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Perché non dimenticare?

di Pietro Kuciukian

Monte Ararat

Monte Ararat

Sopravvivere a un genocidio e ricominciare a vivere. Dimenticare, non aprire con i figli la pagina del passato, il “Grande Male”. Ma questo “è stato”, non puoi cancellarne le tracce. L’indimenticabile esiste e riemerge come memoria viva di generazione in generazione perché, come annota Gerard Chaliand nel suo Diario,”la memoria della mia memoria non è ciò che ho vissuto ma quanto ho ereditato. L’eco di un passato”.

È il novantottesimo anniversario del genocidio degli armeni e ogni armeno si mobilita.
Gli anniversari fanno nascere interrogativi.

Come è possibile che un popolo, presente da più di duemilacinquecento anni su un territorio crocevia tra Oriente e Occidente, un popolo che ha creato nella terra di origine, nelle colonie, nelle diaspore arte, musica, poesia, in una parola “cultura”, a quasi un secolo di distanza insista a ricordare in maniera tanto determinata il crimine che ha tentato di cancellare ogni sua traccia e spegnere ogni sua voce?

Quale il segreto di tale insistenza? Perché non dimenticare? Perché ciò che avvenuto brucia nell’animo armeno come se fosse accaduto ieri?
È vero che ogni famiglia armena in patria, nelle Americhe, in Asia, in Europa o in Oceania ha fra i suoi nonni un trucidato o un sopravvissuto traumatizzato, ma ciò non è sufficiente a spiegare tanta caparbietà nel ricordare.

Non è più una questione di armenità, di appartenenza etnica, di riconoscimento della verità del Metz Yeghérn, il Grande Male. Se il governo turco ammettesse di avere eliminato quasi una intera etnia presente sul suo territorio, ciò farebbe giustizia?

Se il governo turco risarcisse gli eredi delle vittime, riconsegnando loro villaggi, case, ospedali, scuole, chiese, istituzioni arbitrariamente sottratte, basterebbe?
Allora ci si domanda: cosa vuole un popolo che ha subito un genocidio? Giustizia? Riconoscimento? Risarcimento?

No. Vuole capire.
Dove l’origine del male?
La Bibbia narra di Caino e Abele. Come leggiamo questa pagina? Come comprendiamo l’intreccio originario e misterioso di bene e male?

Scrive Franz Kafka: "Restava l’inspiegabile paesaggio di rovine. La storia cerca di spiegare l’inspiegabile. Siccome essa discende da un fondamento di verità, non può, a sua volta, che finire nell’inesplicabile". (*)
 
Come rivivono nel mondo i popoli dopo le grandi catastrofi dei genocidi?
Ogni essere umano può trovare un senso anche nella sconfitta, nella rovina, con l’esercizio del pensiero.

Ogni situazione buona o cattiva può costituire un’occasione per intraprendere una nuova strada. Nuovi pensieri, nuovi sforzi di conoscenza, nuovi comportamenti.
Sulle strade della deportazione, nei campi di sterminio, nei gulag i Giusti ci testimoniano che ad ogni male possiamo opporre un pezzetto di bene che conquistiamo in noi stessi.


(*) Dalla prefazione del libro di Otto Dov Kulka, Paesaggi della metropoli della morte. Riflessioni su memoria e immaginazione, Ugo Guanda Editore in Parma, 2013

Pietro Kuciukian

Analisi di Pietro Kuciukian, Console onorario d'Armenia in Italia e cofondatore di Gariwo

22 aprile 2013

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