Gariwo
https://it.gariwo.net/magazine/editoriali/kunderiana-22463.html
Gariwo Magazine

Kunderiana

di Francesco M. Cataluccio

Milan Kundera

Milan Kundera

Pubblichiamo di seguito un breve "dizionario" di termini su Milan Kundera, ad opera di Francesco M. Cataluccio, comparso il 21 giugno 2020 su Il Foglio. Il testo completo è disponibile nel box approfondimenti.

Arte del romanzo. L’arte del romanzo (1988) inizia così: “Nel 1935, tre anni prima di morire, Edmund Husserl tenne, a Vienna e a Praga, alcune famose conferenze sulla crisi dell'umanità europea. L'aggettivo "europeo" designava per lui quell'identità spirituale che si estende al di là dell'Europa geografica (all'America, per esempio) e che è nata con la filosofia greca classica. Questa, secondo lui, per la prima volta nella Storia, intese il mondo (il mondo nel suo insieme) come una questione da risolvere. Lo interrogava non per soddisfare questo o quel bisogno pratico, ma perché l'umanità era pervasa dalla passione del conoscere”.

Carattere boemo. I protagonisti delle storie di Kundera sono quasi tutti dei perfetti fratelli o cugini di Sc'vèik, il buffo e tremebondo soldatino protagonista dell'esilarante libro, molto amato da Kundera, di Jaroslav Hašek. Kundera, invece di una comprensione umana per la debolezza del carattere dei sui connazionali, cerca di mettere in evidenza i chiaroscuri dei loro atteggiamenti, evitando però accuratamente di assumere delle posizioni moraliste. Tutti i suoi "eroi", in fondo, sono un po' meschini, ma anche malinconicamente umani e simili a tutti noi, votati alla sconfitta o alla sottomissione: "I suoi connazionali, i quali, com'è noto non amano la parte dell'eroe (che lotta e vince), ma piuttosto quella del martire: infatti i martiri li rassicurano, confermandoli nella loro legale inazione e confermando che la vita offre solo due alternative: la rovina o l'obbedienza" .

Compassione. “Nelle lingue derivate dal latino la parola compassione significa: non possiamo guardare con indifferenze le sofferenze altrui; oppure: partecipiamo al dolore di chi soffre. È per questo che la parola compassione generalmente ispira diffidenza: designa un sentimento ritenuto mediocre, di second'ordine, che non ha molto a che vedere con l'amore. Nelle lingue che formano la parola compassione non dalla radice sofferenza (passio) bensì dal sostantivo "sentimento", la parola viene usata con significato quasi identico. Avere compassione (co-sentimento) significa vivere insieme a qualcuno la sua disgrazia, ma anche provare insieme a lui qualsiasi altro sentimento: gioia, angoscia, felicità, dolore. Nella gerarchia dei sentimenti è il sentimento supremo.” (L’insostenibile leggerezza dell’essere, p.10)

