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Fermare il negazionismo ricordando i Giusti

di Baykar Sivazliyan

Quest'anno ci accingiamo a commemorare il 99° anniversario del Genocidio degli Armeni. Il Genocidio è stato il risultato di una terribile ideologia che si radicò nella mente e nell'anima dei Giovani Turchi, per salvare il salvabile dell'Impero ottomano, ormai da decenni “Malato d'Oriente”. L'Occidente fece la sua parte, sostanzialmente senza muovere un dito per fermare la carneficina, logorato a sua volta dal dramma della Prima Guerra Mondiale.     

L’annientamento della popolazione armena da parte dell’Impero ottomano è il punto culminante di questo processo storico, e la mancanza di reazioni significative ed efficaci da parte della comunità internazionale alle nefande conseguenze dell’oppressione e della repressione nei confronti di un popolo intero costituì senza dubbio un importante precedente dell’Olocausto.

L’orrendo e sistematico sterminio delle popolazioni armene, oltre alle motivazioni nazionalistiche appena citate, è stato aiutato dalle origini antiche e profonde, radicate nel contesto della cultura islamica, dove la Sharija impone un modo di vivere che oltrepassa i confini della fede, stabilisce un complesso di norme dottrinali intangibili ed infallibili, che invade il tessuto sociale e politico della nazione - e si vedrà tragicamente nei fatti concreti - subordinando e assoggettando gli infedeli, imponendo restrizioni ai loro diritti sociali e politici.

Oggi, purtroppo, gli armeni devono fare i conti, oltre all’entità delle distruzioni umane e materiali, con un ottuso atteggiamento negazionista e accusatorio degli esecutori e con la mancanza di reazione del mondo esterno: la stessa Commissione di inchiesta Anatolica, nominata nel 1919 per le pressioni congiunte esercitate dalle Potenze vincitori della Prima Guerra Mondiale, non fu efficacemente risoluta nel condannare e punire i carnefici. Nel maggio del 1915, a Genocidio avviato,  gli Alleati - nella dichiarazione congiunta Foreign Relations of the United States – esprimono una condanna esplicita per i massacri, la connivenza e l’assistenza delle autorità ottomane, introducendo per la prima volta il termine di crimine contro l’umanità e ritenendone direttamente responsabile la Sublime Porta.

Di contro, il governo ottomano rispose dissimulando le vere intenzioni del massacro che però nel frattempo continuava a perpetrare in nome della sovranità dello Stato e della difesa delle proprie frontiere contro i traditori infedeli, senza doverne dare conto a governi stranieri. Chi organizzò e pianificò il genocidio si preoccupò allo stesso tempo di cercare di nascondere la verità. Per fare in modo di negare la premeditazione del massacro, i turchi deportarono la popolazione armena con il pretesto della guerra in corso; inoltre per effettuare la deportazione di queste persone vennero incaricate alcune tribù curde, in modo da coprire le responsabilità dei funzionari governativi.

Oggi una buona parte dell'armenità fonda le sue speranze e le radici della propria ferma convinzione nel fatto che a smuovere l'incrostazione ormai cronica del negazionismo statale turco sarà il ricordo e la valorizzazione dei Giusti per gli armeni. La figura di un governatore ottomano che si rifiuta di eseguire gli ordini ricevuti per la deportazione degli armeni della sua provincia, il semplice contadino turco che nasconde i bambini dei suoi vicini armeni deportati, possono costituire un inizio di un itinerario di pace e di comprensione, fra i discendenti dei sopravvissuti e i nipoti dei responsabili.

Gli armeni e i turchi sono “condannati” a convivere per i secoli a venire, le nuove generazioni delle due parti farebbero bene a iniziare un dialogo, guardandosi negli occhi e ricordando  semplicemente le gesta di coloro che non hanno girato la testa dall'altra parte.

Baykar Sivazliyan, Presidente dell'Unione degli Armeni d'Italia

Analisi di

22 aprile 2014

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