Gariwo
QR-code
https://it.gariwo.net/magazine/editoriali/le-scelte-morali-di-volodymir-zelensky-24782.html
Gariwo Magazine

Le scelte morali di Volodymir Zelensky

di Gabriele Nissim

Quando si discute degli uomini giusti del passato e del presente ci si trova di fronte a due categorie. Una più chiara e limpida, rappresentata da uomini di grande umanità che compiono atti di eroismo per salvare vite di perseguitati e denunciare le ingiustizie. Una più complessa di chi fa scelte difficili che spesso dividono l’opinione pubblica e il cui valore richiede tempo per la comprensione, perché il nostro giudizio è legato al corso degli avvenimenti.

Le scelte morali di Volodymyr Zelensky possono rientrare in questa seconda categoria non solo perché è in gioco il futuro dell’umanità, ma anche per il peso terribile di qualsiasi decisione che il leader ucraino è chiamato a prendere.

Ci sono però degli importanti elementi su cui riflettere, perché il nostro sforzo è quello di giudicare mettendoci nei panni dell’altro e cercando di collocarci nella sua dimensione morale ed esistenziale.

Bisogna entrare nella mente e nel corpo del prossimo per avere una opinione non astratta, ma umana - come sosteneva Hannah Arendt, che invitava a porci tutte le domande dal punto di vista dell’altro prima di emettere un verdetto.

Fin dal primo giorno dell’invasione di una potenza soverchiante che avrebbe potuto in poche ore prendere possesso del Paese, Zelensky ha deciso di non fuggire all’estero, come gli aveva proposto l’amministrazione americana, e ha preferito rimanere a Kiev quando la situazione sembrava disperata. “Forse vi parlo per l’ultima volta” aveva detto in una prima intervista, quando in quel momento poteva scegliere la posizione più comoda e diventare Presidente di un governo in esilio, magari a Varsavia o a Parigi.

Egli quindi ha messo in conto la sua morte e il sacrificio personale come forma suprema di resistenza di fronte a Putin, che lo aveva presentato come l’esponente di un Paese nazista che minacciava la Russia.

Zelensky ha fatto la difficile scelta di chiamare il suo popolo all’autodifesa armata perché il leader russo non solo metteva in discussione la sovranità dell’Ucraina e le sue relazioni internazionali (dall’appartenenza all’Europa alle alleanze militari), ma negava la stessa identità nazionale del Paese.

L’Ucraina non aveva diritto di esistere come Stato indipendente, aveva dichiarato Putin alla vigilia dell’invasione, perché era stata creata dalla Russia e dunque faceva parte della sua stessa identità. Una manipolazione storica che già Raphael Lemkin aveva denunciato a New York nel 1953 in una manifestazione in memoria dell’Holodomor che ho raccontato nel mio ultimo libro Auschwitz non finisce mai.

Per il giurista ebreo polacco che ha per primo coniato il termine di genocidio, la distruzione di un popolo nasce sempre dalla sua messa in discussione culturale e politica.

Zelensky si è così trovato di fronte alla scelta di dovere difendere l’indipendenza e l’anima del suo Paese che, nello stupore generale, ha mostrato al mondo che esisteva un popolo unito disposto a morire per la preservazione del proprio destino.
Zelensky in questo modo è riuscito a vincere la battaglia morale contro Putin, perché a differenza di quanto immaginava il leader di Mosca, non c’era nessuno che accoglieva i russi come dei liberatori da un preteso pericolo nazista. I soldati di Mosca, che pensavano di essere festeggiati come dei liberatori, hanno vissuto un grande trauma poiché hanno incontrato una resistenza armata supportata da un popolo intero. Qualsiasi possibile trattativa con la Russia è oggi dipendente dalla forza di questa resistenza.

Qualsiasi cosa accada, tutto il mondo oggi è testimone che il popolo ucraino aspira ad essere una nazione europea, democratica e libera.

Fino ad ora molti avevano ritenuto che quando Putin sosteneva che la fine del comunismo avesse rappresentato una catastrofe per la Russia fosse soltanto un discorso nostalgico, senza conseguenze. Non avevano reagito alla distruzione della Cecenia, ai bombardamenti in Siria, alla secessione della Crimea. E ancora poco tempo fa si mostravano tiepidi rispetto alla situazione in Bielorussia, alla messa fuori legge di Memorial, alla repressione del dissenso interno.
Ora invece la crisi in Ucraina ha reso evidente il piano strategico del Cremlino. Come spesso accade, troppo tardi ci si accorge della genesi di un piano imperiale e autoritario da cui poi nascono le peggiori atrocità di massa.

Zelensky con la sua ostinazione, con i suoi interventi nei parlamenti, con i suoi appelli internazionali, con una capacità di comunicazione simile a quella di Vaclav Havel - che provocava i giornalisti, gli artisti e i politici del mondo intero per renderli consapevoli del sistema totalitario -, è riuscito a trasformare la resistenza in Ucraina in una mobilitazione dell’Occidente a difesa della libertà e della democrazia.