Entusiasti criminali. Ne L’insostenibile leggerezza dell’essere, Kundera affida a Tomáš una riflessione assai lucida e impietosa sulle responsabilità dei comunisti: “Chi pensa che i regimi comunisti dell'Europa Centrale siano esclusivamente opera di criminali, si lascia sfuggire una verità fondamentale: i regimi criminali non furono creati da criminali ma da entusiasti, convinti di aver scoperto l'unica strada per il paradiso. Essi difesero con coraggio quella strada, giustiziando per questo molte persone. In seguito, fu chiaro che il paradiso non esisteva e che gli entusiasti erano quindi degli assassini. Allora tutti cominciarono a inveire contro i comunisti: Siete responsabili delle sventure del Paese (è impoverito e ridotto in rovina), della perdita della sua indipendenza (è caduto in mano alla Russia), degli assassinii giudiziari. Coloro che venivano accusati rispondevano: Noi non sapevamo! Siamo stati ingannati Noi ci credevamo! Nel profondo del cuore siamo innocenti! La discussione si riduceva a questa domanda: Davvero loro non sapevano? Oppure facevano solo finta di non aver saputo nulla? Tomas seguiva la discussione (così come la seguivano tutti i dieci milioni di cechi) e si diceva che tra i comunisti c'era sicuramente chi non era del tutto all'oscuro (dovevano pur sempre aver sentito parlare degli orrori che erano stati commessi e che venivano ancora commessi nella Russia postrivoluzionaria). Ma era probabile che la maggior parte di loro non ne sapesse davvero nulla. E si disse che la questione fondamentale non era: Sapevamo o non sapevamo?, bensì: Si è innocenti solo per il fatto che non si sa? Un imbecille seduto sul trono è sollevato da ogni responsabilità solo per il fatto che è un imbecille? Ammettiamo pure che un procuratore ceco che all'inizio degli anni Cinquanta chiedeva la pena di morte per un innocente sia stato ingannato dalla polizia segreta russa e dal proprio governo. Ma ora che sappiamo tutti che le accuse erano assurde e i giustiziati innocenti, com'è possibile che quello stesso procuratore difenda la purezza della propria anima e si batta il petto: La mai coscienza è senza macchia, io non sapevo, io ci credevo. La sua irrimediabile colpa non risiede proprio in quel 'Io non sapevo! Io ci credevo!'? Fu allora che a Tomas tornò in mente la storia di Edipo: Edipo non sapeva di dormire con la propria madre ma, quando capì ciò che era accaduto, non si sentì innocente. Non poté sopportare la vista delle sventure che aveva causato con la propria ignoranza, si cavò gli occhi e, cieco, partì da Tebe. Tomas sentiva le grida dei comunisti che difendevano la loro purezza interiore e diceva tra sé: Per colpa della vostra incoscienza la nostra terra ha perso, forse per secoli, la sua libertà e voi gridate che vi sentite innocenti? Come potete ancora guardarvi intorno? Come potete non provare raccapriccio? Siete o non siete capaci di vedere? Se aveste gli occhi, dovreste trafiggerveli e andarvene da Tebe!”

Filosofia. I romanzi di Kundera sono sempre stati preceduti da grandi letture filosofiche e si sente che le sue storie sono spesso trattate come "novelle esemplari" di un particolare filone di pensiero. Prima de La vita è altrove rilesse tutto Heidegger; prima de Il valzer degli addii: quattro tomi sulla vita dei santi, Freud, studi sulla pittura religiosa, Bataille. I suoi autori preferiti, tra i filosofi e gli scrittori-filosofi, sono: Platone, Rabelais, Sterne, Diderot, Nietzsche, Kafka, Broch, Heidegger, Bataille e Gombrowicz, Husserl: "La mia passione per la filosofia è tipica di un eclettico, tutti i romanzieri sono banalmente eclettici quando parlano di filosofia. Io non ricerco una verità: cerco la ricchezza di possibilità di vedere il mondo. La Fenomenologia è il punto di incontro tra la filosofia e i romanzo. Essa è la filosofia delle cose che sono evidenti, prima che la scienza le matematizzi (...) In generale tutti i pensieri che arrivano troppo facilmente ad un sistema, a un dogma, mi repugnano" .

