Nagib Mahfuz
Mi trova pienamente concorde la proposta di Gabriele
Nissim di coniugare la ricerca dei nuovi Giusti alle tante
realtà di questo mondo che sta cambiando a folle velocità,
e che dopo il Coronavirus non ritroveremo come lo
avevamo conosciuto. Anzi lo stiamo già sperimentando. Se
siamo sinceri, ci stiamo scoprendo cambiati e più fragili.
Conosco persone che dopo una lunga permanenza in posti
diversi da quelli abituali, al ritorno sono state sconvolte da
crisi di pianto. Aver trasformato il non posso nel non devo
ha capovolto priorità, acceso nuovi complessi, moltiplicato
difficoltà a ritrovare se stessi.
Come ritroveremo questo mondo? Sarà privato di molti anziani, spesso emarginati, dimenticati, e lasciati morire in solitudine. Sono gli anziani che rappresentano da sempre l’ancora preziosa della memoria, il salvagente necessario per affrontare le turbolenze della vita. Il Pianeta sarà in mano di giovani bisognosi di tutto, anche dell’esperienza che gli è stata negata. Siamo quasi 8 miliardi su questa Terra, e non riesco a immaginare quanti saranno nel 2050, a parte alcune proiezioni in attesa di verifica.
Ma tornando ai Giusti, come Gabriele sa bene, non sono dell’opinione di aprire giardini veri o virtuali, a seconda dei desideri e delle ambiguità di ciascun proponente. Piuttosto che accettare compromessi nazionali al ribasso, mi sento di condividere l’idea di una scelta paziente e meticolosa. I risultati dovrebbero giungere a maturazione con opportuni stimoli, ma non per forza. Ogni Paese che ho conosciuto e frequentato (circa 80) dovrebbe essere sondato con cura e attenzione, perché ciascuno può esprimere grandi sorprese e piacevoli scoperte. Mi limito a citare qualche esempio. Per l’Egitto posso indicare Nagib Mahfuz, scrittore, filosofo, pensatore, educatore, premio Nobel per la letteratura nel 1988. L’ho conosciuto e intervistato più volte anche quando, aggredito da un terrorista islamico, ha subito ferite che l’avrebbero poi portato alla morte. Limpido, schietto, Mahfuz aveva fatto del dialogo la sua vera religione. Riceveva chi desiderava incontrarlo in un bar-trattoria, ed era prodigo di suggerimenti e consigli.
Israele è una palestra speciale, ma se penso a un Giusto non posso che indicare, al di là di fondatori e intellettuali, il primo presidente della Corte suprema Haim Cohen. Uomo retto e verticale, che non si fece alcun problema di dichiarare, in uno dei momenti più difficili, con il suo inconfondibile accento tedesco: “Jerusalem is big enough to be the capital of two different States”, Gerusalemme è abbastanza grande per essere la capitale di due Stati.
Quando penso al Libano non posso dimenticare un personaggio straordinario, Ghassan Tueni, ministro, umanista, fondatore e direttore di giornali, segnato da una vita di tragedie. Ma quest’uomo aveva il dono della fede nel dialogo. Da cristiano greco-ortodosso è stato esempio per tutti.
Così, Paese dopo Paese, si possono trovare donne e
uomini Giusti. Non solo tra coloro che sono scomparsi, ma
tra le giovani figure emergenti: la regina Rania di Giordania,
che rappresenta la grandezza e la profondità di una donna
musulmana, fiera della propria autonomia, e pronta ad
aiutare chi ha bisogno. E poi Rula Jebreal, che si batte con
tutta se stessa contro il sessismo e il razzismo. È testimone della sintesi perfetta. È palestinese, ha sposato un ebreo e ha una figlia cristiana. Ed ha cittadinanza
israeliana e italiana. Meglio di così!