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Gli eroi

di Claudio Tondo

Una delle foto simbolo degli infermieri impegnati nell'emergenza Covid19

Una delle foto simbolo degli infermieri impegnati nell'emergenza Covid19

È un tempo maturo per la riflessione e mi avvantaggio di una posizione privilegiata, quella di essere medico. La sirena dell’emergenza suona all’impazzata e mai come ora le figure infermieristiche e mediche sono chiamate a fronteggiare un nemico invisibile e, a tratti, quasi imbattibile. Gli eroi, così vengono ormai definiti, sono in prima linea, quasi ad evocare gesta sovrumane, capaci di una resilienza forse sconosciuta fino ad ora.

Perché eroi? Per la nostra innata capacità di non conoscere un vero limite temporale alle nostre giornate in trincea? Per essere così intrepidi ad affrontare il nemico “invisibile” anche a costo di rimanere a lui avvinghiati e, purtroppo in alcune drammatiche circostanze anche soccombere? O piuttosto questo non è nulla di eroico, e ogni atto medico, piccolo o grande che sia, è figlio di ciò che ciascuno di noi riconosce come atto dovuto, eticamente e moralmente legato a quel giuramento di Ippocrate, vera, unica e perenne fonte battesimale della nostra missione quotidiana.

Siamo chiamati in questa ora di emergenza e tragedia universale ad assistere, curare, confortare, ma non è forse ciò che ci viene richiesto comunque e sempre? Certo a situazioni eccezionalmente gravi, deve rispondere un’azione eccezionalmente forte e le figure sanitarie tutte sono preparate e pronte a questo richiamo.

Ma attenzione a non cadere nel tranello dell’osannare; il costrutto interiore del medico, dell’infermiere, lo spessore e forza psicologica di noi tutti ci guidano a eseguire ciò per cui siamo chiamati: preoccuparci della salute fisica e psicologica di ogni paziente comunque e sempre in qualsiasi circostanza e tempo.

I mezzi di comunicazione talora sono veicolo di notizie a carattere iperbolico, senza notare che questi “eroi” sono “eroi” tutti i giorni; la dedizione, la passione, l’impegno indefesso è il nostro viatico quotidiano. Talora ho assistito a un volteggiare disinvolto, anche nell’ambito dell’informazione televisiva, dallo svilire medici e operatori sanitari a una sorta di venerazione per il ruolo svolto come “supereroi” civili. Questa oscillazione di atteggiamenti è espressione di una miopia intellettuale che contagia e influenza il giudizio sull’azione quotidiana degli operatori sanitari, che rimane sempre la stessa nell’offrirsi agli altri indipendentemente dalle circostanze.

Certamente, qualsiasi condizione di crisi favorisce mutamenti comportamentali e impone riflessione. Stiamo assistendo ad atteggiamenti di solidarietà, come è giusto che sia, nella sopita speranza che questo possa tramutarsi nel futuro in buone abitudini e migliorate relazioni interpersonali. Per ora, il sentimento di unità e l’aggrapparsi alla “pietas” medica favorisce una sorta di terapia del dolore e del sentirsi soli.

Chissà se tutto ciò avrà una conseguenza nei nostri atti quotidiani, delle nostre priorità, quasi a impostare una nuova scala di valori. Temo che questo rimanga una mera speranza: l’umanità tende a dimenticare e a cacciare nell’oblio anche ciò che di moralmente supremo si è imparato dai tempi bui.

L’atto medico e tutte le azioni degli operatori sanitari, invece, non cambieranno nella loro natura e intensità professionale, indifferenti del tempo in cui si opera e incuranti “dell’eroismo” mediatico, ma ben consci che l’impegno quotidiano e silenzioso ha come “…scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza…” (Ippocrate – testo moderno) e come fine supremo la guarigione dei nostri malati.

Claudio Tondo, PhD Professor of Cardiology Chairman, Heart Rhythm Center Centro Cardiologico Monzino, IRCCS Department of Clinical Sciences and Community Health, University of Milan Visiting Professor, Texas Cardiac Arrhythmia Institute at St David's, Aus

Analisi di

21 marzo 2020

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