Cosa può impedire che dopo l’assassinio orribile e ingiustificabile di tre ragazzi di 16 e 19 anni, colpevoli solo di essere ebrei e israeliani, la situazione non precipiti in un ciclo di violenze incontrollabili? Soltanto le parole.
Le parole dette al momento giusto, ponderate con intelligenza, pronunciate con uno sguardo empatico nei confronti dell’altro possono qualche volta creare l’impossibile.
Queste parole, in questo momento, mancano nel mondo arabo e palestinese.
Non si sono sentite parole chiare di condanna, di empatia, di compassione per la morte dei tre giovani. Nessuno ha detto che chi rapisce e uccide volontariamente dei ragazzi distrugge i valori fondanti dell’umanità; nessuno ha detto che chi colpisce degli innocenti insegna soltanto l’odio e il disprezzo; nessuno ha detto che chi ritiene lecito uccidere i giovani israeliani non lotta per la condivisione di una terra, ma per l’eliminazione di un’altra nazione.
Chi si comporta in un modo inumano non solo danneggia l’immagine di una causa, ma costruisce un futuro di barbarie per il suo stesso popolo. I mezzi impiegati contro il nemico sono gli stessi che poi saranno impiegati verso il proprio popolo. Quanti hanno ragionato su come il terrorismo fondamentalista sia trasformato da “strumento di lotta” contro gli occidentali a pratica quotidiana in Siria, Iraq o Afghanistan? Chi non ha pietà verso i ragazzi e i bambini del nemico non ha poi pietà verso i propri, perché in nome di una causa tutto può diventare lecito, anche gettare le bombe nei mercati o rapire le giovani studentesse che non si adeguano all’Islam radicale, come è avvenuto in Nigeria.
Quando mancano le parole di compassione nei confronti degli esseri umani, anche se sono nel campo del nemico, purtroppo viene a mancare la speranza in un futuro in Medio Oriente.
Ecco perché ancora speriamo di potere raccogliere su Gariwo prese di posizione chiare e nette di condanna da parte araba e palestinese, così come abbiamo fatto nei giorni scorsi registrando le parole coraggiose del presidente emerito della Knesset Abraham Burg, che subito dopo il rapimento dei ragazzi ha invitato gli israeliani a non dimenticare i diritti dei palestinesi e a guardare il mondo anche dal loro punto di vista.
Se qualcuno nella destra israeliana penserà che dopo questo crimine si possa azzerare la questione palestinese facendosi trascinare soltanto da uno spirito di vendetta - ammonisce Burg - il tempo della pace si allontanerà sempre di più.
Conteranno quindi anche le parole che si sentiranno in queste ore in Israele.
L’importanza delle parole
editoriale di Gabriele Nissim
Commemorazioni per i tre ragazzi israeliani (AFP)

Analisi di Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, la foresta dei Giusti
1 luglio 2014
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