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Hazal Koyuncuer al Memoriale della Shoah di Milano

di Hazal Koyuncuer

Hazal Koyuncuer

Hazal Koyuncuer

Proponiamo di seguito il discorso della rappresentante della Comunità curda milanese Hazal Koyuncuer all'incontro "Dall'indifferenza al genocidio: la storia non smette mai di ripetersi?", tenutosi il 24 ottobre nella significativa cornice della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano. L'incontro è stato promosso dall'Assessorato alla Cultura della CEM e da Gariwo.

Dopo l’incontro tra Erdogan e Putin è stato raggiunto un accordo - che le Unità di Difesa del Popolo non hanno accettato - che prevede la copertura di 122 chilometri del confine, con espansione di 10 chilometri nel nord della Siria, sotto controllo di Russia e Turchia. L'intesa prevede che le Unità di Difesa del Popolo, le Unità di Difesa delle Donne e gli abitanti del nord della Siria (usare la parola curdi è infatti scorretto in questo caso) debbano quindi, entro 150 ore, abbandonare completamente la zona e lasciare che ad averne il controllo siano Russia e Turchia. Attualmente, noi abbiamo aperto un corridoio umanitario dalla città di Serekaniye - la più attaccata, anche con armi chimiche, da Turchia e jihadisti - che permette a circa 200 mila persone la fuga verso le città di Kobane, Qamishlo e Hassaké. Non siamo riusciti a fare la stessa cosa nei villaggi intorno a Serekaniye, che non abbiamo potuto raggiungere poichè turchi e jihadisti stanno ancora attaccando. Abbiamo provato inoltre a inviare ambulanze, credendo che non potessero essere colpite, ma sono state bombardate anch’esse. In questo momento i bombardamenti e gli attacchi nei villaggi intorno a Serekaniye - una città che aveva duecentomila abitanti e che in questo momento è completamente vuota, perché tutti sono stati costretti ad abbandonarla - sono ancora in corso. Quarantamila jihadisti, provenienti da 110 Paesi, sono stati portati nel nord-est della Siria. Vi sono delle immagini, che in Italia non sono state mostrate, nelle quali si vedono le bandiere turche e i jihadisti a fianco dei soldati turchi. 

A mio parere, la città di Serekaniye non sarebbe mai stata abbandonata se non fosse stata attaccata con armi chimiche da parte della Turchia; quest'ultima, infatti, per giorni non è riuscita ad avanzare nemmeno di pochi metri. L’unico modo che aveva per farlo era quello di utilizzare le armi chimiche. È importante a questo punto capire quello che sta succedendo nella politica interna della Turchia: Erdogan, dopo tutti questi anni di governo, è arrivato alla fine del suo potere, e per poter mantenere il suo ruolo ha un'unica possibilità: quella di creare odio e nazionalismo, di scatenare un conflitto.

Quando è iniziata questa guerra, chiamata al Governo turco “Operazione di pace”, l'operazione ha avuto l’appoggio, ad esclusione soltanto del Partito Democratico dei Popoli, di tutti i partiti presenti nel Parlamento turco - compreso quello dei repubblicani, che sono stati sostenuti dai curdi durante le elezioni di Istanbul, Ankara e Smirne. I co-presidenti del partito dell’HDP, che si trovano in carcere, hanno chiamato i propri votanti a schierarsi contro il fascismo e quindi, automaticamente, ad appoggiare i repubblicani, che in questo momento sostengono la guerra. Un termine, quest'ultimo, che in Turchia non può essere usato, pena l'arresto. 

I combattenti delle Unità di Difesa del Popolo e delle Unità di Difesa delle Donne stanno cercando di prepararsi ad affrontare quello che accadrà da qui a breve tempo, perché, come hanno dichiarato dal primo giorno e continuano a dichiarare, non sono disposti non tanto a lasciare quella terra, ma in particolare ad abbandonare quella democrazia, quel “modo di vivere”. È fondamentale sottolineare infatti che la parola “Kurdistan” significa “terra dei Curdi”, ma il nord della Siria non è la terra dei Curdi, è una terra abitata da diversi gruppi etnici. È il luogo della democrazia che quei popoli sono riusciti a costruire insieme, chiamata “Confederalismo democratico”, che ha la sua base fondamentale nel femminismo, nell'uguaglianza dei generi, nell’ecologia. Una forma di democrazia quindi molto avanzata, che non viviamo nemmeno in Europa, orientata dal basso verso l’alto, in cui ad ogni gruppo etnico viene data l’autonomia di poter gestire le proprie municipalità. Distruggere quella democrazia, che permetteva nel nord della Siria di poter vivere in maniera pacifica, significherebbe distruggere tutta l’Umanità

I popoli del nord della Siria hanno combattuto contro Assad per dichiarare la propria autonomia, e successivamente contro il terrorismo islamico dell’Isis, ora  combattono contro i jihadisti e il fascismo del Governo turco. Io credo che il mondo intero non abbia compreso che nulla permetterà all’Unità di Difesa del Popolo e delle Donne di arrendersi. Quando tutti pensavano che fosse finita, noi abbiamo cominciato a costruire dal basso, e lo abbiamo fatto quando avevamo l’Isis a dieci chilometri di distanza. Le donne curde hanno dimostrato al mondo intero che non hanno bisogno di uomini a cui delegare la difesa. Questo si collega a una citazione di Ocalan: “Una società può essere libera soltanto se la donna è libera”. Un Kurdistan, un Rojava libero, possono esistere solo attraverso le donne e la loro libertà. A questo proposito, penso che le mie compagne che sono nel nord della Siria non corrano solo il pericolo di combattere contro i turchi e i jihadisti, che sono appoggiati dalla Turchia, ma si trovino di fronte alla possibilità che da qui a poco i jihadisti imprigionati nei campi siano liberi. Da anni richiamiamo i Paesi da dove essi provengono a venire a recuperare i propri cittadini. 

Io sono stata a vedere con i miei occhi ciò che accadeva e posso dire apertamente che, quando i curdi combattevano contro l’Isis, se sui corpi dei terroristi, poi sepolti, si trovavano dei documenti, venivano segnati nomi e cognomi, così se un giorno i parenti avessero voluto recuperare il corpo dei propri cari avrebbero potuto farlo. La nostra umanità è quindi molto differente da quella che ancora vedono gli occidentali: siamo in grado di rispettare il corpo di un terrorista che voleva ucciderci. La nostra è una democrazia dove la violenza non può essere presa in considerazione. Ciò non significa che il Rojava fosse un paradiso, ma che c’era una regione nel nord della Siria che poteva essere di esempio per tutto il Medio Oriente, anche se magari non in quella forma. Gli interessi economici e di potere nella Regione hanno invece distrutto quello che poteva costituire un grande esempio di umanità e democrazia. 

Noi non siamo in grado di combattere contro nazioni militarmente forti come la Turchia o la Russia, ma siamo in grado di resistere fino all’ultima persona, non ci arrenderemo mai, è fondamentale che tutti lo sappiano. Adesso tocca a voi e alla vostra coscienza. Tocca a voi scendere in piazza e spingere i vostri governi e istituzioni a fermare la Turchia. Noi abbiamo fatto il nostro dovere, nei confronti dell’Umanità. Ora voi avete il dovere di difendere quella democrazia di cui ho parlato e di sostenere quei compagni, partigiani, che stanno ancora lottando per la libertà. Le donne curde lo dicono: o libertà o morte.

Hazal Koyuncuer, rappresentante della Comunità curda milanese

Analisi di

28 ottobre 2019

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