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Io, ucraina, grazie a Liliana Segre guardo la storia dal punto di vista di chi resiste

l'intervento di Tetyana Bezruchenko alla Gariwo Netweek 2022

Riprendiamo l'intervento di Tetyana Bezruchenko in occasione della Gariwo Netweek. Tetyana è responsabile  per la Lombardia dell’associazione culturale europea italo-ucraina Maidan e redattrice del progetto informativo forzaucraina.it

Sono onorata di essere qui oggi e vi ringrazio per questa opportunità, ovvero quella di inserire la mia piccola voce tra le voci importanti che hanno tanto contribuito alla ricerca della verità storica e alla conservazione della memoria.

Sono arrivata in Italia 20 anni fa dall’Ucraina e ho avuto la fortuna sin dai primi giorni di cominciare a imparare la lingua e la cultura italiana. Dopo qualche anno ho avuto un incontro che mi ha cambiato per sempre, così come anche la mia percezione della vita. La scuola dove studiavo l’italiano si trovava in un’ala di un liceo scientifico. Nel giorno del mio compleanno la nostra insegnante ci ha detto che la lezione sarebbe stata sostituita dalla visione di un documentario insieme agli studenti del liceo. L’insegnante ha accennato che si tratta di storia, di memoria, e noi, stranieri, possiamo conoscere l’Italia anche da questo punto di vista.

Ed è lì che ho conosciuto lei. Solo anni dopo ho scoperto il nome della signora che ho visto nel documentario e che per sempre ha cambiato la mia esistenza. Lei parlava di dignità, di quanto sia importante conservare la dignità mentre qualcuno più forte cerca di distruggerti, cerca di sopprimere non solo la tua esistenza ma l’esistenza di un intero popolo.

Lei parlava con parole semplici e chiare come se volesse trasmettere, immortalare i concetti della violenza vissuta. Non per spaventare, bensì per dare gli strumenti che permettono di riconoscere sin da subito la nascita della violenza e fermarla prima che si sviluppi e danneggi qualcun altro.

Le sue parole facevano male, ma quel tipo di male che fa anche bene, come una medicina o il bisturi di un chirurgo. Le sue parole entravano dritto nel cuore e toglievano la crosta della superficialità della vita di ogni giorno, lasciando il significato essenziale e trasparente delle parole.

Da quell'incontro ascoltare Lei è diventato un bisogno, una necessità per fare un back up del sistema, per preservare e non perdere i valori più importanti della vita.

Dopo aver visto il documentario, è stato molto difficile rivedere tutta la mia vita sotto un’altra luce, che cambiava tutto; riconciliare il passato e il presente, soprattutto la realtà legata all’impronta dell’istruzione e dell’ideologia sovietica.

Quando ero giovane mi era stato insegnato che la radio fu stata inventata dall'ingegnere Popov e il nome di Marconi mi era completamente nuovo. Sapevo che il libro “Le avventure di Burattino” era stato scritto da Aleksej Tolstoj, ma non capivo come fosse legato con le “Avventure di Pinocchio” di Collodi. Dopo aver letto a 30 anni il capolavoro di Collodi ho capito che noi, durante il regime sovietico, siamo stati derubati, deprivati dai principi dell’umanità, che tutto quello che ci insegnavano non era nient’altro che una farsa, una maschera sorridente che copriva le cose più brutte che possa fare un regime e che nessuno può controllare e punire.

Ho anche cominciato a ricostruire la storia della mia famiglia e ho capito che esistevano due storie parallele: quella raccontata dai miei nonni e i miei genitori e l’altra, studiata a scuola, che all’epoca era quella a cui mi appoggiavo.

Entrambi i nonni, sia da parte di mia madre che da parte di mio padre, erano ucraini. Parlavano ucraino. I genitori di mio papà vivevano nel Donbas. I genitori di mia madre a Chercassy, a metà strada tra Kyiv e Donbas.

Entrambe le famiglie sottovoce raccontavano le storie vissute sulla propria pelle nel passato, raccontavano gli orrori a cui portava la fame, dei morti per strada, villaggi vuoti; parlavano quasi sussurrando di grande paura, di essere fucilati sul posto per ogni piccolo disaccordo. Per me queste storie rimanevano sempre a sé stanti; non entravano in nessun libro di storia dell'epoca sovietica che avevo letto o su cui avevo studiato.

Grazie a Liliana Segre, il nome che ho scoperto più tardi, ho cominciato a riguardare la storia non dal punto di vista del forte del momento ma dal punto di vista di coloro che soffrono l’ingiustizia, dal punto di vista di coloro che cercano di conservare unica cosa per cui vale la pena di resistere, la dignità.

