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Indifferenza, impotenza, responsabilità individuale

di Nadia Neri

Liliana Segre davanti alla scritta "indifferenza" del Memoriale della Shoah di Milano

Liliana Segre davanti alla scritta "indifferenza" del Memoriale della Shoah di Milano

Il figlio di Liliana Segre ha scritto una lettera esemplare e struggente al Corriere della Sera, in seguito a quanto avvenuto in Parlamento: l’astensione di tutto il centrodestra sulla mozione presentata dalla Segre. Una mozione generale contro l’odio, il razzismo, l’antisemitismo, così generale e non espressione di un singolo partito da far pensare che sarebbe stata approvata all’unanimità; invece ben 98 senatori si sono astenuti e sono rimasti seduti mentre il resto del Parlamento l’applaudiva. Questo fatto segna una ferita molto grave nel Paese e uno spartiacque tragico. Rigurgiti del passato si hanno numerosi in Italia, perfino nel mondo del calcio. A Roma, a Milano, se gioca il Napoli si urla da anni “Vesuvio lavali col fuoco” o si fanno ululati razzisti contro giocatori di colore. Nessuna reazione, poche vuote parole, talvolta, di condanna. Anche in Germania ci sono tanti esempi inquietanti.

Mi hanno molto colpito le parole della Segre quando sottolinea come l’indifferenza sia ancora più pericolosa dell’odio. Ha ragione, perché è più diffusa dell’odio, meno eclatante, fa sentire meno in colpa, ‘io non c’entro’, ‘non mi voglio immischiare’, o peggio ‘non lo so, non leggo i giornali, non credo alla televisione' e così via. Il disinteresse è davvero inquietante: quanti durante la Seconda guerra mondiale hanno visto i treni carichi di ebrei passare e non hanno fatto niente... Anche oggi è così, si ignora, si sottovaluta, o peggio si giustifica.

Poi ci sono tante persone che si indignano fortemente e si angosciano, provano un dolore indicibile e si chiedono cosa abbiamo sbagliato e cosa si può fare, come esprimere la condanna. Molto spesso si prova un senso di impotenza perché non esiste un’aggregazione, una personalità che sappia coagulare questo sentimento forte e incoraggiare alla denuncia e alla riflessione storica (non ci si illuda che scrivere sui social voglia dire fare politica, o peggio aver fatto tutto quello che si può fare). Molti ammirano e citano spesso Etty Hillesum, ma se fosse viva ora, sarebbe come allora, indigesta a molti, perché le persone sembrano non reggere più il dolore o l’orrore e soprattutto sembrano non avere il coraggio di guardarsi dentro.
L’impotenza si combatte con fatica, testimoniando ogni giorno a livello individuale che siamo contrari - sugli autobus, per strada, in un negozio e così via - a episodi di intolleranza. Non restare in silenzio, pensando che sia inutile o perché quel giorno ci sentiamo sopraffatti da problemi personali. Credo molto nella testimonianza individuale, sempre, anche nelle cose piccole, con estranei, con amici e non sentire e far prevalere la sensazione che tutto sia inutile.

Poi dobbiamo interrogarci profondamente sulle ragioni per le quali idee naziste o fasciste estreme stiano risorgendo così prepotentemente. Non presumo che lo possa fare in un articolo, ma posso lanciare degli spunti di riflessione. Mi sono laureata nel luglio del 1968 in Filosofia morale con una tesi sulla personalità autoritaria. Facevo riferimento alla ricerca psicosociale che alcuni noti esponenti della scuola di Francoforte - Adorno, Horkheimer, Levinson e altri - fecero nel 1950 negli Stati Uniti, dove erano emigrati. Oggi voglio sottolineare un punto essenziale: la ricerca era rivolta agli individui potenzialmente democratici e a quelli potenzialmente antidemocratici. Queste categorie sono più numerose e in un certo senso più pericolose degli individui che esprimono già apertamente le loro idee. Mai avrei pensato che dopo cinquant’anni questi studi fossero ancora necessari ed attuali; inoltre in questi anni il lavaggio del cervello che cercano di realizzare in tanti è molto più raffinato e quindi penetrante.

Un’ultima riflessione che traggo dal mio lavoro di psicoanalista: parecchi pazienti sicuramente democratici mi dicono di loro figli che invece sono simpatizzanti di estrema destra, sono giovani fragili che non hanno ricevuto dai genitori il giusto contenimento, nel senso di Bion, una funzione genitoriale essenziale e che ora è sempre meno presente nei genitori. Crescono così figli che non hanno ricevuto limiti e soprattutto il sostegno necessario per vivere, che quindi sono facilmente affascinati dall’uomo forte che ti dice tutto sulla vita in modo deciso e autoritario (a cui si delega ogni potere decisionale, deresponsabilizzandosi totalmente).
Questi esempi mi fanno molta paura e dovrebbero portare a serie riflessioni sugli individui democratici che spesso nascondono fragilità e incoerenze forti con quello che affermano a livello culturale o politico. 

Nadia Neri, psicologa analista

Analisi di

4 novembre 2019

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