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La Giornata dei Giusti come un grande marchio italiano che sintetizza i più alti valori europei

di Gabriele Nissim (alla Sala Capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva presso il Senato della Repubblica)

L'intervento del presidente di Gariwo Gabriele Nissim alla Conferenza Costruire democrazia nel nostro tempo, contrastare discriminazioni, persecuzioni e discorsi d’odio, a Roma nella Sala Capitolare presso il Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva.


Ringrazio il senatore Verducci per averci ospitato in questa sala prestigiosa e avere raccolto il nostro appello. Ringrazio l’onorevole Milena Santerini e il senatore Lucio Romano che hanno lavorato con successo all’approvazione della Legge sui Giusti dell’Umanità cinque anni fa, nel 2017. Ringrazio il ministro degli esteri Tajani che ha voluto sostenere questa iniziativa e, in particolare, oggi il Ministro Plenipotenziario Antonio Enrico Bartoli, Capo dell’Ufficio per i Rapporti con il Parlamento del Gabinetto del Ministro Tajani, che lo sostituisce a seguito della riunione del Consiglio dei ministri a Cutro.

C’è una frase profetica che mi ha colpito in questi giorni e che mi ha fatto riflettere.

«Quasi nulla di ciò che io sono stato educato a ritenere vitale e permanente, quasi nulla di tutto questo è rimasto in piedi. Tutto ciò che ritenevo impossibile, e che ero stato educato a ritenere impossibile, ebbene tutto questo è accaduto».

Sono parole di Winston Churchill alla vigilia dell'ascesa del nazismo che fotografava il cambio repentino di prospettiva nel mondo.

È una situazione che si sta ripetendo nei giorni nostri, dopo la grande fiducia che avevamo avuto nel 1989 con la caduta del muro di Berlino quando sembrava che ci fosse una marcia inarrestabile verso la pace e la democrazia.

Abbiamo visto Capitol Hill negli Stati Uniti, l’assalto dei fans di Bolsonaro al parlamento di Brasilia, la distruzione dei giornali liberi in Russia, la persecuzione delle voci indipendenti con il veleno e la prigione, la messa fuori legge di Memorial che ricordava i gulag di Stalin. Abbiamo visto l’invasione dell’Ucraina e oggi le minacce all’indipendenza e alla democrazia in Georgia e Moldavia. Abbiamo sentito qualche giorno fa il ministro degli esteri cinese Qin Gang sostenere che è possibile una nuova guerra mondiale. Abbiamo visto in un paese a noi caro come Israele centinaia di migliaia di persone scendere in piazza per difendere lo stato di diritto. Abbiamo visto come, dopo la partenza degli americani e degli alleati in Afghanistan, è nato un terribile apartheid che ha fatto delle donne un genere inferiore che non ha diritto al lavoro, alla liberà e all’istruzione. Abbiamo visto la repressione sanguinosa delle donne che in Iran vogliono uscire dall’imposizione del velo. Cinquecento persone sono state ammazzate nelle piazze, ventimila arrestate, decine condannate a morte. Ancora una volta, come è capitato nell’onda verde del 2009, sembra impossibile per le donne iraniane creare una breccia in quello che chiamano il loro muro di Berlino, secondo una espressione molto azzeccata di Masih Alinejad, la dissidente più famosa della diaspora iraniana che ha parlato nel nostro parlamento qualche giorno fa.

Abbiamo così scoperto, e lo dico come ebreo figlio dei pochi sopravvissuti di Salonicco (su 50 mila ebrei rimasero due mila ebrei e la famiglia di mia madre venne salvata da uno scafista che prese i soldi, ma la portò viva da Atene a Istanbul su una barchetta); e lo dico, ripensando alle riflessioni amare di Primo Levi, che il male continua dopo la Shoah, che il male non è unico, che può passare attraverso differenti stazioni: l’odio, le parole malate, l’insensibilità nei confronti delle tragedie dei migranti in mare, leggi ingiuste che colpiscono le donne, attacchi alla democrazia in diversi paesi del mondo, fino alla guerra e alle nuove minacce al diritto di esistenza di nazioni intere come avviene per gli ucraini, e gli uiguri che sono stati chiusi nei campi di rieducazione.

Eppure, noi dobbiamo salvare la speranza e il futuro, e vorrei ricordare che il nostro paese ha creato prima nel parlamento europeo nel 2012 e poi in quello italiano nel 2017 una idea meravigliosa di pace e di fratellanza che possiamo seminare in tutto il mondo. È un'idea non politica, come la si potrebbe intendere, ma una proposta permanente di educazione etica così cara al mio amico Vito Mancuso.

