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La Giornata dei Giusti e la nostra responsabilità verso l'Ucraina

di Gabriele Nissim

Il decennale della Giornata dei Giusti ci richiama alla responsabilità che ogni essere umano è chiamato ad assumersi nel proprio tempo. L’invasione dell’Ucraina ci costringe drammaticamente a scegliere il nostro comportamento.

Come scriveva Shakespeare nell’Amleto ci tocca il fardello pesante di raddrizzare il mondo in cui ci è capitato di vivere.

Per poterlo fare, come hanno spesso ricordato Liliana Segre e Papa Francesco, il primo passo è quello di liberarsi della comoda via dell’indifferenza e di rispondere all’altro che ci chiede aiuto.

In qualunque contesto i carnefici non solo usano il terrore e la paura per farci rimanere in silenzio, ma ci spingono a metterci delle bende sugli occhi per non dovere pensare.

Ce lo ha ricordato il giornalista polacco Pawel Reszka sul settimanale Polityka a proposito dell’invasione russa dell’Ucraina. Per troppo tempo non abbiamo voluto aprire lo sguardo alla Georgia, alla Cecenia, alla Crimea, alla rivolta nel Donbass, all’assassinio di giornalisti politici, con squadre di assassini venuti dall’estero, e non abbiamo compreso in nome del nostro quieto vivere il nuovo mostro che stava nascendo in Europa.

Molti non hanno dato peso alle parole di Putin quando affermava che la più grande catastrofe della Russia era stata la fine dell’impero sovietico e che dunque il suo compito era quello di ricostruire la situazione precedente.

Molti hanno sottovalutato il significato dell’avvelenamento dell’oppositore Navalny e la sua prigionia al ritorno a Mosca; molti che anche nel nostro Paese hanno a cuore la memoria non hanno dato un significato alla messa fuori legge di Memorial, l’organizzazione impegnata a ricordare i gulag staliniani.

E persino ci sono stati coloro che nei giorno scorsi hanno creduto alle parole di Putin che accusava l’Ucraina di oggi di essere nazista e di perseguitare gli ebrei, quando è un Presidente ebreo che guida l’Ucraina sostenuto da tutta la comunità ebraica e che oggi potrebbe fare la fine di Imre Nagy condannato a morte dai russi nel 1956 dopo l’invasione dell’Ungheria.

Oggi è in gioco il futuro dell’Europa.

Putin ha scatenato questa invasione non per salvaguardare la sicurezza della Russia, ma perché il suo grande timore è che dei Paesi limitrofi che cercano di costruire dei sistemi democratici possano contagiare l’autocrazia che oggi in Russia ha sostituito il sistema totalitario comunista. Non sono i missili di una Nato sempre meno organizzata che teme ai suoi confini, ma la diffusione delle idee democratiche a Mosca dove chi manifesta ed esprime un pensiero indipendente finisce nelle carceri o viene assassinato con metodi mafiosi.

Il leader sovietico vuole ricostruire attorno a se una costellazione di autocrazie che sotto il suo controllo si contrappongano al sistema democratico dell’Europa centro occidentale e cerca di destabilizzare tutti i paesi che dopo la fine del sistema sovietico hanno scelto la strada della libertà e della indipendenza. Oggi rischiano così di finire sotto la sua tenaglia prima di tutto i paesi baltici dove Putin come ha fatto in Ucraina cerca di farsi paladino della popolazione russofona per giustificare la sua interferenza.

Il nuovo leader del Cremlino in queste ore si propone di distruggere la straordinaria figura morale di Gorbaciov, mai sufficientemente considerata (meriterebbe il riconoscimento di uomo giusto), che pur essendo un comunista convinto e che fino all’ultimo immaginò di salvare il sistema sovietico, con uno straordinario atto di coraggio, accettò la caduta del muro di Berlino, la riunificazione della Germania, la scelta liberale dei Paesi satelliti, perché si preoccupò di evitare terribili bagni di sangue ed il rischio di una guerra in Europa. La scelta della libertà dei popoli e la preservazione della pace fu per lui, un uomo che aveva una coscienza, più importante delle sue convinzioni ideologiche.

L’invasione dell’Ucraina ci richiama alla missione morale di Gariwo.

Richiamare tutti alla responsabilità morale e individuale con le attività che in questi giorni si svolgono nei Giardini dei Giusti. Fare conoscere, in queste ore drammatiche, al nostro Paese le persone migliori che in Russia e in Ucraina sono drammaticamente impegnate per la difesa della libertà e della dignità umana.

Un pensiero particolare va a Dmitry Muratov, il direttore di Novaya Gazeta (il giornale su cui scriveva Anna Politkovskaya) che ha fatto uscire il suo giornale in una edizione bilingue russa e ucraina con un editoriale coraggioso: “Siamo in lutto, il nostro Paese per ordine del Presidente Putin ha iniziato una guerra contro l’Ucraina. E non c’è nessuno che lo fermi. Proviamo vergogna.”

E poi ad Alexei Navalny, in carcere da 13 mesi, che è riuscito a fare girare un sua dichiarazione dove chiede al mondo di fermare Putin che con la sua logica di potere provocherà migliaia di vittime tra i russi e gli ucraini.

Ma oggi il simbolo della resistenza morale è il Presidente della Ucraina Volodymyr Zelensky, che ha rifiutato di salvarsi, come gli avevano proposto gli americani, e che ha deciso di resistere con il suo popolo. Non sappiamo se finirà come Allende in Cile, come Imre Nagy in Ungheria, o sotto tortura e ricatto verrà costretto ad avvallare, come Dubcek a Praga nel 1968, l’invasione del suo Paese.

La Giornata dei Giusti ci ricorda la prevenzione dei genocidi e delle atrocità di massa. Non dobbiamo dimenticarci mai che le guerre e le invasioni sono la premessa dei peggiori crimini contro l’umanità.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

26 febbraio 2022

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