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L'esempio dei Giusti come arma di responsabilità di fronte alla violenza

di Anna Foa (alla Sala Capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva presso il Senato della Repubblica)

L'intervento della storica Anna Foa alla Conferenza Costruire democrazia nel nostro tempo, contrastare discriminazioni, persecuzioni e discorsi d’odio, a Roma nella Sala Capitolare presso il Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva.

Si celebra qui oggi la Giornata dei Giusti dell'Umanità, istituita dall’Unione europea nel 2012 su sollecitazione di Gariwo, solennità civile in Italia dal 2017 nella data, 6 marzo, della scomparsa dell'artefice del Viale dei Giusti a Yad Vashem Moshe Bejski. La dizione Giusti dell’Umanità riprende quindi il termine Giusti usato da Yad Vashem, il memoriale istituito a Gerusalemme nel 1953 e volto, oltre che ad onorare e ricordare gli ebrei vittime della Shoah, anche ad esprimere la gratitudine dello Stato di Israele e del popolo ebraico verso quei non ebrei che avevano aiutato gli ebrei. E proprio a Yad Vashem nel 1963 ha avuto inizio il progetto di riconoscimento del titolo di Giusti delle Nazioni a coloro che a loro rischio e senza ricompense avevano aiutato a salvarsi almeno un ebreo.

I Giusti delle Nazioni di Yad Vashem sono, quindi, quanti fra i non ebrei avevano aiutato gli ebrei nella Shoah.

Si è detto e si continua a dire che chi parla di Giusti, come fa Gariwo, a proposito dei Giusti dell’umanità, in riferimento non solo ai Giusti della Shoah ma ai Giusti di tutti i genocidi e di tutti i totalitarismi, ingenera confusione. Si è anche affermato che solo Yad Vashem può usare questo termine. Il che equivale a dire che lo si può attribuire solo a chi ha salvato gli ebrei nella Shoah. Allora come dovremmo chiamare chi salva un non ebreo? un salvatore? Un buono? Ma siamo proprio sicuri che l’idea del Giusto la abbia inventata Yad Vashem? E che Gariwo la abbia imitata estendendola all’umanità intera?

Il termine Giusto infatti ha un’origine ben più antica dell’iniziativa di Yad Vashem, è un termine che ha radici in vari testi talmudici del III e IV secolo, e che ritroviamo in testi della tradizione ebraica medioevale, nel pensiero cabbalistico e, in misura molto ampia, nel pensiero hassidico a partire dal XIX secolo. Secondo tale leggenda, infatti, così la definisce Gershom Scholem, in ogni generazione ci sarebbero 36 giusti, i lamed-vovnik, ignorati e nascosti, che avrebbero il compito di salvare l’umanità, tutta l’umanità. L’attenzione su questa leggenda fu sollecitata dopo la Shoah da un romanzo di André Schwarz-Bart, ebreo francese di origine polacca, figlio di deportati e resistente, L’ultimo dei Giusti. Il libro, pubblicato in Francia nel 1959, ha avuto vasta risonanza e vinto nello stesso 1959 il prestigioso Premio Goncourt. La storia narratavi parte dal XII secolo e dal succedersi nelle generazioni dei Giusti, per diventare poi nel corso del romanzo la storia di un giovane ebreo durante la Shoah. Il libro suscitò ovunque, anche in Italia dove fu tradotto nel 1960, attenzione ed emozione. Fu un libro molto amato da Elie Wiesel e da Jules Isaac, e considerato da Gershom Scholem come il libro che aveva diretto l’attenzione del mondo sulla leggenda ebraica dei Trentasei Giusti. Nel 1967 avrebbe ottenuto a Gerusalemme il prestigioso Jerusalem Prize. Quando, nel 1963, fu istituita da Yad Vashem la Commissione per i Giusti, era così quello dei giusti un tema famigliare. Yad Vashem lo attribuì solo ai non ebrei che avevano salvato gli ebrei durante la Shoah, ma nelle sue origini leggendarie, nei testi ebraici, ad essere salvati dall’esistenza e dall’opera dei giusti non erano solo gli ebrei ma l’intera umanità. Non dice forse il Talmud che chi salva una vita salva il mondo intero? I trentasei Giusti dei testi ebraici erano così Giusti dell’umanità.

Estendere l’idea di giusto da coloro che, non ebrei, salvarono gli ebrei a coloro che, ebrei o non ebrei, salvano ogni essere umano in pericolo nei genocidi, nei crimini di guerra, nelle repressioni totalitarie, ci riporta così alle origini della leggenda. I Giusti dell’umanità non si contrappongono ai Giusti delle nazioni, ma li affiancano, ne completano il compito. Non li ricalcano, ma si ispirano agli stessi testi, agli stessi principi. Nei Giusti dell’umanità, che oggi celebriamo qui, il bisogno di esprimere riconoscenza, tanto forte nell’istituzione di Yad Vashem, diventa espressione del riconoscimento della responsabilità e dell’impegno verso ogni essere umano. Guarda al futuro, affiancando lo sguardo al passato espresso da Yad Vashem. La forza dei Giusti di Yad Vashem sta proprio nella capacità che hanno avuto di estendere all’umanità intera il loro agire, di rappresentare uno stimolo e una consapevolezza del bene in tutte le situazioni in cui l’umanità è a rischio, di prevenire il male con quella bontà insensata di cui parlava Vassilij Grossman, con il senso della responsabilità.

Ecco perché celebrare la Giornata dei Giusti come si è fatto e si fa dopo l’istituzione della Giornata dei Giusti dell’Umanità non solo nulla toglie all’attività svolta da Yad Vashem nel riconoscimento dei Giusti della Shoah, non ne rappresenta una banalizzazione, come pur è stato detto, ma anzi vi aggiunge peso e valore aprendola, nello spirito della tradizione ebraica, all’umanità intera e al futuro che abbiamo di fronte.

Un futuro in questo momento oscuro, incerto, doloroso ovunque, in Ucraina, in Iran, ma anche in Israele - come non essere preoccupati dagli attacchi alla sua democrazia portati avanti dal recente governo Netanyahu, oggi a Roma a cercare alleati? - che dobbiamo affrontare prendendo esempio dall’azione dei Giusti, con le armi dell’apertura, della responsabilità verso tutti gli esseri umani di fronte alla violenza, ai totalitarismi, ai razzismi. Giusti delle Nazioni, certo, ma anche Giusti dell’Umanità.

Anna Foa

Analisi di Anna Foa, storica

9 marzo 2023

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