In modo assolutamente inaspettato si è infatti creato un vero e proprio miracolo politico nelle democrazie del mondo, che avevano accettato in modo passivo la sconfitta dell’umanità in Afghanistan e si erano ritratte da un’assunzione di responsabilità sulla difesa dei diritti umani tanto in Cina, quanto nei Paesi legati a Mosca, ma anche in mano ad altri autocrati e ai fondamentalisti islamici.

Improvvisamente, da un giorno all’altro, ciò che appariva scontato e a cui pochi davano attenzione come il valore della libertà, del pluralismo, della prevenzione dei genocidi, della stessa pace è diventato oggetto di attenzione. Si è capito che se non ci si prende cura della democrazia, della libertà, e se non si creano forme di solidarietà che vanno oltre ai nostri confini tutto rimane sempre in bilico e il male estremo è sempre alle porte.

Sentirci oggi dalla parte degli ucraini non significa essere spettatori che fanno il tifo in una guerra crudele, come se si trattasse di una competizione sportiva, ma assumersi una responsabilità nel nostro modo di vivere la stessa democrazia. Poiché spesso ci siamo assuefatti a discorsi di odio e a una politica del disprezzo verso gli avversari politici e le minoranze, siamo stati meno capaci di cogliere i segni del male e di reagire a livello internazionale.

Zelensky ci ha ricordato, come il filosofo Jan Patocka - morto a Praga dopo un pesante interrogatorio della polizia nel 1977 -, che per la preservazione dei valori fondamentali dell’umanità vale la pena di soffrire e persino di morire. Senza un sacrificio personale nei momenti più difficili, di fronte alle ore più buie, ciò che sembra normale e scontato può evaporare da un giorno all’altro. Anche noi in Europa siamo chiamati a rischiare per la difesa della libertà.

Il leader ucraino è riuscito ad accendere una riflessione anche nel mondo ebraico e in Israele. Orgoglioso di essere ebreo, non solo ha fatto cadere tutti gli stereotipi sull’Ucraina nazista e ha mostrato come dopo il totalitarismo la censura sulla Shoah è caduta e gli ebrei possono finalmente parlare ad alta voce, ma ha anche innestato un dibattito importante chiedendo che venissero accolti come profughi in Israele non solo gli ebrei, ma anche i non ebrei, indipendentemente dai vincoli della legge del ritorno. Come scrive Eitan Nechin su Haaretz, Zelensky ha fatto emergere la figura dell’ebreo universale che parla al mondo intero e che considera la sua vita laica in Europa un valore fondamentale da preservare fuori e indipendentemente dallo Stato ebraico. Così il leader ucraino ci ricorda da un lato la figura di Mordechai Anielewicz, comandante della rivolta del ghetto di Varsavia, e dall’altro quella di Lech Walesa, leader della lotta antitotalitaria di Solidarnosc.

In queste ore Zelensky si trova ad affrontare due sfide morali importanti e decisive.

Prima di tutto come creare un ponte tra la resistenza ucraina e le forme di protesta che nascono a Mosca contro la guerra di Putin - come la giornalista russa Marina Ovsyannikova, che durante il telegiornale del principale canale russo ha avuto il coraggio di esibire un cartello di protesta contro le menzogne del regime sulla guerra.

Ciò che è decisivo non solo per il leader ucraino, ma anche per tutto l’Occidente, è evitare di creare una barriera tra ucraini e russi come tra il “mondo libero” e Mosca. I responsabili dell’invasione dovranno rispondere alla giustizia, ma sarebbe un tragico errore considerare colpevole un popolo intero e non distinguere tra i carnefici e la popolazione. Si farebbe così il gioco dello stesso Putin.
In questo senso sbaglia chi, anche in Italia, ha penalizzato la cultura russa (come è accaduto con le polemiche su Dostoevskij).

Ma la questione decisiva è come Zelensky gestirà nei prossimi giorni il proseguo della guerra di fronte all’offensiva di Putin.

La scelta morale più difficile è come mantenere la resistenza armata senza dovere pagare un terribile prezzo di vite umane, pur di fronte ad un leader russo che non esita a radere al suolo le città, come già abbiamo visto in Cecenia. I 20 mila morti sotto le macerie a Mariupol ci fanno immaginare cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni a Kiev.

Zelensky in questi giorni ha chiesto il blocco dello spazio aereo e l’invio di armi sofisticate all’Occidente, ma ha anche annunciato che nelle trattative è disponibile a rinunciare all’adesione alla Nato, togliendo a Putin uno degli argomenti che ha usato per giustificare l’invasione. Sono questi i dilemmi di un leader che cerca di essere giusto, di fronte a scelte che riguarderanno la sua esistenza e quella di un popolo intero.

Probabilmente in questi giorni continueremo ad avere giudizi differenti. Non sulle ragioni e i torti, che sono chiarissimi, ma sulle possibili soluzioni. Dobbiamo necessariamente metterci nei panni di chi è stato aggredito. L’empatia è un grande esercizio spirituale che ci permette di comprendere sempre e meglio

Cosa avremmo fatto al posto di Zelensky?

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

17 marzo 2022

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Scopri tra gli Editoriali

carica altri contenuti