È la Giornata dei Giusti dell’Umanità che rende visibile all’opinione pubblica il lavoro di autoeducazione e di formazione che migliaia di giovani realizzano attorno ai più di 200 Giardini nel mondo.

Quale è la missione che ci guida? Fare conoscere ovunque la bellezza della persona buona come raccontava la filosofa Agnes Heller e valorizzare ovunque le storie delle donne e degli uomini giusti che fanno barriera all’odio, ai genocidi e a tutte le persecuzioni. È una ricerca che non finisce mai ed educa i giovani e la nostra società alla possibilità che ha ciascuno di noi di scegliere e di diventare portatore e messaggero di pace, di amicizia, di democrazia.

La persona buona, ovunque nel mondo, si trova di fronte a questo possibile percorso. Diventare custode dell’altro uomo. Homo hominis deus, diceva Spinoza; diventare un educatore dell’uomo che prende una cattiva direzione come faceva Socrate che si proponeva di guarire l’anima di chi sbagliava, mettendolo in contraddizione con se stesso. E infine non sottostare e disubbidire a ordini e leggi ingiuste, come aveva insegnato a Norimberga Hersh Lauterpacht, il giurista inglese di origine polacca che aveva reso attuale nella giurisdizione internazionale la ribellione morale di Antigone.

Di fronte al mondo disordinato e in subbuglio di cui parlavamo prima, insegniamo alla società a guardare ai Giusti del nostro tempo che ci impediscono di cadere nell’abisso. Appoggiandoli creiamo le premesse per una nuova rettifica del mondo e capiamo dove passa la strada di una nuova speranza che sembra ora così lontana.

La Giornata dei Giusti dell’Umanità la potremmo definire un grande marchio italiano che sintetizza i più alti valori europei.

Siamo il paese della bellezza e creatività e possiamo diventare esportatori dell’idea di Bene. È questa l’identità italiana migliore, non quella che si vorrebbe chiudere a riccio su se stessa. Non è un caso che il Ministero degli esteri abbia dato il via al Giardino dei Giusti della Farnesina e che le nostre ambasciate all’estero, dalla Tunisia, alla Giordania, alla Francia, all’Argentina, abbiano costruito con noi nuovi progetti di Giardini nel mondo. Le ambasciate hanno colto la potenzialità di questo messaggio.

Abbiamo così dato valore a due risoluzioni fondative delle Nazioni Unite dopo la Seconda guerra mondiale.

La Convenzione per la prevenzione e la repressione dei genocidi di Raphael Lemkin e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo di Eleanor Roosevelt. I Giardini dei Giusti sono così lo strumento culturale che insegna all’umanità il comandamento più alto: non commettere genocidi. Fino ad ora, queste risoluzioni internazionali hanno funzionato molto poco per i veti delle superpotenze. Noi, con i Giardini dei Giusti, creiamo un grande movimento culturale dal basso che le valorizza e le fa vivere nella società. Insegniamo a prevenire il male e a prendersi cura dell’altro quando gli viene negata la sua dignità umana.

Ci proponiamo due compiti che dovrebbero unire tutte le forze politiche del nostro paese senza distinzioni.

Fare approvare la giornata dei Giusti dalle Nazioni Unite affinché diventi una idea mondiale. È un obbiettivo ambizioso, che renderebbe il concetto di Giusto una categoria universale che lega la pluralità degli esseri umani attorno all’idea di Bene e che indica la possibilità di resistenza di un individuo nei confronti di un male estremo.

Farci promotori in tutti i Giardini di una grande alleanza tra i ragazzi ucraini che difendono con le armi la sovranità del loro popolo e i ragazzi russi che si battono per la democrazia e la libertà nel loro paese. Le persone buone superano i confini e si ritrovano assieme nello stesso destino. Ora sembra impossibile ma un giorno si incontreranno e noi dovremmo lavorare per questa ricomposizione.

Oggi la nostra solidarietà nei confronti dell’Ucraina è il compito più alto che ci dobbiamo assumere con i Giardini e nella Giornata dei Giusti dell’Umanità in un momento dove la storia sembra tornata indietro e, sotto nuove forme, è ritornata la teoria dello spazio vitale. Mai dalla Seconda guerra mondiale uno Stato aveva dichiarato al momento di una azione militare che una nazione non aveva diritto all’esistenza con la sua identità, la sua democrazia e la sua storia.

La messa in discussione di una identità è sempre stata la premessa di un genocidio, come aveva spiegato molto bene l’ebreo polacco Raphael Lemkin.

Gabriele Nissim, presidente di Gariwo

Analisi di

9 marzo 2023

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