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Il terrore rosso che nessuno vuole ricordare

di Michele Negro, ForzaUcraina.it

Pubblichiamo un'analisi di Michele Negro, del collettivo ForzaUcraina.it. La sua riflessione si inserisce nell'approfondimento sul tema della decolonizzazione e sul dialogo tra Russi e Ucraini recentemente proposto sul sito web della Fondazione Gariwo.

"Mai più", ripetiamo ogni anno il 27 gennaio, nella Giornata della Memoria. Lo ripetiamo anche il 25 aprile, nella Giornata della Liberazione. Ripetiamo "mai più" al nazifascismo ed ai terribili crimini da esso commessi in Europa.

Queste giornate, che preservano e commemorano la Memoria del male e la Liberazione da esso, sono fondamentali per il futuro e per la nostra consapevolezza. Perché non basta estraniarsi dalla storia e dire "mai più", è fondamentale capire che il male è stato possibile perché accettato o ignorato da tutti, e anche che oggi abbiamo tutti la responsabilità e il dovere di guardarci attorno, nello spazio e nel tempo, per riconoscere il male e condannarlo.

Non voglio sminuire la Shoah o il terrore nazifascista nel dire che il comunismo forse è stato peggiore e purtroppo impunito.
Non intendo calpestare la memoria ed il dolore di chi, anche nella mia famiglia, ha vissuto il male del '900, perché quel male ha colpito altri milioni di famiglie ancora invisibili.

Hitler prese esempio da Stalin e dai gulag, concretizzando una "lotta di razza" al posto di una "lotta di classe". E' proprio nel nome di quella "lotta di classe" che prima, durante e dopo il nazifascismo il terrore rosso, all’ombra dei muri, perseguitò, deportò e sterminò milioni di innocenti.

Citando un brano da "Il libro nero del comunismo" (Mondadori, 1998) dello storico Stéphane Courtois, Il comunismo ha commesso moltissimi crimini, crimini contro lo spirito innanzi tutto, ma anche crimini contro la cultura universale e contro le culture nazionali. Stalin ha fatto demolire decine di chiese a Mosca; Ceausescu ha sventrato il centro storico di Bucarest per costruirvi nuovi edifici e tracciarvi, con megalomania, sterminati e larghissimi viali; Pol Pot ha fatto smontare pietra dopo pietra la cattedrale di Phnom Penh e ha abbandonato alla giungla i templi di Angkor; durante la Rivoluzione culturale le Guardie rosse di Mao hanno distrutto e bruciato tesori inestimabili. Eppure, per quanto gravi possano essere a lungo termine queste perdite, sia per le nazioni direttamente coinvolte sia per l'umanità intera, che importanza hanno di fronte all'assassinio in massa di uomini, donne e bambini?

  • URSS, 20 milioni di morti,
  • Cina, 65 milioni di morti,
  • Vietnam, un milione di morti,
  • Corea del Nord, 2 milioni di morti,
  • Cambogia, 2 milioni di morti,
  • Europa dell'Est, un milione di morti,
  • America Latina, 150 mila morti,
  • Africa, un milione 700 mila morti,
  • Afghanistan, un milione 500 mila morti,
  • Movimento comunista internazionale e partiti comunisti non al potere, circa 10 mila morti.

Il totale si avvicina ai 100 milioni di morti. Questo elenco di cifre nasconde situazioni molto diverse tra loro.

      In termini relativi, la palma va incontestabilmente alla Cambogia, dove Pol Pot, in tre anni e mezzo, è riuscito a uccidere nel modo più atroce - carestia generalizzata e tortura - circa un quarto della popolazione. L'esperienza maoista colpisce, invece, per l'ampiezza delle masse coinvolte, mentre la Russia leninista e stalinista fa gelare il sangue per il suo carattere sperimentale, ma perfettamente calcolato, logico, politico. [dal capitolo "I crimini del comunismo"].

      Ritengo corretto dire che, "Il libro nero del comunismo" è stato criticato per le cifre che riporta, e di conseguenza presenti anche in questo testo, in quanto molti pensano che non siano esatte o addirittura che l’autore le abbia volutamente gonfiate. In realtà sono cifre sicuramente indicative, in quanto i regimi citati non hanno mai permesso a storici e ricercatori di consultare i loro archivi, impedendo così alla verità di venire a galla ed alla giustizia di fare il suo corso.

