Gariwo
https://it.gariwo.net/editoriali/l-europa-in-cui-vorrei-vivere-26445.html
Gariwo

L'Europa in cui vorrei vivere

di Maurizio Molinari, capo dell’Ufficio del Parlamento europeo a Milano

In un articolo uscito sul Guardian il 6 luglio 2023 come tributo alla scrittrice ucraina Victoria Amelina, morta a causa del bombardamento russo che ha distrutto una pizzeria a Kramatorsk, la giornalista Emma Graham-Harrison ha ricordato come Victoria combattesse per un’Ucraina libera e contrastasse il terrore dell’invasione di Putin con la speranza e l’azione.

Il titolo del saggio della Amelina riportato dal Guardian è proprio “Ucraina e il significato della parola casa”, in inglese “Ukraine and the meaning of home”.

Ecco, pensiamo ora se noi italiani, noi europei dovessimo dare un nome a quella “home” e volessimo dargli un significato: per me “home” sarebbe dove è vissuta e vive la mia famiglia, nella fattispecie Pescina (un piccolo paese dell’Abruzzo in provincia dell’Aquila), Roma - dove sono cresciuto - ma anche Forlì e Urbino - dove ho studiato - Bruxelles, Milano, Jurmala... E, alla fin fine, per me come spero per molti di voi, “home” è Europa.

E in che tipo di Europa vogliamo vivere? Io, e qui parlo a titolo personale sapendo che ci sono ed è giusto che ci siano sensibilità e idee diverse, vorrei vivere in un’Europa che - e torno alla Amelina - contrasti le atrocità delle dittature e delle autocrazie con la speranza della democrazia. Vorrei vivere in un’Europa che lotti contro il negazionismo in materia di cambiamento climatico con un’ambiziosa serie di politiche ambientali che portino veramente il nostro continente all’ambito obiettivo di emissioni 0 entro il 2050. Vorrei vivere in un’Europa in cui ognuno sia veramente libero di essere sé stesso/a e sviluppare appieno il proprio potenziale, di studiare e lavorare nel proprio paese o in un altro dei paesi che fanno parte dell’UE. Vorrei vivere in un’Europa in cui i diritti fondamentali non siano mai messi in discussione qualsiasi sia il risultato di un’elezione, un’Europa in cui i bambini - ma anche i sempre più numerosi anziani - siano ascoltati, rispettati e tutelati. Infine vorrei vivere in un’Europa che non veda l’immigrazione come uno spauracchio o una continua emergenza, ma piuttosto come un fenomeno da gestire, che può portare anche a noi europee più opportunità che rischi e che può esserci utile in termine, ad esempio, di contrasto al calo e all’invecchiamento demografico e che può dare un contributo in settori in cui abbiamo bisogno di lavoratori stranieri.

Per molti versi, invece di dire “vorrei vivere”, dovrei dire “vorrei continuare a vivere”. Sì, perché l’Unione Europea è già molto di quello che scrivevo sopra. Ma se dobbiamo sempre tener ben presente quello che abbiamo e lottare per conquistare quello che vogliamo avere, dobbiamo anche sapere che quello che abbiamo ora potremmo non averlo domani. Le conquiste, i diritti, i privilegi che noi diamo per scontati oggi potremmo perderli se non li curiamo a dovere, se non ce ne curiamo abbastanza.

Torniamo però al Guardian: il saggio di Victoria Amelina che viene riportato come long read è intitolato: “Sono stata il peggior investimento che i russi abbiano mai fatto”.

Vi invito davvero a leggerlo per capire quanto può essere subdola ed efficace la propaganda del Cremlino negli ex paesi del blocco sovietico ma anche da noi, in Italia e nell’Unione europea.

Nel pezzo, la scrittrice ricorda come i movimenti di Piazza Maidan Nezaležnosti del 2013-2014 a Kyiv erano innanzitutto movimenti che chiedevano una prospettiva europea per l’Ucraina e un’allontanamento da quella che, con una frase fatta più adatta forse al XX secolo che ai giorni nostri, si suole definire la sfera di influenza di Mosca. Infatti, da loro, il movimento si chiamava proprio Euromaidan.

Se, lasciando un secondo da parte l’Ucraina, prendiamo alcuni esempi di paesi dell’ex URSS che si sono avvicinati all’Unione Europea o che proprio ci sono entrati come la Lettonia, l’Estonia, la Lituania, ma anche la Moldavia, la Georgia e l’Armenia per certi versi, e se consideriamo d’altro canto paesi come la Bielorussia, la Cecenia, ma anche il Kazakistan, il Turkmenistan, il Tagikistan, l’Uzbekistan, capiamo bene i motivi di questa spinta che definirei “euripeta” e “russifuga”.

