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La Shoah non è unica perché si potrebbe ripetere

di Gabriele Eschenazi

Yehuda Bauer è uno dei più autorevoli studiosi della Shoah. Nel discorso tenuto di recente a una conferenza della Open University of Israel ha approfondito il tema della prevenzione dei genocidi, sottolineando l'importanza dello studio dei crimini del passato e la necessità del confronto tra tutte le atrocità di massa, inclusa la Shoah. Nelle prossime settimane ospiteremo i contributi di intellettuali e studiosi con i quali abbiamo aperto un dibattito a partire dal pensiero di Bauer.

L’analisi che Yehuda Bauer propone nel suo saggio sulle MAS (atrocità di massa) è molto ampia e circostanziata, tanto che il professore decide di allargare il suo discorso affrontando anche il tema, oggi molto dibattuto, della nutrizione del pianeta (vedi Expo).

Bauer afferma che “gli esseri umani sono mammiferi predatori: a eccezione di qualche vegetariano, noi uccidiamo gli altri animali, e i pesci, per vivere”. Si tratta di un’affermazione discutibile e che non condivido anche in qualità di creatore e promotore con Pietro Leemann di The Vegetarian Chance (thevegetarianchance.org), associazione culturale vegetariana che ha tenuto nel giugno scorso a Milano e in Svizzera il suo primo festival.

L’abitudine di mangiare carne non è innata nell’uomo, ma è stata piuttosto una necessità dettata da situazioni ambientali e atmosferiche ostili e da una scarsa cultura agricola.L’alimentazione vegetariana ha assicurato, e assicura ancora oggi, la sopravvivenza di miliardi di persone. Diete vegetariane, frutto di culture alimentari millenarie, si dimostrano sempre più sane per l’uomo e per l’ambiente. Oggi, quando l’ambiente è minacciato dagli allevamenti intensivi, che inquinano, minano la sopravvivenza di intere popolazioni, attentano alla nostra salute (tumori e malattie cardiovascolari sono in crescita a causa dell’eccessivo consumo di carne) non ha senso dare per scontato, come fa il professor Bauer, che cibarsi di carne sia inevitabile e parte della nostra stessa natura. Proprio in Israele vegetariani e vegani sono in continua crescita e la stessa religione ebraica pone limiti severi al consumo di carne.

Chi oggi si batte nel mondo contro lo sfruttamento selvaggio dell’ambiente, come documenta Yann Arthus Bertrand con la sua fondazione Good Planet, meriterebbe la qualifica di “giusto”, in quanto i genocidi sono anche ambientali. Annientare intere civiltà (animali e vegetali) distruggendo l’ambiente nel quale vivono non può essere, a mio parere, definito in altro modo che “genocidio”.

Nel suo saggio Bauer tratta poi lo spinoso tema dell’unicità della Shoah, e lo fa con molta chiarezza e logica quando dice che: “Non era unico, perché ciò vorrebbe dire che non potrebbe essere ripetuto”.

La Shoah non è unica perché si potrebbe ripetere dovunque e a danno di chiunque, e dunque a danno anche dello stesso popolo ebraico in Europa, negli Usa o anche nello stesso Israele, oggetto di minacce di distruzione. La Shoah non è una sorta di vaccino che ci rende immuni da omicidi di massa di queste proporzioni. Contro i genocidi bisogna lottare sempre e senza mai abbassare la guardia. Il fatto, però, che la Shoah non sia unica non significa che non abbia una sua specificità, che la rende comunque differente dagli altri genocidi, e questo Bauer lo spiega molto bene nel suo saggio. Con la sua lucida analisi Bauer ci ricorda come non per caso la Shoah continua ancora oggi a essere studiata senza sosta per comprenderne la genesi. Tanti sono gli studiosi che si sono misurati e si misurano con l’incommensurabile grandezza e l’incomprensibilità di questa tragedia. Risposte definitive e univoche ancora non ne abbiamo avute, e forse mai ne avremo.

Questa analisi fa parte del dibattito avviato da Gariwo a partire dalla riflessione di Yehuda Bauer sulla prevenzione dei genocidi. Nel box approfondimenti sono disponibili gli altri contributi. 

Gabriele Eschenazi, giornalista e scrittore

Analisi di

27 novembre 2014

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