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La ‘Padanite’

Malattia senile del nostro tempo

Il tribunale del bene, il libro di Gabriele Nissim

Il tribunale del bene, il libro di Gabriele Nissim

Nel gennaio del 2003 fu pubblicato ‘Il Tribunale del bene’, il bellissimo libro di Gabriele Nissim che racconta come nacque il tribunale che decide se assegnare il titolo di ‘Giusto’ a chi oltre ogni ragionevole dubbio abbia messo a rischio anche la propria vita per salvare degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. È da allora che è mia fortissima intenzione poter realizzare un film per la Tv che racconti quella storia, una storia nella quale per la prima volta anzichè processare i ‘cattivi’ vengono messi sotto inchiesta i ‘buoni’, un processo nel quale i ‘giudici’ discutono fino allo scontro più aspro su che cosa debba intendersi per ‘bontà’. È dal 2003 che il mio amico Nissim mi ha virtualmente, moralmente, concesso i diritti ed è da allora che ho tentato ripetutamente di poter convincere i Network a produrre un progetto nel quale finalmente si affronta il Male da un punto di vista assolutamente nuovo.

È da oltre undici anni che Nissim, non stupendosi dell’enorme ritardo ma anzi curioso di conoscerne i continui e diversi sviluppi, mi chiede che cosa stia accadendo e perché. La stessa domanda me la sono posta io e con il passar del tempo mi sono dato molte risposte, diverse tra di loro ma alla fine tenute misteriosamente assieme da quella che io definisco provocatoriamente ‘padanite diffusa’ ossia una specie di virus culturale, comportamentale, esistenziale che lentamente ma inesorabilmente ha trasformato una gran parte degli abitanti di questo paese in ‘consumatori’ di storie esclusivamente italiane, circoscritte, localizzate, provincializzate, comunalizzate. Si è diffusa una cultura dell’isolamento non soltanto nazionale ma in certi casi addirittura legato solo alla propria realtà locale. Ecco la ‘Padanite’ dilagante malattia senile che ha ormai afferrato nelle sue spire anche il cinema, lo spettacolo, la letteratura, in parte anche l’informazione. E questo ‘virus’ ben impiantato ormai da anni si sta diffondendo a livello politico, industriale, economico con i tanti ‘oratori del popolo’ che cercano consenso e potere proponendo come unico rimedio alla lunga crisi l’uscita dall’Europa e dall’Euro, illudendo i loro ascoltatori che si potrà così tornare all’antica gloria comunale e nazionale.

Per raggiungere questo scopo diventa complicato e rischioso affrontare in modo libero, autentico, documentato, la nostra storia. Siamo forse uno dei pochissimi Paesi occidentali avanzati che non hanno una filmografia che abbia affrontato in modo serio, profondo, spettacolare e documentato, i momenti fondamentali della nostra storia: l’Unità d’Italia, chi l’ha voluta, sognata, chi l’ha avversata, il ruolo antagonista dello Stato Pontificio, la Prima Guerra Mondiale, un massacro inaudito di uomini mandati a morire da una classe dirigente cinica, interessata solo alla gloria nazionale dei propri esclusivi interessi economici e non al benessere dei propri cittadini, il colonialismo italiano in Africa che si è macchiato di crimini contro l’umanità massacrando torturando e gasando popolazioni intere, la Seconda Guerra Mondiale e la sua conclusione a Piazzale Loreto...Tutta materia straordinaria da raccontare in un film o in una serie televisiva. Tutta materia che fino al giorno d’oggi è stata quasi un tabù, materia considerata dopo oltre un secolo troppo controversa e suscettibile di creare problemi. E allora nasce e si diffonde la cosidetta ‘commedia all’italiana’ che oggi si è trasformata a mio modo di pensare,  in  ‘vuotezza all’italiana’, ossia assenza assoluta di contenuti.

Oggi questa ‘vuotezza’ prevale sopratutto nel nostro cinema un tempo punta di diamante con film straordinari sulla nostra storia, meno nella Rai, dove grazie ad alcuni suoi eccezionali dirigenti ci sono state e ancora continuano ad esserci delle punte di film, serie e miniserie, che hanno indagato a fondo nel presente e nel passato dell’Italia. Nel nostro cinema domina ormai da anni l’assenza assoluta di uno sguardo alto, epico, vasto che guardi al grande oceano umano che abita e popola il nostro pianeta. Qualsiasi storia, nella visione che riguarda lo spettacolo, deve avere un centro immobile attorno al quale ruota il resto, ci deve essere un ‘padano’ ossia un italiano nostrano, e deve essere senza equivoci il ‘buono’. Si tratta di un punto di vista indispensabile per poter iniziare una qualsiasi operazione produttiva. Nessuno dei nostri produttori cinematografici si sogna di investire e rischiare del denaro in operazioni che abbiano un sapore diverso dalla ‘vuotezza’.