Fotografie. Per Kundera, il Potere nei paesi del socialismo reale si presenta come un'enorme macchina che tutto cancella: la memoria, il passato di tutta la nazione e di ogni individuo. (☞ Oblio) In particolare questa cancellazione avviene nelle fotografie. In Kniha smichu a zapomnêí (Il libro del riso e dell'oblio), Kundera racconta di come venne cancellato il premuroso ex ministro Clementis: “Nel febbraio 1948 il dirigente comunista Klement Gottwald si affacciò al balcone di un palazzo barocco di Praga per parlare alle centinaia di migliaia di cittadini che gremivano la piazza della Città Vecchia. Fu un momento storico per la Cecoslovacchia. Un momento fatale, come ce ne sono uno o due in un millennio. Gottwald era circondato dai suoi compagni e proprio accanto a lui c'era Clementis. Faceva freddo, cadevano grossi fiocchi di neve, e Gottwald era a capo scoperto. Clementis, premuroso, si tolse il berretto di pelliccia che portava e lo posò sulla testa di Gottwald. La sezione propaganda diffuse in centinaia di migliaia di esemplari la fotografia del balcone da cui Gottwald, con il berretto di pelo in testa e il compagno a fianco, parlava al popolo. Su quel balcone cominciò la storia della Cecoslovacchia comunista. Dai manifesti, dai libri di scuola e dai musei, ogni bambino conosceva quella foto.
Quattro anni dopo Clementis fu accusato di tradimento e impiccato. La sezione propaganda lo cancellò immediatamente dalla storia e, naturalmente, anche da tutte le fotografie. Da allora Gottwald, su quel balcone, ci sta da solo. Lì dove c'era Clementis c'è solo la nuda parete del palazzo. Di Clementis è rimasto solo il berretto che copre la testa di Gottwald”.
In seguito vennero cancellati tutti i protagonisti e le vicende dalla Primavera di Praga. Le loro immagini erano tassativamente vietate. Cancellare una foto è cancellare la storia: "La deportazione di mezzo milione di lituani, l'assassinio di centinaia di migliaia di polacchi, la liquidazione dei tatari in Crimea, tutto ciò è rimasto nella memoria senza documenti fotografici e quindi, in fondo, come qualcosa di indimostrabile che, prima o poi, sarà fatto passare per una mistificazione".

Gombrowicz Witold. Uno dei motivi per i quali amo Kundera è perché, tra gli scrittori, è colui che ha capito meglio il romanziere polacco che più ammiro. Nelle sue interviste e negli scritti teorici, Kundera fa speso affermazioni di questo tipo: "Considero Ferdydurke uno dei tre o quattro più grandi romanzi scritti dopo la morte di Proust" . A Gombrowicz, Kundera dedica pagine molto belle sia ne L'arte del romanzo che ne I testamenti traditi. Ma, soprattutto, si serve di Gombrowicz per spiegare il suo disagio di esule che potrebbe, passata la dittatura, tornare in patria e non ci riesce: "Penso spesso a Gombrowicz in quei giorni di Berlino, al suo rifiuto di rivedere la Polonia: dipendeva dalla sua diffidenza verso il regime comunista allora al potere? Non credo: il comunismo polacco cominciava già a sgretolarsi, gli uomini di cultura militavano quasi tutti nelle file dell'opposizione e avrebbero trasformato la visita di Gombrowicz in un trionfo. Le ragioni vere di quel rifiuto non potevano essere altro che esistenziali. E incomunicabili. Incomunicabili perché troppo intime. incomunicabili, anche, perché troppo offensive per gli altri. Certe cose si possono solo tacere". Quale modo migliore per spiegare ai propri connazionali offesi dalla sua ostinazione a starsene a Parigi (e, addirittura, scrivere direttamente in francese) che questo richiamo alle ragioni intime di Gombrowicz, ben comprensibili del resto nel suo Dziennik (Diario)!

