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Parole chiare sulle sfide della Memoria

di Gabriele Nissim

L'intervento del presidente di Gariwo Gabriele Nissim in occasione dell'incontro Fare Memoria oggiConoscere il passato per agire nel presente al Salone Internazionale del Libro di Torino 2023. Al dibattito hanno partecipato anche Piotr M.A. Cywiński, storico e direttore del memoriale e museo di Auschwitz-Birkenau, Francesco M. Cataluccio, scrittore, saggista e responsabile editoriale della Fondazione Gariwo, Wlodek Goldkorn, scrittore e giornalista.
Gabriele Nissim è autore del libro "Auschwitz non finisce mai. La memoria della Shoah e i nuovi genocidi" (Rizzoli, 2022). La fondazione Gariwo ha inoltre pubblicato nel 2023 il volume "Ebrei. Un popolo in disaccordo" (Cafoscarina, CAMPO LIBERO, 2023) dello storico Yehuda Bauer.

Vale la pena di dire parole molto chiare sulla memoria. Non si ha spesso il coraggio di farlo. A livello personale parlare di Auschwitz ha significato nella mia vita lottare contro l’antisemitismo ed affermare l’uguaglianza degli ebrei.

Io vengo da Salonicco dove c’è stata la più grande distruzione degli ebrei nei Balcani e tutta la mia vita è stata segnata da questo imperativo. Parlavo nel mio liceo della Shoah perché volevo un radicale cambiamento del modo di vedere gli ebrei.

Guardate dicevo ai miei compagni: “gli ebrei sono uguali a voi e se non lo capite Auschwitz si ripeterà”.

Poi, a livello politico, così la memoria della Shoah è servita per una grande battaglia di purificazione morale.

Sostenere che non era il nazismo il solo responsabile, ma che tutte le nazioni dovevano affrontare il tema della responsabilità. Dalla Francia di Vichy, all’Italia di Mussolini, all’Ungheria di Horthy, alla Polonia, si trattava di affrontare alla radice tutti i meccanismi della complicità. Come aveva capito prima di tutti l’ungherese Istvan Bibo nel 1945, era molto comodo trasferire l’intera colpa sui tedeschi per lavarsene le mani.

Questa battaglia ha posto gli ebrei in sintonia con le migliori forze democratiche.

La memoria della Shoah, con tutte le difficoltà, ha avuto un valore universale e ha creato grandi alleanze.

Questa battaglia non è ancora finita per la mancata ricezione nel mondo arabo e per le difficoltà che ci sono ancora oggi in molti paesi dell’est e in particolare in Russia dove Putin ha manipolato l’idea della memoria e dell’anti-nazismo.

E poi la battaglia contro l’antisemitismo affronta sempre nuove sfide: oggi i sovranismi e i nazionalismi guardano agli ebrei come portatori di cosmopolitismo (vedi la polemica americana tra Soros e Musk). Ritorna spesso in forme nuove il vecchio discorso dei Protocolli di Sion: gli ebrei come fautori di un complotto mondiale.

In questo contesto, si è creata però una trappola che è nata da una precisa cultura.

Quella del male unico, irripetibile e incomparabile.

Una tesi messa in discussione da Yehuda Bauer, uno dei più grandi studiosi dell’Olocausto, di cui abbiamo appena pubblicato l’ultimo suo libro.

Il discorso dell’unicità di tipo metafisico non ci fa comprendere che il male si può ripetere, sia pure in modo diverso in ogni epoca.

Al di là delle buone intenzioni, questa interpretazione esclusiva cosa ha portato?

Ha creato separazione tra ebrei e resto del mondo. Come ha detto recentemente il presidente del Crif in Francia, gli ebrei si sono presentati come l’unica vittima e non come una minoranza tra le minoranze. Ciò rischia di isolarli e di non creare alleanze, come se una persecuzione dovesse entrare in concorrenza con le altre.

Ma soprattutto ha impedito che la Shoah, il più estremo dei genocidi del Novecento, diventasse una lente di ingrandimento per educare la società a prevenire l’odio e altri genocidi.

La forza di questa memoria, come spesso ha ricordato Liliana Segre, si è svilita e rischia nel tempo di perdere la sua azione propulsiva.

Come si può risolvere questo problema?

Noi di Gariwo abbiamo creato una nuova metodologia.

1) Estendere il concetto di Giusti a tutti i genocidi.

2) Di fronte alla perdita dei testimoni, valorizzare tutti i testimoni delle recenti tragedie come ha detto brillantemente Svetlana Alexievich.

3) Concepire in modo diverso i viaggi ad Auschwitz, spiegando ai ragazzi il mondo di oggi e legando questi viaggi alla visita di altri teatri di crimini contro l’umanità e tragedie, come Lampedusa.

4) Spingere le società, i parlamenti, a fare un report sui genocidi in corso per educare la società alla prevenzione. Purtroppo, il parlamento italiano fino ad ora non ha accolto il nostro appello in questo senso.

5) Legare il tema del negazionismo della Shoah a quello di tutti i negazionismi, prima di tutto direi, oggi, quello di Putin che ha messo fuori legge Memorial.

Ma c’è un punto fondamentale che è stato sottolineato da Agnes Heller.

Il male alle persone non si deve raccontare dalla fine, ma dal suo inizio.

È importante parlare delle stazioni del male che in ogni epoca possono, in determinati casi, portare al male estremo.

Come aveva capito benissimo Primo Levi, non esistono due pianeti, quello di Auschwitz e quello della nostra vita quotidiana.

I semi del male nascono si manifestano con parole malate, con il disprezzo dell’altro, con la riduzione della democrazia e gli attacchi al pluralismo, con il bullismo e l’uso dell’altro. Poi si arriva a cliscé politici, leggi ingiuste, fino ai campi e alle guerre.

Può sembrare che Zelensky abbia fatto una forzatura quando ha paragonato la Shoah a quanto accade in Ucraina. Non sono la stessa cosa ovviamente, ma il leader ucraino, ha evidenziato le stazioni del male nel nostro tempo. Negare l’identità di una nazione, invadere, colpire la libertà di espressione in Russia, attaccare le popolazioni con bombardamenti, deportare i bambini rappresenta un percorso che se non viene fermato può portare al male estremo.

I combattenti del Bund, che poi furono i protagonisti della rivolta del ghetto, chiesero a Jan Karski di trasmettere al mondo e al presidente americano Roosevelt un messaggio: bisognava fermare militarmente un genocidio. Oggi la difesa militare dell’Ucraina da parte della Nato e di altri paesi rappresenta quanto gli ebrei non riuscirono ad ottenere.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

19 maggio 2023

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