Quando le persone sono libere di scegliere, quando vivono in un ambiente che favorisce la libertà di espressione, in cui la libertà di stampa può essere esercitata senza timore che i giornalisti vengano imprigionati o uccisi, molto spesso queste persone scelgono la democrazia e non il giogo di un autocrate o di un dittatore.

E, in questo senso, l’Unione Europea continua a esercitare un campo di attrazione importante per tutti quei paesi che vorrebbero entrarne a far parte. Oltre alle già citate Ucraina, Moldova e Georgia pensiamo a tutti i paesi dei Balcani occidentali il cui processo di adesione è già avviato.

Certo, per un eventuale allargamento l’assetto istituzionale dell’Unione Europea non potrà restare quello dell’UE a 27: i politici europei, che ricordiamo siamo noi a scegliere (e ci arrivo più sotto) dovranno dimostrarsi all’altezza di un progetto così ambizioso, dovranno lasciare da parte egoismi e interessi personali, o di singoli paesi, per provare a progettare un’Europa che sia sempre più ampia e inclusiva, che sia veramente quello spazio di libertà, di pace e di diritti a cui chi sta fuori dell’UE ambisce.

La Conferenza sul Futuro dell’Europa, tenutasi nel 2022, che ha visto la partecipazione di centinaia di migliaia di cittadini europei e che ha portato a oltre trecento proposte concrete riunite in 49 raccomandazioni, può essere vista come un primo, importante anche se incerto passo, un punto di partenza da prendere in seria considerazione e che la politica deve poi portare a compimento con azioni pratiche ispirate dalle proposte elaborate. D’altra parte, noi in Europa abbiamo avuto il coraggio di farla una conferenza sul futuro dell’Unione, in Russia - ad esempio - una cosa simile sarebbe semplicemente impossibile anche solo da immaginare.

Le elezioni europee che si profilano all’orizzonte, il 9 giugno 2024, saranno dunque un momento di scelta per tutti noi, un momento in cui ognuno potrà dire la sua su che tipo di Europa immagina per il futuro.

Con le elezioni europee del 2024 dovremo, tutti noi, decidere se l’Europa che vogliamo è quella che è rimasta a osservare quando Putin invadeva la Crimea e il Donbass nel 2014 o quella che ha agito compatta dopo l’inizio dell’invasione russa su larga scala nel febbraio 2022. Dovremo scegliere fra l’Europa che accoglie centinaia di migliaia di rifugiati ucraini e quella che non riesce a far fronte a una gestione efficace dei flussi migratori che tenga conto delle nostre necessità ma anche di quelle di chi, pur di scappare dai propri paesi, affronta ripetute roulettes russe nel deserto del Sahara, nei centri di detenzione libici, con i respingimenti delle autorità tunisine, nel Mar Mediterraneo o sui camion che attraversano la rotta balcanica.

L’Europa era casa nostra”, scrive la Amelina raccontando come, dopo il 24 febbraio 2022, è rientrata in Ucraina dall’Egitto insieme al figlio di dieci anni partendo dall’Egitto e passando per la Repubblica Ceca e la Polonia. “Ho visto un cambio di prospettiva”, continua. “Quello che è successo con i rifugiati ucraini non è stato solo un gesto di gentilezza da parte dei paesi dell’Unione Europea. E’ stato un cambio nella storia europea e, in fin dei conti, un cambiamento di quello che consideriamo il confine della nostra casa. Gli ucraini, ora, non stanno combattendo solo per l’Ucraina, ma anche per l’Europa”.

Ecco, questa è la posta in gioco nelle prossime elezioni europee: continuare ad allargare quel fragile legame di fiducia che ci unisce, continuare a costruire un’Unione Europea che abbia un ruolo fondamentale nel migliorare il mondo in cui tutti noi viviamo o un’UE più proiettata dentro sé stessa, rintanata in un guscio che spera sufficientemente duro per proteggersi? Perché, come scriveva Camus nelle sue quattro lettere a un amico tedesco, “L’Europa è ancora da fare, essa sarà sempre da fare”. E chi dovrà continuare a farla se non noi europei?

Maurizio Molinari

Analisi di Maurizio Molinari, capo dell’Ufficio del Parlamento europeo a Milano

31 luglio 2023

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Scopri tra gli Editoriali

carica altri contenuti