Katowice. Il 25 e 26 aprile del 1986, alcuni amici polacchi, con i quali avevo condiviso per tre anni il seminario per dottorandi dell'Istituto di studi letterari (IBL) di Varsavia, organizzarono a Katowice un seminario clandestino su Kundera, dove venni invitato. Tutto, all'inizio, fu molto formale, nonostante la censura e il pericolo di esser scoperti: inviti stampati, richiesta del titolo della relazione (la mia si intitolava: La filosofia di Kundera), materiali di documentazione appositamente tradotti dal ceco e dal francese. Arrivammo a Katowice (una delle città più brutte della Polonia: grosso polo industriale al confine con la Germania) alla spicciolata, la sera prima dell'inizio dei lavori: 28 persone provenienti da tutta la Polonia (tra le quali due stranieri: uno svedese ed io) alloggiate in posti di fortuna, da amici e anche, come nel mio caso, da persone ignare. Il seminario si tenne in un alloggio da poco abbandonato, al quarto piano di un grigio palazzone di periferia. Tutti seduti per terra ascoltammo 12 relazioni e registrammo cinque ore di dibattiti. Le uniche pause erano per dei veloci pranzetti a base di salsicce bollite, pane e birra (ce n'erano delle casse piene contro una parete). Il secondo giorno, irruppe in casa la polizia, ma fece finta di aver interrotto una rimpatriata di amici un po' alticci. L'atmosfera era invece quella di una discussione maledettamente seria, di una fraternità e una comunanza spirituale davvero singolari. La sbobinatura di quei materiali fu poi pubblicata in un libro, due anni dopo, a Londra e, contemporaneamente, in Polonia, nelle edizioni clandestine. È convinto considerata tutt'oggi la cosa più completa e interessante uscita sullo scrittore boemo. Debbo a Kundera una delle avventure intellettuali e umane più belle che mi siano capitate e la riprova che "all'Est" c'era un rapporto con la letteratura e la cultura assai più profondo che da noi.

Letteratura e politica. Kundera è stato il meno politico, anche se è stato perseguitato da delle autorità burocraticamente ottuse, di tutti gli scrittori appartenenti alla cosiddetta "area del dissenso". Dopo il sessantotto, era un uomo deluso e amareggiato: l'impegno politico gli faceva orrore, non voleva sentir parlare né di dissidenti né di socialismo. Difendeva strenuamente l'autonomia della letteratura dall'impegno politico: "La diffidenza del pubblico verso la letteratura dell'Est è in gran parte giustificata. Questa letteratura è infatti sempre la vecchia letteratura 'impegnata', anche se è portatrice di una degnissima testimonianza. Veicola verità preconcette anche se giuste, è a tesi, manichea, noiosa. Per esempio: Il primo cerchio di Solženicyn, ho provato a leggerlo tante volte ma non sono mai andato oltre la pagina 150; so dall'inizio cosa mi vuol dire. Lo stesso per un autore come Zinoviev. Personalità rispettate molto e lette poco."
Ciò non gli ha impedito di ingaggiare delle importantissime battaglie culturali in difesa delle "piccole nazioni dell'Europa centrale", di intervenire in difesa della Slovenia: "Il patriottismo degli sloveni mi tocca personalmente, dal momento che si è sempre fondato non su un esercito o su un partito politico ma sulla cultura e, in primo luogo, sulla letteratura. Il loro eroe nazionale non è né un soldato né un prete ma France Presern, il grande poeta romantico della prima metà del XIX secolo". Per queste dichiarazioni Kundera venne violentemente attaccato dal Peter Handke sulle pagine della "Suddeutsche Zeitung", agli inizi di agosto: "Com'è triste e anche scandaloso, quando qualcuno come Milan Kundera separa la Slovenia insieme alla Croazia, dai Balcani serbi, e la sbatta ciecamente in quella spettrale Europa centrale, i cui padroni imperiali un tempo volevano liquidare come linguaggio povero e barbaro anche la lingua slava dei ciechi".
Ma anche nei suoi primi romanzi e racconti, che rimangono le sue cose più belle, a volte ho l'impressione che si sia ormai depositata la patina di un passato che sembra lontanissimo: come rivedere certi film di Antonioni degli anni Sessanta o riascoltare una canzone di Yves Montand. I libri di Kundera sopravvivono nelle parti più "decostentualizzabili", dove vince l'ironia e la pietà per le umane miserie (e lo stile, quello del grande scrittore, non invecchia!).

