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Per Anas al-Basha

un Giusto con il naso rosso

Anas al-Basha

Anas al-Basha

Ho avuto modo recentemente di entrare nella ‘squadra’ degli ambasciatori dei Giusti. Ho accettato l’incarico con entusiasmo perché vivo e lavoro nella completa convinzione che la memoria e la storia siano le fondamenta di ogni società e che il bene e la bellezza siano contagiosi. Credo nella missione di GARIWO perché ho l’impressione che la comunicazione dia sempre più spazio alle atrocità umane e alla bruttezza del mondo e penso quindi che ci sia bisogno, sempre di più, di esempi di bellezza artistica e paesaggistica ma soprattutto Umana. Mi trovo a sognare Giardini dei Giusti in ogni paese, in cui le Persone si sorprendono di quanti Giusti esistano anche nel mondo contemporaneo. Cerco buone notizie sui giornali, come l’assetato cerca l’acqua, e faccio fatica a trovarle. Cerco di capire chi siano i Giusti oggi e troppo spesso li trovo solo tra i caduti, perché quando erano in vita nessuno parlava di loro

Così è stato, purtroppo, anche per Anas al-Basha, un giovane Uomo di 24 anni, che aveva scelto il bene. Faceva parte dell’Associazione Space for Hope e, come me, credeva che la qualità della nostra società dipenda dalla qualità della vita dei bambini che la compongono e allora aveva scelto di dedicare a loro la sua gioia di vivere, la sua capacità di sperare, di vedere una prossima alba anche nella più nera notte di cinque anni di morte per una guerra sanguinosa.
Anas, con la sua associazione, lavorava ogni giorno nelle 12 scuole ancora aperte di Aleppo, fornendo supporto psicologico ad oltre 300 bambini traumatizzati dalla perdita dei genitori, dei fratelli, degli amici, della casa, del cibo. Aveva collaborato ad aprire asili e parchi giochi sotterranei, che ora purtroppo sono stati lasciati a causa del continuo inasprirsi dei conflitti. Gli strumenti di lavoro di Anas al-Basha erano una gran parrucca arancione, un cappello giallo e un naso rosso; si travestiva da pagliaccio per portare avanti ogni giorno la sua pacifica battaglia: salvare la gioia negli occhi dei bambini, anche in quelli maggiormente sprofondati nell’orrore, preservare qualche minuto di spensieratezza anche sotto le bombe, far sopravvivere l’ingenuità anche in chi vive quotidianamente la realtà del male, perché solo continuare a sperare permette di andare avanti; solo credere ‘ingenuamente’ nel bene insito in ogni Uomo e in ogni Donna, permetterà a quei bambini, e non solo a loro, di costruire un futuro migliore del presente in cui tutti noi li abbiamo sprofondati.

L’avevano pensata bene gli antichi Greci, quando costruirono il mito del vaso di Pandora. Quando lei lo aprì tutti i mali del mondo si diffusero tra gli uomini e finì così l’Età dell’oro. Lo richiuse appena in tempo per non perdere anche l’ultimo ‘male’, la speranza vana, unica salvezza per gli uomini. Allora nutriamo la speranza con gli esempi dei Giusti, perché non sia vana, ma concreta e capace di dare a noi la forza per costruire un mondo migliore.

Cristina Miedico, Direttrice del Museo Archeologico e del Museo Diffuso di Angera

Analisi di

2 dicembre 2016

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