L'intervento di Giulia de Florio (Memorial Italia) in occasione della Giornata per la libertà di stampa al Giardino dei Giusti di Milano "La guerra oltre la propaganda - Il racconto indipendente dei fotoreporter ucraini e dei dissidenti russi".
Memorial ha due grandi anime al suo interno: la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e la difesa dei diritti umani. Sono due parti inscindibili della storia sovietica. La cancellazione e la mancata rielaborazione del trauma del gulag ha messo in primo piano una narrazione trionfalistica, egemone e nazionalista della vittoria nella Seconda guerra mondiale, che è servita a giustificare le guerre successive: quella in Afghanistan e, dopo il crollo dell’Urss, le guerre in Cecenia, in Georgia e infine l’invasione dell’Ucraina.
Il nodo problematico che Memorial ha messo in evidenza nei suoi trent’anni di lavoro quotidiano è che il regime russo si basa su un rapporto completamente invertito tra cittadino e stato, pesante eredità dell’Unione Sovietica: è il cittadino che deve servire lo stato e non viceversa. È il singolo che può essere eliminato se è inutile o non allineato. La società civile non deve spronare il governo a far meglio, ma ubbidire in silenzio.
Tutte le voci che si oppongono a questa visione, che vogliono testimoniare e documentare le storture del sistema, rischiano di pagare un prezzo molto alto. Per questo è fondamentale raccoglierle, queste voci, e dare loro spazio. Per questo è necessario documentare i crimini che l’esercito russo sta perpetrando in Ucraina.
Noi cerchiamo di farlo con il progetto Voci dalla guerra, che raccoglie interviste a persone ucraine colpite dall’aggressione, che i nostri colleghi del gruppo per la difesa dei diritti umani di Charkiv raccolgono e i volontari e le volontarie di tutti i Memorial europei traducono e diffondono.
E lo facciamo con vari progetti dedicati ai prigionieri politici, condannati ad anni di colonia penale, in Bielorussia e in Russia, perché hanno deciso di chiamare le cose con il loro nome e dire che la guerra è guerra, la dittatura è dittatura e che 2+2 fa ancora 4.
Come ribadito per anni da Anna Politkovskaja, la quale ha denunciato il regime putiniano finché ha potuto.
Anna Stepanovna diceva: «Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro, il lavoro di una giornalista russa, e non posso fermarmi perché è il mio dovere».
La necessità del dovere, l’assunzione di responsabilità dei crimini del passato e del presente è la premessa per parlare di democrazia.
Anna Politkovskaja, così come tutti i giornalisti e le giornaliste di Novaja Gazeta e delle altre testate indipendenti uccisi o minacciati mentre “facevano il loro dovere”, lo sapevano bene e ce lo ricordano ogni giorno.
Onorare la memoria dei morti e proteggere i testimoni vivi: ecco cosa fa Memorial, e cosa dovrebbe fare chiunque abbia a cuore la democrazia e i suoi valori. Quindi, spero, tutti noi. E come ci insegna Anna Stepanovna, non possiamo fermarci.
Vittoria all’Ucraina, libertà ai prigionieri politici e alle prigioniere politiche in Russia e Bielorussia!

Analisi di Giulia de Florio