Oblio. Il libro del riso e dell'oblio è uno dei libri migliori e più profondi di Kundera: una serie di racconti che mettono a fuoco mirabilmente, e con amara ironia, la realtà dei paesi oppressi da regimi totalitari, ma non solo quella. C'è, già nel titolo, racchiuso il senso della filosofia di Kundera: il riso, lo scherzo, lo scherno, la satira che corrode le palafitte del potere e anche la leggerezza come cifra caratteristica della nostra esistenza; l'oblio come violenza della Storia sugli uomini. Nel racconto La madre (Maminka) si narra di una donna, madre del protagonista, che aveva invitato per il 12 agosto 1968 un suo amico farmacista a raccogliere le pere nel suo giardino. A causa de "l'ingresso dei carri armati di alcuni paesi stranieri" in Cecoslovacchia, il farmacista non si fece vivo, e nemmeno nei giorni successivi per scusarsi. La signora ci rimase malissimo e non perdonò più l'amico. Il figlio e la nuora furono sorpresi e indignati per tanto egoismo e tanta incomprensione degli eventi storici. A distanza di molti anni però, sopiti i rancori, attendendo la madre, il figlio riflette su quell'episodio. Le conclusioni alle quali giunge sono un po' diverse da quelle del passato. Tutto sommato non gli appare così sbagliata la prospettiva esistenziale della madre che "in primo piano aveva una grossa pera e da qualche parte, lontano, sullo sfondo, un carro armato non più grosso di una coccinella (slunecko) destinata a volarsene via da un momento all'altro (…) Il carro armato è perituro e la pera è eterna (tank je smertelny a hruska je vecnà)". Karel, il protagonista del racconto, si è oggi costruito un guscio dove fluttuano, e congiurano contro di lui, le figure della moglie Eva e dell'amica Markéta in un intreccio erotico che è insieme desiderio di affermare una vita che, fuori dalla dimensione sessuale, appare sempre meno autentica e triste malinconia prodotta con un grande senso di frustrazione per tanti desideri e speranze rimasti schiacciati dai cingoli dei carri armati. In lui la paura non gioca più nemmeno un ruolo determinante: si è ormai convinto che le pere (che simboleggiano la vita privata quotidiana) sono più importanti dei carri armati, si è costruito un'ideologia, perfettamente funzionale al potere, che gli permette persino di accettare la propria sconfitta come una vittoria, scambiare la miopia fisica e mentale di sua madre, ma anche la sua, per la vittoria del quotidiano sulla Storia.
Nel volume, la Cecoslovacchia appare come "il deserto dell'oblio organizzato". Mirek -personaggio di un altro racconto: La lettera perduta sostiene infatti che: "La lotta dell'uomo contro il potere è lotta della memoria contro l'oblio"(Boj cloveka proti moci je boj pameti proti zapomneni). Gli individui si agitano nella propria vita quotidiana - e alcuni lottano proprio per uscire da quella cappa di anonimato che costituisce uno degli elementi fondamentali del mantenimento, da parte del Potere, di un consenso passivo della popolazione. Per un paradosso, sostiene Kundera, è negli scaffali della polizia la nostra unica immortalità.
Nel racconto Gli angeli che rappresenta il trionfo dell'incubo dell'infantilismo, la protagonista Tamina si ritrova in un'isola (molto simile alla Cecoslovacchia degli anni Settanta), piena di bambini, soltanto bambini, dove risuona una musica idiota e il "Presidente dell'oblio" (Prezident zapomneni) grida: "Fanciulli, vivere è la felicità!" (Deti, zit, to je stestì!) .