Ecco perché il ‘Tribunale del Bene’ non riesce ancora a diventare una realtà cinematografica o televisiva. Che cosa c’è di più coinvolgente che assistere a un dibattito ‘processuale’ tra accusa e difesa che si attaccano e si scontrano sulla valutazione delle prove di bontà dell’ “imputato” e sul suo significato? Perché a un secolo di distanza non possiamo ancora raccontare un momento della storia europea che ha poi portato al nazismo, al fascismo, allo stalinismo e alla Seconda Guerra Mondiale? Perché non possiamo raccontare che soltanto l’esistenza di tante diverse ‘Padanie’ europee - che si facevano chiamare Germania, Francia, Italia, Austria, Russia, Inghilterra - e alle quali si vorrebbe oggi tornare da parte di molti, sono le uniche responsabili del massacro che ha insanguinato tutta l’Europa e il mondo per secoli? Massacro o schiavitù ai quali rischieremmo di andare ancora inevitabilmente incontro se si tornasse nuovamente ad una Europa fatta solo di Stati Sovrani interessati unicamente alla propria potenza economica.

Siamo allora ormai destinati a questa ineluttabile conclusione ‘virale’ epidemica oppure ci sono ancora speranze e posibilità che il vento cambi, che la malattia regredisca, che l’ignoranza diventi conoscenza? Sono convinto che la ‘malattia’, questa ‘padanite’ silenziosa e trasversale a tutti gli schieramenti politici, indolore, pericolosamente camuffata da medicina in grado di dare soluzione definitiva ai propri mali, possa essere disinnescata soltanto con la cultura, con l’informazione e mi da forza in questo mio convincimento un fatto che considero eccezionale e finalmente culturalmente ‘rivoluzionario’: la nuova direzione della fiction Rai ha promosso una specie di ‘concorso’ creativo tra tutti i produttori italiani finalizzato alla consegna entro il mese di marzo di quest’anno di soggetti cine-televisivi che abbiano come centro della narrazione la Prima Guerra Mondiale. Si tratta di un’iniziativa straordinaria, di una decisione di politica culturale che rompe spero definitivamente la barriera dei tabù, dei tanti nazionalismi culturali ‘padani’ trasversali, dell’ignoranza che a cominciare dalla Pubblica Istruzione viene tanto gelosamente protetta e conservata nel timore forse che la cultura renda liberi e consapevoli.

Concludo con un ricordo professionale personale. Quando tanti anni fa - ormai più di vent’anni - uscì il libro di Enrico Deaglio su Giorgio Perlasca, io cercai immediatamente di acquisirne i diritti cinematografici ma mi fu detto che erano già stati presi da un produttore. Ovviamente ne fui dispiaciuto ma con il passare del tempo me ne feci una ragione. Misteriosamente dieci anni dopo, per quelle ragioni che solo il destino potrebbe decifrare, mi viene proposto di realizzare una miniserie per la Rai basata su quel libro. Dieci anni dopo! Ero curioso di sapere perché ci fossero voluti così tanti anni per riuscire ad avere il via libera ad un progetto così straordinario. Perlasca era fascista, aveva combattuto in Spagna dalla parte di Franco e quindi non ‘poteva’ diventare un ‘eroe’ televisivo anche se aveva salvato 5000 esseri umani ed era stato riconosciuto come ‘Giusto delle Nazioni’ dal ‘Tribunale del Bene’. 

Dieci anni di ‘padanite’  ideologica avevano impedito che gli italiani conoscessero una verità straordinaria. Se la ‘padanite’ non ha comunque impedito allora che si facesse quel film, credo che nemmeno oggi potrà bloccare ancora a lungo lo ‘stappo’ della spumeggiante bottiglia di cultura, informazione e conoscenza che ci circonda, unico antidoto alla malattia senile di cui ho già detto.

Alberto Negrin è un regista italiano. Ha collaborato con numerose pubblicazioni, tra cui Panorama, L'Espresso e L'Europeo. Dal 1965 ad oggi ha firmato molte regie per il Piccolo Teatro di Milano. Dal 1968 si dedica anche al cinema e alla tv, con la realizzazione di inchieste, sceneggiati e fiction. Sua la regia delle miniserie televisive "Perlasca, un'eroe italano", "Gino Bartali - l'intramontabile" e "L'ultimo dei corleonesi", trasmesse da RaiUno.

Alberto Negrin, regista

Analisi di

27 marzo 2014

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