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Con Panetta al Giardino dei Giusti

di Marco Marchei

Marchei, Nissim, Khatchadourian, Kuciukian e Panetta al Giardino

Marchei, Nissim, Khatchadourian, Kuciukian e Panetta al Giardino

Riprendiamo con piacere le parole di Marco Marchei, grande atleta e giornalista, in seguito all'inaugurazione del Giardino dei Giusti di Milano.


Dalle parti del quartiere QT8 mancavo da un bel po’. In altri tempi, quando correvo per la Pro Patria, ci venivo quotidianamente, e anche due volte al giorno. Se non era per le ripetute sulla pista del Campo 25 Aprile o per girare intorno all’ippodromo del galoppo, era per il “collinare” su e giù per le balze della Montagnetta di San Siro, magari con i miei compagni di squadra Alberto Cova, Francesco Panetta, Gaetano Erba.

Tornarvi è fare ogni volta un tuffo nel passato, anche se le facce non sono più quelle di una volta. Oggi l’unico viso familiare è quello di Giorgio Rondelli, il mio allenatore di allora, l’immarcescibile maestro di atletica che in quel luogo sacro ai runners staziona da almeno cinquant’anni.

Ieri mattina al Montestella non sono andato per confrontarmi con i miei ricordi, ma con un altro tipo di memoria. Da oltre 15 anni, infatti, la “montagna di Milano” ospita non più solo runners o bikers in cerca di sterrato cittadino, ma anche i visitatori del Giardino dei Giusti di tutto il Mondo.
Uno spazio, cito testualmente, «di dialogo e di educazione alla responsabilità personale che onora le donne e gli uomini che in ogni parte del mondo hanno aiutato le vittime dei genocidi, delle persecuzioni, dei regimi totalitari. Uno spazio che mostra come ogni essere umano abbia la possibilità di diventare un argine nei confronti delle ingiustizie o dei crimini contro l’umanità».
Uno spazio magico, insomma, che ieri ha ricevuto la sua consacrazione dopo aver avuto finalmente una definitiva e funzionale strutturazione architettonica, con i cippi che ricordano i Giusti delle Nazioni non più persi nell’erba alta e invece ben distribuiti al lato dei nuovi camminamenti.
C’era tanta tanta gente al taglio del nastro da parte della senatrice a vita Liliana Segre, una dei pochi sopravvissuti all’Olocausto. Nelle sue parole quell’umanità che oggi sembra destinata a perdersi e un richiamo concreto contro l’indifferenza. Altri hanno messo in guardia contro la facile retorica, indicando semplicemente il Giardino come luogo del bene, della responsabilità, dei valori morali.

Ogni tanto, a margine della folla, passava qualche runner domenicale. D’altra parte la Montagnetta resta un luogo privilegiato per la corsa. E comunque non è un caso che sia stata scelta come location privilegiata per il Giardino dei Giusti. Racconta Gabriele Nissim, il presidente di Gariwo, l’uomo che dell’attività per la memoria ha fatto una vocazione e, di fatto, il propositore e l’artefice del Giardino, che al sindaco Albertini che gli chiedeva perché proponesse proprio quella location, rispose candidamente: «Perché è dove corro».
Il mondo del running, da parte sua, era ben rappresentato, con Silvio Omodeo, Giampaolo Gualla, Stefano Pizzi e Laura Pace ad accompagnare la corsa dell’ultramaratoneta armeno, ambasciatore di pace, Ara Khatchadourian. E ancor di più con la presenza di Francesco Panetta, il campione del mondo ed europeo dei 3000 siepi, che sui sentieri del Montestella ha gettato le basi della sua prestigiosa carriera, a testimoniare la magia di un posto che si propone ancora come luogo di costruzione di “cose” davvero importanti: ieri i suoi titoli sportivi, oggi (e domani e sempre, si spera) il dialogo, il rispetto, la tolleranza, la pace.

Marco Marchei, atleta e giornalista

Analisi di

9 ottobre 2019

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