BIOGRAFIA

MILAN KUNDERA è nato a Brno, nell'allora Cecoslovacchia (oggi Repubblica Ceca), il 1º aprile del 1929. Kundera studiò letteratura e musica a Praga. Dal 1949 studia alla Scuola di Cinema (FAMU) dove si laurea e dove in seguito terrà corsi di letterature comparate. Nel 1948 si iscrisse al Partito comunista, ma ne fu espulso nel 1950 per via di alcune critiche alla sua politica culturale contenute in una lettera a lui indirizzata da un amico (stessa situazione del suo primo romanzo Lo scherzo). Nel 1956 fu riammesso, diventando un punto di riferimento importante nelle discussioni di quegli anni. Nel 1968 si schierò apertamente a favore della cosiddetta "Primavera di Praga", e fu per questo costretto a lasciare il posto di docente e, nel 1970, fu nuovamente espulso dal partito. Nel 1975 emigrò in Francia, ove ha insegnato alle Università di Rennes e di Parigi, dove oggi vive con la moglie Vera Hrabanková. Nel 1979, a seguito della pubblicazione de Il libro del riso e dell'oblio, gli fu tolta la cittadinanza cecoslovacca. Nel 1981, grazie a un interessamento del presidente François Mitterrand, ottenne quella francese. Nel 2008 un documento, rinvenuto negli archivi della Polizia di Praga, avrebbe fatto sospettare una sua delazione, nel 1950, nei confronti di un ventenne impegnato in un'operazione di "spionaggio" tra Germania Ovest e Cecoslovacchia (il giovane venne poi condannato a 22 anni di lavori forzati). Kundera ha sempre negato ogni responsabilità nella vicenda.

BIBLIOGRAFIA

  • Lo scherzo (Žert, 1967) (trad. Arrigo Bongiorno, Mondadori 1969 - trad. Antonio Barbato [= Giuseppe Dierna], Adelphi 1986);
  • Amori ridicoli (Směšné lásky, 1968) (trad. Serena Vitale, Mondadori, 1973 - trad. Antonio Barbato [= Giuseppe Dierna], Adelphi 1988;
  • Jacques e il suo padrone. Omaggio a Denis Diderot in tre atti (Jakub a jeho pán: Pocta Denisu Diderotovi, 1971 - Jacques et son maître, hommage à Denis Diderot, 1984) (trad. Alessandra Mura, Adelphi 1993);
  • Il valzer degli addii (Valčík na rozloučenou, 1972) (trad. Serena Vitale, Bompiani, 1977 - Adelphi 1989);
  • La vita è altrove (Život je jinde, 1973) (trad. Serena Vitale, Mondadori, 1976 – Adelphi 1987);
  • Il libro del riso e dell'oblio (Kniha smíchu a zapomnění, 1978) (trad. Serena Vitale, Bompiani, 1980 - n. ed. a cura di Alessandra Mura, Adelphi 1991);
  • L'insostenibile leggerezza dell'essere (Nesnesitelná lehkost bytí, 1984) (trad. Antonio Barbato [= Giuseppe Dierna], Adelphi 1985);
  • L'arte del romanzo. Saggio (L'Art du roman, 1986), trad. Ena Marchi e Anna Ravano, Adelphi 1988);
  • L'immortalità (Nesmrtelnost, 1990) (trad. Alessandra Mura, Adelphi, 1990);
  • I testamenti traditi (Les Testaments trahis, 1992), trad. Maia Daverio, Adelphi 1994);
  • La lentezza (La Lenteur, 1995) (trad. Ena Marchi, Adelphi 1995);
  • L'identità (L'Identité, 1997) (trad. Ena Marchi, Adelphi 1997);
  • L'ignoranza (L'Ignorance, 2001) (trad. Giorgio Pinotti, Adelphi 2001);
  • Il sipario (Le Rideau, 2005), trad. Massimo Rizzante, Adelphi 2005);
  • Un incontro (Une rencontre, 2009), trad. Massimo Rizzante, Adelphi 2009);
  • La Festa dell'insignificanza (La fête de l'insignifiance, 2013) (trad. Massimo Rizzante, Adelphi 2013)
Francesco M. Cataluccio

Analisi di Francesco M. Cataluccio, Responsabile editoriale della Fondazione Gariwo

22 giugno 2020

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Contenuti correlati

Scopri tra gli Editoriali

carica altri contenuti