso, in questa crisi. Mentre si allungano – come ho avuto modo di vedere qui a Stoccarda – le code alle mense dei poveri; mentre tante carriere finiscono per essere danneggiate o stroncate (nuovi licenziamenti, si riferisce, arriveranno nei prossimi mesi), e tanti settori del mondo del lavoro – dai liberi professionisti al mondo della cultura – stanno soffrendo una cronica mancanza di sbocchi presenti futuri, sono tanti, troppi, i punti interrogativi che pesano sul nostro presente.
La Germania del dopo-Merkel è ancora tutta da immaginare, come anche un’Europa che riesca, senza le sue capacità personali di tesserne le fila e sostenerla, a risollevarsi dalla Brexit e dagli errori compiuti durante la pandemia. Mai un’epoca, dal secondo dopoguerra, era stata caratterizzata da un’incertezza così profonda in Germania. Viviamo in tempi interessanti e, insieme, pericolosi.