Ho incontrato Liliana Segre il 6 marzo 2022 al municipio di Milano alla giornata europea dei Giusti organizzata da Gariwo. Sentivo un inarrestabile desiderio di dirle “Grazie”, racchiudendo in questa semplice parola quanto Lei è stata importante per me. Le ho detto anche un’altra frase che è uscita da sola nella ricerca di essere ascoltata ed essere compresa nel modo giusto. Le ho detto: “Sono di Mariupol”.

Era il 6 marzo e già allora da 10 giorni mia madre viveva nello scantinato senza luce, gas e acqua sotto i bombardamenti che lei definiva infernali, ancora prima che cominciasse il mese di marzo e io non avrei avuto più notizie da lei per quasi due mesi. Ritengo un miracolo che mia madre sia sopravvissuta a un assedio crudele e infinitamente disumano.

In quei due mesi ho riesaminato la mia coscienza e ogni pezzettino di storia per ricostruire come siamo riusciti a permettere che tutto ciò accadesse di nuovo. La storia si ripeterà fino a quando noi non la riscriveremo nel modo giusto. Fino a quando non spariranno episodi di storia a se stanti.

Quando gli episodi più tragici e dolorosi saranno messi sulla scala della storia per ricordare la dignità delle persone che sono state sterminate, uccise, private del dono dell'esistenza.

I genitori di mia madre erano gli ucraini che sono fuggiti da Cherkassy nel 1933, dall'Holodomor, la carestia artificiale creata dal regime comunista di Stalin, come risposta alle proteste contadine che non volevano entrare nel kolchoz. I miei nonni materni hanno scelto Mariupol come città dove salvarsi, perché speravano di sfamarsi grazie al mare. Novanta anni dopo mia madre è dovuta scappare da Mariupol dallo stesso regime che aveva costretto a fuggire anche i suoi genitori. Il regime del Cremlino.

Il regime del Cremlino è un regime che ha compiuto dei crimini gravissimi, ma questi crimini non sono mai stati ne riconosciuti ne puniti. L’impunità è diventata un nutrimento della malvagità e crudeltà che a sua volta hanno cancellato tutto ciò che poteva essere pericoloso per un regime: democrazia, libertà, indipendenza, libertà di parola.

Il regime del Cremlino li ha mortificati al suo interno ed è uscito fuori, come un cancro che maturando mette le metastasi ovunque nel corpo. Oggi assistiamo a un cancro mondiale che ha messo delle metastasi in diversi paesi: Siria, Afganistan, diversi paesi dell’Africa, Georgia, Ucraina. Non c’è nessuna differenza tra queste guerre. È la stessa malattia, lo stesso cancro.

Per contrastarlo si combatte per la libertà, per la democrazia, per i valori. Sono parole che ormai sono state talmente usurate che praticamente hanno perso il loro significato iniziale. Io ricordo e ammiro sempre Liliana Segre e il suo dono di rendere il significato delle parole essenziale. Cercherò anche io di dare una nuova luce alle parole che usiamo ogni giorno.

La libertà non è niente altro che la responsabilità per il prossimo, per il futuro. La democrazia è niente altro che il rispetto verso il prossimo, verso il diverso, verso se stesso, verso il futuro. I valori sono un insieme di mezzi che preservano la dignità. La nostra e del prossimo.

Per preservare la dignità e per proteggerla bisogna riguardare con attenzione la storia, scriverla senza coprire i momenti più drammatici, identificare i criminali, processarli e trovare la possibilità di reagire prima che un nuovo crimine, un genocidio sia possibile.

Per prevenire i futuri genocidi e i futuri crimini contro l’umanità dobbiamo sempre ricordare quanto è importante la libertà di parola, di stampa. Ma la libertà non deve essere compresa come permissività e promiscuità tra anti-scienza, anti-storia e anti-etica, ma come un uso responsabile della parola per conservare i valori e la democrazia, cioè la dignità e il rispetto.

In conclusione, vorrei dire che a fine novembre c’è una Giornata della Memoria in cui si ricordano le vittime dell'Holodomor. Tra poco verrà resa pubblica una petizione per chiedere al Parlamento italiano di definire genocidio l'Holodomor, come ha già fatto il Parlamento europeo nel 2008 e come hanno già fatto altri Stati. In questo periodo stiamo raccogliendo le prime adesioni importanti. La petizione potrà essere firmata solamente dai cittadini italiani. Ho tanta fiducia che l'Italia riesca a compiere questo passo importante per completare il quadro storico con la verità mancante.

Tetyana Bezruchenko

Analisi di Tetyana Bezruchenko, attivista per i diritti umani e mediatrice linguistico e culturale

23 novembre 2022

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