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La responsabilità

di Gabriele Nissim

I nomi degli ebrei deportati dal binario 21, Memoriale della Shoah di Milano

I nomi degli ebrei deportati dal binario 21, Memoriale della Shoah di Milano

Mi è capitato durante i dibattiti del Giorno della Memoria, con qualche venatura polemica, di sentirmi domandare perché mi occupassi, accanto allo sterminio degli ebrei, di altri genocidi e perché pensassi che la categoria dei Giusti avesse un valore universale. Ho dato questa risposta.

C’è voluto un grande sforzo per ottenere che la memoria della Shoah venisse ricordata in Europa come un atto di purificazione morale dei Paesi che furono complici e indifferenti di fronte al nazismo. Mi sono quindi chiesto se questo mio diritto, che mi sono conquistato come ebreo, non dovesse valere anche per le vittime di altri genocidi.

Se avevo la possibilità finalmente di essere ascoltato in così tante iniziative nel Giorno della Memoria, era mio dovere, mentre ricordavo la Shoah, farmi anche portavoce dei genocidi che vengono spesso dimenticati e rimossi dalla comunità internazionale.

Il diritto alla memoria pubblica deve valere per tutti i genocidi e questo doveroso riconoscimento non mette per nulla in discussione la specificità della Shoah che, come ha ricordato Yehuda Bauer, non ha precedenti rispetto ad altri genocidi: i nazisti infatti progettarono di uccidere gli ebrei in ogni luogo del mondo. Non c’erano confini per la soluzione finale. Ma proprio perché la Shoah è stato il crimine più universale, poiché non legato ad un solo territorio come è avvenuto in altri stermini, la sua memoria è una lente di ingrandimento per mettere a fuoco tutte le situazioni estreme dove gli uomini hanno progettato di eliminare altri uomini.

In secondo luogo i Giusti sono l’espressione più evidente della possibilità di un libero arbitrio dell’uomo anche nelle situazioni più estreme, dove ognuno può scegliere tra il bene ed il male nel suo piccolo spazio di sovranità. Non c’è sopravvissuto della Shoah, o di altro genocidio, che non debba la sua salvezza direttamente o indirettamente all’attività consapevole di un altro essere umano. Se mio padre è potuto scappare dalla Grecia, durante l’invasione nazista, lo deve al comandante inglese che lo accolse a Creta a bordo della sua nave, la Warspite, come del resto capitò a mia madre e alle sue sorelle che furono nascoste da una famiglia greca di Atene, dopo la loro fuga da Salonicco.

Qualcuno potrebbe obbiettare che la memoria dei Giusti dovrebbe essere circoscritta alla Shoah, perché il termine giusti nasce da una definizione biblica e rischierebbe di diluire il valore morale di chi ha aiutato un ebreo nell’indifferenza generale. In realtà il concetto di uomo giusto, che indica con diverse sfumature chi si distingue per i suoi comportamenti morali e per la sua saggezza, attraversa tutta la filosofia classica da Socrate a Seneca, l’ebraismo come il cristianesimo, ed è un punto di riferimento per i filosofi moderni da Kant, a Patočka, a Hannah Arendt.

Il punto interrogativo, come osserva l’israeliano Avraham Burg, è se la Shoah debba essere considerata come un crimine gigantesco che ha colpito soltanto gli ebrei, o come un crimine che ha ferito l’Umanità intera, di cui gli ebrei fanno parte. Se si opta per la seconda ipotesi la memoria della Shoah diventa a tutti gli effetti universale e il suo scopo diviene quello di sottolineare che ciò che è accaduto agli ebrei non si debba più ripetere nei confronti di qualsiasi essere umano.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

3 febbraio 2014

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