      Nella sola Unione Sovietica, quindi, nel nome della "lotta di classe", furono eliminate almeno 20 milioni di persone, fra cui i cosacchi del Don, fra i 5 ed i 7 milioni di ucraini furono sterminati per fame durante l'Holodomor, e poi furono deportati su treni merci migliaia di polacchi, ucraini, baltici, moldavi, bessarabi, tedeschi, tatari, ceceni, ingusci e dissidenti (o presunti tali). Molti di questi deportati morirono durante gli interminabili viaggi a causa delle privazioni, e chi di loro riusciva ad arrivare a destinazione spesso è morto di stenti, malattie, freddo o stremati dal lavoro nei gulag.

      Stragi simili avvengono tutt’oggi in Corea del Nord, dove chiunque sia sospettato di essere un dissidente (o presunto tale) si trova ad affrontare la deportazione, la prigionia e spesso la morte. Essere dissidenti (o presunti tali) è ed era molto semplice, basta avere film o musica occidentali, avere fede in qualche religione, dipingere o scrivere, dire a voce alta il "pensiero sbagliato".

      I comunisti non hanno mai ammesso questi crimini, non hanno mai chiesto scusa alle vittime e al mondo, non si sono mai presi la responsabilità e il dovere di dire "mai più" alle e per le generazioni future. Oggi infatti sono proprio i "nuovi comunisti" fra coloro che diffondono e sostengono la propaganda del Cremlino, che non è altro che l’ultimo rantolo di quella sovietica.

      Va notato a riguardo, che proprio i Paesi che si vogliono allontanare il più possibile dal grigio passato sovietico, e quindi costruiscono democrazie, rinominano strade, intrecciano nuove alleanze e demoliscono monumenti, sono il bersaglio preferito della propaganda o delle bombe di Mosca. Lo abbiamo visto in Moldavia e Georgia, ora lo stiamo vedendo ogni giorno in Ucraina. Il modus operandi è lo stesso, comune ad ogni tiranno: “o mi lasci comandare o ti distruggo”.

      I "nuovi comunisti" non vogliono capire che il socialismo andrebbe adattato al mondo moderno, stanco delle vecchie ideologie del male. Oggi i muri sono crollati, e con essi tutto ciò che doveva crollare. Le persone hanno potuto viaggiare anche in Occidente, molte hanno valutato di fermarsi "dall’altra parte" - chissà perché - e molti altri hanno iniziato a raccontare il comunismo e a sfatarne i miti - l’unica cosa che poteva oltrepassare i muri.

      Oggi, l’aggressione russa su larga scala dell‘Ucraina, insieme a nuovi orrori nel cuore d’Europa, ha portato sulla bocca di tutti parole come "nazisti", "comunisti", "denazificazione" e "decomunizzazione", ma troppo poco si parla di Memoria e Responsabilità.

      Credo che il gap dei "nuovi comunisti" consista proprio nella fede cieca nel terrore rosso, arrancano nella speranza di ricostruire un mondo che è crollato sotto al peso della libertà, rifiutando di vedere tutto l’orrore del passato e del presente.

      Bisognerebbe ascoltare i nostri fratelli europei che hanno conosciuto sulla loro pelle la brutalità indicibile del comunismo. I popoli di Paesi come la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Polonia, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia hanno molto da raccontare e spiegare al mondo. Spesso vengono criticati quando demoliscono i vecchi monumenti comunisti, simboli dell’oppressione che hanno subito. Ma perché criticare con disprezzo la decomunizzazione? È facile criticare quando si conosce solo il lato bello della storia. Dovremo imparare a conoscere, ad affrontare, anche il lato brutto. Bisognerebbe quindi equiparare il negazionismo dei crimini staliniani e comunisti a quello (che è punito per legge) dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti.

      Basterebbe poco, che non significa che sia facile: aprire gli archivi, riconoscere e chiedere scusa per tutti quei crimini. Crimini che vanno analizzati e condannati in nome dei valori democratici, non degli ideali nazifascisti. Sarebbe giusto istituire altre due giornate dove dire "mai più", questa volta al terrore rosso ed ai crimini da esso commessi nel Mondo.

      Michele Negro

      Analisi di Michele Negro

      29 giugno 2023

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